martedì 30 aprile 2019

La nuvola in Derek Walkott-


America

Caraibi

La nuvola in Derek Walkott
La quiete delle nuvole su cui domina una luna maliarda
 crea un netto contrasto con quel che succede sulla terra.

Derek Walkott
La  Storia,  per Walcott, è qualcosa di molto complesso e non è sempre interpretata allo stesso modo. Può essere una notte dimenticata, insonne, in cui il destino della Poesia è innamorarsi del mondo, nonostante la sua Storia. Walcott, cioè, talvolta, nega la Storia, perché soggetta all’incostanza della memoria e priva di potenzialità creativa, e pensa che solo nel suo mondo a-storico l’artista possa esprimersi liberamente, rifugiandosi nell’immaginazione, come se la Storia si dissolvesse di fronte alla straordinaria forza e bellezza della Natura. Altre volte, invece, sembra  accorgersi che è proprio la Natura a custodire i segreti della Storia e a svelarli, rendendoli  immortali. Nel riappropriarsi del  paesaggio, contemplando e  poi  ri-nominando i suoi luoghi, Walcott  si accorge [1] che, nel punto in cui si congiungono le acque del mare caraibico con l’oceano, si annullano per sempre i confini e le differenze; il poeta si accorge, cioè, che i due mondi distanti tra loro - i Caraibi e il mondo occidentale- hanno radici e memorie condivise.  L’artista, anche se vive ai margini, come i mulatti nei quadri del Tiepolo, interni al dipinto, ma solo testimoni della storia rappresentata, riesce a vedere e portare dentro di sé intere culture al di là della Storia. Omero, con le sue storie che suscitano stupore, e Dante, con la chiarezza cristallina delle sue immagini, diventano patrimonio di tutti, anche del selvaggio Calibano.
         Ecco perché, con  quella lingua ibrida, in cui l’Inglese si mescola al patois creolo,  Walcott  può scrivere oggi un poema epico di pescatori antillani con nomi mitici, in pseudo-esametri , raggruppati  in terzine dantesche,  magari  usate soltanto come un meccanismo musicale per tenere insieme una strofa con quella successiva[2]  e per ottenere     
Fluidità. Oméros, che dà il titolo al poema, è il moderno aedo che narra un intreccio di storie parallele di personaggi che hanno in comune un senso di perdita, di timore e gratitudine nei confronti del creato. La Storia in   “Oméros”[3] diventa compassione, pietà per il mutare del mondo, per ciò che si scolora,  come i sentimenti e la giovinezza. La luce incerta dell’alba e del tramonto commenta l’ira e il lamento elegiaco del pescatore Achille, “[..] il quieto Achille, figlio di Afolabe,/ che non è mai salito in ascensore,/ che non aveva passaporto, perché l’orizzonte non lo richiede,” in cerca della sua identità e contrario alla sirena corruttrice del progresso. Achille, legato al suo mare e alle sue origini,  ama Elena, incarnazione dell’isola Santa Lucia, in origine chiamata  come lei e, ormai, altrettanto corrotta :

            - Elena, Ettore, Achille, Filottete e la sua ferita, Mamma Killman, moderna Sibilla, il maggiore Plunkett, ex-colonizzatore in pensione,  e sua moglie Maud, che ricama una tela piena di fantastici uccelli dei Caraibi, sono alcuni dei personaggi indimenticabili del poema, ma il vero protagonista è l’oceano, quel mare da contemplare o da solcare, mentre le donne rimangono a terra. Fonte di sopravvivenza, specchio del cielo, luogo di battaglie, ispiratore di calma interiore e di poesia, nei versi di Walcott, il mare diventa soprattutto Storia, perché le radici più profonde dei Caraibi dobbiamo cercarle proprio nel mare:




E in quel momento Achille fu preda di una pietà[4]
che superava il dolore. C’era quiete tra le nuvole,
e la luna in una sottoveste di seta bianca gli stava
sopra. “Cosa?” disse ”Perché sei così troia?”
Perché non mi lasci in pace e non vai a farti Ettore?
Quel corpo lo hanno arato più uomini che canoe il mare”.

La lancia del suo odio la penetrò senza rumore,
ma lei si avvicinò e gli si stese vicino, e giacquero
come due tronchi paralleli sulla sabbia chiara di luna.

Sentì gli alberi del fico abbracciarsi e sorrise quando
il primo gallo lo cornificò. Elena trovò la mano di lui
e la strinse. Achille si girò. Lei dormiva. Come una bambina.


