domenica 31 luglio 2016

I narratori poeti.Pasolini .6.L'Italia.Cap.III

                                               
                                                     

sabato 30 luglio 2016

venerdì 29 luglio 2016

I narratori poeti.Pasolini.4.L'Italia.cap.I.

                  
 *In epigrafe i versi
pressoché illeggibili dicono :
"Un paesaggio soave e brullo,
un ossessionante sussurro,
fisica immagina sul Niente."
              

martedì 26 luglio 2016

I narratori poeti.Pier Paolo Pasolini.1.





                                           
                                                       


















lunedì 18 luglio 2016

venerdì 15 luglio 2016

I narratori poeti.Pavese.15.Sempre vieni dal mare.9.

                                                         
                                                 

sabato 9 luglio 2016

I narratori poeti.Pavese.9.La terra e la morte.3.




 (da Verrà la morte e avrà i tuoi occhi)


                                                                                     
                                                      continua
                                       

venerdì 8 luglio 2016

giovedì 7 luglio 2016

I narratori poeti. Pavese.7- I Mari del Sud.1.

                                                           
                                                           
                                                                   

mercoledì 6 luglio 2016

I narratori poeti.C.Pavese.6.

La peste di descrizioni naturali,di richiami comiaciuti alle cose
e al mondo,nelle opere  d'arte nasce da un equivoco:l'opera,che
vuol essere un oggetto naturale tra gi altri,crede di riuscirvi
rispecchiandone quanti più può.Ma la natura di uno specchio
non sono le parvenze che ne affiorano.queste sono soltanto la
sua utilità.  Quando si dice che la poesia è ritmo  non copia ,
s'intende appunto definirne la natura..Ecco perché la nostra
poesia vuole eliminare sempre più gli oggetti .tende a imporsi
come oggetto essa stessa,come sostanza di parole.la sensualità
verbale dannunziana e in genere decadente scambia ancora
questa sostanza con la carne delle cose.E' un'onomatopeica
universale.Da noi l'elocuzione si fa casta e scarna,trova il
suo ritmo in qualcosa  di ben più segreto che non le voci
delle cose:quasi ignora se  stessa e,se dobbiamo dir tutto,
è parola a malincuore.Quest'è la nostra inquietudine:sospetto
verso la parola che è al tempo stesso unica nostra realtà..
Cerchiamo la sostanza di ciò che non ci convince:per questo
esistiamo e soffriamo.;anche il mio libro - Lavorare stanca -
ha oscuramente fatto questo.Cercava l'oggetto  scarnendo
la parola,tendeva cioè a una sostanza che non era più
oggetto né forse parola.Voleva un ritmo - né canto né
sensualità verbale.per questo evitò il verso musicale e
trattò parole neutre.Ebbe l'unico torto di indulgere alla
frase colorita di "parlato",che è un altro modo di specchiare
la natura.Ma se ne liberò a poco a  poco,costretto dal ritmo
che sempre meglio radioscopava le cose.Poi nelle prose
ricademmo nel parlato.Perché?Perché qui ci mancava
l'appoggio del ritmo.Ora il problema è penetrare alla
sostanza presupponendo quest'appoggio.

(da Il mestiere di vivere)                                 

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martedì 5 luglio 2016

I narratori poeti.C.Pavese.5.

Dire ,ora, il  bene che penso di una simile versificazione è
superfluo Basti che essa accontentava anche materialmente
il mio bisogno tutto istintivo,di righe lunghe,poiché sentivo
di aver molto da dire e di non dovermi fermare a una ragione
musicale nei miei versi,ma soddisfarne altresìuna logica.E
c'ero riuscito e insomma, o bene o male,in essi narravo.
Che è il gran punto in esame.Narravo,ma come? Ho già detto
che giudico le  prime poesie della raccolta materialistici poemetti
di cui è caritatevole concedere che il fatto costituisce nulla più
che un impaccio,un residuo non risolto in fantasia.Immaginavo
un caso o un personaggio e lo facevo svolgersi o parlare.Per
non cadere nel genere poemetto,che confusamente sentivo
condannabile,esercitavo una vigliacca economia di versi,e
in ciascuna poesia prefissavo un limite al loro numero,che
parendomi di far gran cosa ad osservare,non volevo nemmeno
troppo basso,per il terrore di dare nell'epigramma.miserie
dell'educazione retorica.Anche qui mi salvò un certo silenzio
e un interessamento per altre cose dello spirito e della vita
che non tanto mi portarono un loro contributo,quanto mi
permisero di meditare ex novo sulle difficoltà ,distraendomi
dallo zelo feroce con cui facevo pesare su ogni mia velleità
inventiva l'esigenza di virile oggettività nel racconto.Pe
restare in biblioteca,un nuovo interesse fu la rabbiosa
passione per Shakespeare e altri  elisabettiani,letti tutti,
e postillati,nel testo...

