Ahmed al-Barbir (1747-1811)è il poeta di una nazione
martoriata, giurista e autore di poesie a carattere religioso. La scelta di
questa breve poesia di un autore vissuto nel settecento sta a significare la
oggettiva difficoltà a descrivere un paese come il Libano in forma
poetica. Di una letteratura libanese si può parlare dalla seconda metà del sec.
XIX, poiché la produzione anteriore viene considerata, convenzionalmente, parte
della letteratura araba generale. Paese di commerci e passaggi, il Libano si
identifica in Beirut, dove costumi occidentali e arabi si mescolano
indifferentemente. Qui si alternano suq e discoteche, bagni turchi e
grattacieli, moschee e auto sportive, hijab e minigonne. La tradizione
sopravvive nell'artigianato dei tappeti e degli abiti, delle armi bianche,
degli ornamenti d'argento, dei cuoi lavorati, del rame e del legno scolpito. Se
nei difficili anni della guerra civile e dell'invasione israeliana, erano quasi
spariti, il teatro e le danze popolari, la fine del secolo, benché sia stata
una fase tutt'altro che pacificata, ha visto una ripresa di queste forme.
Ah, signor Commerciante!
Ah signor Commerciante! Nient’altro che un cuore di
banca.
Fede nel profitto: disperazione nella perdita.
Banca Fede in Dio –
e Profeta! E affari senza perdite.
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