[1]Cfr. Roberto Calasso in Il rosa Tiepolo, ed. Adelphi, 2006
[2] Postfazione a Derek Walcott, Oméros,  Adelphi, 2003; a cura di Andrea Molesini.
[3] Oméros (1990) è un poema epico ispirato alla storia di Ulisse, ma ambientato ai giorni nostri a Santa Lucia. Non c’è un personaggio principale, ma tre filoni narrativi che talvolta si intrecciano: quello che narra l’amore per Elena dei due pescatori amici rivali Achille e Ettore, quello che racconta del sergente maggiore Plunkett e di sua Maud, e quello che riporta i commenti del narratore e i racconti dei suoi viaggi. L’opera è suddivisa in sette libri, divisi in sessantaquattro capitoli;i versi sono degli esametri imperfetti, organizzati in terzine secondo lo schema della terza rima, tipico della Divina Commedia. 
[4]Derek Walkott, ”E in quel momento Achille fu preda di una pietà”,Ibidem, Libro II, canto XXI, III, vv 25- 36. 




lunedì 29 aprile 2019

La nuvola in Gina Valdès





 AMERICA    

California

La nuvola in Gina Valdès
La poetessa chicana si serve dell’impalpabile leggerezza della nuvola
per assimilarla all’eccezionale natura  del respiro del suo lui.

Gina Valdès
La prosa e la poesia di Gina Valdés, caratterizzate da una tensione
 tra le sue preoccupazioni sociali e una forte corrente metafisica, la
 collocano in un importante crocevia all'interno delle lettere chicano. 
Sta fondendo le tendenze che sono state centrali nella letteratura
 chicana.
Nata a Los Angeles il 6 giugno 1943, Valdés ha trascorso la sua 
prima infanzia a Ensenada, in Messico, e la sua adolescenza a 
Los Angeles. Si è laureata alla George Washington High School
di Los Angeles nel 1961 e ha frequentato il Palomar College 
nel nord della contea di San Diego tra il 1976 e il 1978 prima di
 trasferirsi all'Università della California, a San Diego, dove ha
ricevuto la laurea in lettere creative nel 1981. Da allora ha iniziato
 i suoi studi universitari nel dipartimento di letteratura e nel 1982
 ha conseguito un master in letteratura spagnola. La sua tesi di
laurea non riguarda solo il rapporto tra scrittura critica e creativa,
 ma include anche una raccolta di inediti, originali ...
 Ecco allora la schiera dei poeti  che, per un momento almeno, 
si fanno feticisti e affidano in particolare a un solo chicco del
 rosario corporeo  la  leva del desiderio.   Ogni grano col suo
 colore e sapore, ogni poeta con la sua ossessione esaltante, 
con la sua  monomania delirante da sublimare nel verso per 
formare – tutti insieme - una collana bizzarra che sta a ben
rappresentare la follia dell'amore. Variegata e curiosa, 
spettacolare e coinvolgente come la tavolozza del pittore 
più fauve[1].
        Una tavolozza che va dal rosso audace della bocca succosa 
e sapida come il mango maturo di Gina Valdès[2]  che in 
"Mangiando fuoco"  è combattuta fra il desiderio fertile del
 cuore di lui, che l'attanaglia con la sua lingua e il suo respiro 
di nuvole, arricchendo la sua ispirazione, e  l'urgenza di libertà 
che la preme e le fa implorare il distacco per il bisogno d'impegno 
che urge verso chi non ha pane ...

Mangiando fuoco[3]

Con la tua bocca audace
tu fai all'amore
con la mia bocca il sapore è
migliore di quel mango,
quello saturo di succo
che lentamente assaporai un giorno
finché non ci fu più
nemmeno una fibra gialla
nel bianco guscio.

Non fermarti,
lascia che il sole mi esploda
in silenzio nella bocca
che è il  modo in cui amo vivere,
mangiando fuoco, ascoltandoti
il polso, i sogni
il cuore dentro la mia bocca.

Non fermarti,
voglio che il tuo bacio duri
una poesia, uno sguardo di civetta.
               […]
Non so da dove giunga
un sospiro, non so se è
mio o tuo, o di qualche 
donna che muore o di un bimbo appena nato.

Non sospiro nella tua bocca
assorbo il tuo respiro di nuvole.
Amo quello che mi dice la tua lingua:
il tuo cuore nella mia bocca mi fa
sentire quello per cui scrivo, per cui
lotto, per quello che
m'indigna quando manca.

Non fermarti,
dammi quello che tu senti quando
apri gli occhi all'alba,
che ti fa saltar giù dal
letto verso il sole. Non voglio
che ti fermi, sono intrappolata
nell'audacia della tua bocca.

Ma lasciami libera, lasciami andare, dammi
il tuo respiro e lascia che m'allontani.
Voglio avvicinarmi ad altri fuochi.
Ho necessità di scrivere, di scrivere
d'amore, di mani come petali,
di ponti, di porte. Ho bisogno

di scrivere di amore appassionato:
l'amore del pane, riso, mais
sulla tavola di ognuno.

