Poesia africana. Nigeria(6)
Le nuove generazioni,successive a Senghor e
Césaire,pur mantenendo la negritudine come punto di riferimento
imprescindiile,non sono sembrate più unanimi nel fornire piena adesione .E,a
questo proposito,abbiamo ben ascoltato il punto di vista di Dereck Walcott.Ma
questo era accaduto anche nel Continente Africano,da subito,soprattutto in area
anglofona,dove alcuni poeti come Christopher Okigbo,erano arrivati anche a
criticare aspramente il movimento della negritudine,visto come un mito con
motivi pericolosi di retorica e genericità. Anche lui ha, tuttavia,usato
l’inglese per la sua produzione poetica e si è impegnato politicamente fino
alla morte in combattimento in Biafra.[1]
Fanciulla marina[2]
OCCHI APERTI sul mare,
Occhi aperti, del
prodigo;
in alto verso lo
zampillo del cielo
da dove cadranno le
stelle.
Il segreto che non ho
detto a nessun orecchio,
salvo ad una buca a
terra, perché lo conservasse, non perché fosse sommerso -
il segreto che ho
piantato dentro la rena della spiaggia
ora si rompe
la bianca-salata
cresta dell’onda sulle rocce e su di me,
e gamberi e conchiglie
con un profumo denso
di iodio-
fanciulla del vuoto
salino,
compli-cremosa,
il cui segreto ho
coperto con la sabbia …
Ombra di pioggia sulla
spiaggia assolata,
ombra di pioggia
sull’uomo con la donna
FULGIDA
Con il bagliore
d’ascella di una leonessa
lei risponde,
tutta vestita di
bianca luce;
e le onde la scortano,
la mia leonessa,
coronata di luce
lunare.
Un’apparizione -
una miccia nel fiato
del vento -
Un’apparizione di
specchi.
Si tuffa …
Le onde la distillano;
messe d’oro
che sprofonda non
colta.
Fanciulla d’acqua del
vuoto salino,
cresciute sono le
spighe del segreto.
ED IO che son qui
abbandonato,
conto i granelli di
sabbia abbandonata dalla furia dell’onda,
conto la sua
benedizione, mia bianca regina.
Ma il mare che è
passato riflette
Sul suo volto pieno di
specchi
Non la mia regina,
un’ombra spezzata.
Così io che conto
nella mia isola i momenti,
conto le ore che mi
porteranno
nel vento con la
cenere degli angeli la mia perduta regina.
LE STELLE sono
scomparse,
il cielo con il
monocolo
sorveglia il mondo di
sotto
le stelle se ne sono
andate,
ed Io –dove sono Io?
Allungatevi,
allungatevi, o antenne,
per stringere forte
quest’ora,
riempiendo ogni
momento in una
spezzata monodia.
[1] Christopher Okigbo nasce nel 1930 a Ojoto, Nigeria Orientale.
Completa gli studi all’ Università di Ibadan. Prima insegnante, poi direttore
di una casa editrice in Nigeria, muore in Biafra in combattimento, nel 1967. La
sua raccolta più nota, “Heavensgate”
ruota intorno al sogno tumultuoso in cui si rivela “la mia leonessa” del
verso 23 di “Fanciulla marina”. I sentimenti si nascondono dietro il linguaggio
oscuro che mostra l’influenza della
poesia modernista americana e europea, ma
il fascino delle sue liriche d’amore nasce soprattutto dal fatto che,
dietro alla lingua inglese da lui usata, si sente palpitare una vita in cui la
mitologia tribale africana si accompagna alla musica e ai ritmi nigeriani.
[2]Da “Heavensgate”(1961-62), in ”VOCI d’AFRICA”-poesia africana di lingua
inglese- A cura di Lucilla Sbicego. Accademia-Sansoni ed.197O. Presentazione di
Carlo Izzo. Nei brevi versi liberi di ”Fanciulla
marina”, l’inglese è usato con musicalità insolita, e con frequenti allitterazioni. Il ritmo presenta
leggeri accenti di staccato africano e l’intero componimento possiede
una magica capacità evocativa .I riferimenti all’acqua e alla luce lunare
accostano la Fanciulla marina alla dea-madre Idoto della religione Igbo,
collegata a sua volta alla dea Iside, che aveva il titolo di “Leonessa della
Sacra assemblea”. Tutte le sue poesie sono state pubblicate postume nella
raccolta da “Labyrinth”, Heinemann, African Writers
Series, 1971.
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