       







[1]’Selvaggi’:pittori che a Parigi, all’inizio del ‘900, vengono definiti così per il loro uso violento del colore. 
[2]Gina Valdès nasce a Los Angeles nel 1943. Fanciulla soggiorna in Messico per poi rientrare negli USA dove conduce i suoi studi a S.Diego, California. Giovanissima ha una permanenza in Giappone, paese d’origine del marito, e torna negli USA.Vive a San Diego, alternando viaggi soprattuto in Messico e in Giappone. Il suo impegno letterario è improntato pittosto da interessi sociali che estetici. Insegna letteratura chicana a Sacramento.
[3] Gina Valdes, “ Mangiando fuoco”, dalla silloge Eating fire( 1986), in Sotto il Quinto sole. Antologia di Poesia chicana a cura di  Franca Bacchieca, Fabbri ed, 1996.

domenica 28 aprile 2019

La nuvola nella poesia orale dei nativi australiani del Rose River





Australia

Nativi del Rose River

La nuvola nella Poesia orale dei nativi australiani del Rose river Canto 16[1]
Un cielo con nubi colorate e minacciose,il loro colore rosso che replica
in cielo il rosso del sangue che sulla terra scorre dalle giovani sub incise
e tuttavia splendenti sopra i rami protettivi verso le ragazze del clan del
barramundi .




Nubi rosso sangue sovrastano quei posti all’interno …
Nubi rosse corrusche, nubi tinte di giallo: col sangue e col seme, si spargono nel cielo …
Nubi rosse si levano quando le ragazze dei clan del barramundi vengono spalmate e dipinte …
Nubi rosse delle ragazze “sub incise”, sopra il posto dei cespugli a bracciale.

Nubi rosse sopra il riparo dei rami, sopra il sito dell’Oca, il sito dell’acqua corrente …
Nubi splendono in cielo, sangue che scorre dalle giovani ragazze dei clan del barramundi
Che si diffondono nel cielo, nubi rosse e tinte di giallo …
Che splendono sulla campagna, nel sito dei Serpenti, nel sito del Granchio o del Pesce Gatto …

Sempre là, sangue che sovrasta i clan del barramundi:
sempre là, gente con le natiche ondeggianti.
Nubi rosse provenienti da quel posto, che sovrastano i clan del barramundi:
nel campo sacro, tra i boschetti di bambù: in mezzo al nonggaru all’ombra della Vagina …
splendono su tutto il cielo.
Sangue e cera risplendenti dalle giovani ragazze dei clan del barramundi, del sito dei cespugli a bracciale.


[1] Canti d’Amore del Rose River, (16),  da Graziella Englaro, I sogni cantano l’alba, Lanfranchi ed..





sabato 27 aprile 2019

La nuvola in Carol Ann Duffy





EUROPA

REGNO UNITO

La nuvola in Carol Ann Duffy
Per dire come la protagonista intenda sfuggire agli elementi più comuni della quotidianità elenca nella lista anche la forma di
una nuvola.

Carol Ann Duffy nasce a Glasgow nel 1955; poetessa e drammaturga, insegna alla Manchester Metropolitan University. Poeta Laureato del regno Unito dal 2009. Conobbe a 16 anni il poeta di Liverpool Adrian Henri e le fu vicina per undici anni. 

Tu[1]

Non invitato, il pensiero di te mi si è attardato in testa,
così sono andata a letto, sogni di te forti, forti, mi sono risvegliata
col tuo nome[2],
come lacrime, molle, sale, sulle labbra, il suono delle sue
limpide sillabe,
un incanto, un sortilegio.
Innamorarsi
è un inferno seducente; il cuore rinsecchito, quatto quatto
come una tigre pronta a uccidere; una fiamma fiera lecca
sottopelle.
Nella mia vita, più grande della vita, entri con passo trionfale.
Mi sono nascosta nei giorni di sempre, fra l’erba alta della
routine,nelle stanze mimetiche. 
Ti sei distesa nel mio sguardo,rifuggendo dal volto di tutti,
 dalla forma di una nuvola,
dalla struggente luna che, sotto l’influsso della terra, 
mi guarda esterrefatta quando apro la porta della camera. 
Le tende s’increspano.
Ed eccoti lì
a letto, come un dono, come un sogno tangibile.



  [1] Carol Ann Duffy,  Tu”, in op.cit.
 [1] Secondo una comune credenza, se si pronuncia più volte il nome dell’amato, magari davanti a un bulbo di giacinto, l’altro contraccambierà il tuo amore.