                                                                   continua

lunedì 4 luglio 2016

I narratori poeti.C.Pavese.4

Mi ero altresì creato un verso,il che,giuro,non ho fatto
apposta.a quel tempo,sapevo soltanto che il verso  libero
non mi andava a genio,per la disordinata capricciosa
abbondanza ch'esso usa pretendere dalla fantasia.Sul
verso libero whitmaniano,che molto invece ammiravo
e temevo,ho detto altrove la mia e comunque già
confusamente presentivo quanto di oratoriosi richieda
a un'ispirazione per dargli vita.mi mancavainsieme il
fiato e il temperamento per servirmene.nei metri
tradizionali non avevo fiducia,per quel tanto di trito
e di gratuitamente (così mi pareva)cincischiato ch'essi
portano con sè;e ,del resto,troppo li avevo usati
parodisticamente per pigliarli ancora sul serio e
cavarne un effetto di rima che non mi riuscisse comico.
   Sapevo,naturalmente ,che non esistono metri tradizionali
in senso assoluto,ma ogni poeta rifà in essi  il ritmo interiore
della sua fantsia.e mi scopersi un giorno a mugolare certa
tiritera di parole (che poi fu un distico dei Mari del Sud)
secondo una cadenza enfatica  che fin da bambino,nelle
mie letture di romanzi,usavo segnare,rimormorando le
frasi che più mi ossessionavano.così,senza saperlo,
avevo trovato il mio verso,che naturalmente per tutti 
I Mari del Sud e per parecchie poesie fu solo istintivo
(restano tracce di questa incoscienza in qualche verso dei
primi,che non esce dall'endecasillabo tradizionale).
Ritmavo le mie poesie mugolando. Via via scopersi le
leggi intrinseche di questa metrica e scomparvero  gli
endecasillabi e il mio verso si rivelò di tre tipi costanti,
e che in un certo modo potei presupporre alla composizione,
ma sempre ebbi cura di non lasciar tiranneggiare,pronto ad
accettare quando mi paresse il casi,altri accenti e altra
sillabazione.ma non mi allontanai più sostanzialmente
dal mio schema e questo considero il ritmo del mio fantasticare.
                                                                   
                                                                    continua

sabato 2 luglio 2016

I narratori poeti.C.Pavese.3.



E'' naturale che con un tale programma di semplicità si veda
la salvezza unicamente nell'aderenza serrata,gelosa,appassionata
all'oggetto.Ed è forse soltanto la forza di questa passione e non
la sobrietà oggettiva,che salva  qualcosa di quelle prime poesie.
Poiché non tardai a sentire l'impaccio dell'argomento,ossia
dell'oggetto,inevitabile in una simile concezione materialistica
del racconto.mi scoprivo sovente ad almanaccare argomenti,
e questo è il meno male.lo faccio tuttora con indubbio profitto.
Ciò che non va,è cercare un argomento disposti a lasciarlo
svilupparsi secondo la sua natura psicologica o romanzesca e
prender atto dei risultati.Ossia,identificarsi con questa natura
e supinamente lasciarne agire le leggi.questo è cedere all'oggetto.
Ed è quanto  facevo.
           Ma quantunque già allora l'inquietudine congenita a un
tale errore non mi lasciasse pace,pure motivo di soddisfazioni
ne aveva. Anzitutto,proprio lo stile oggettivo mi dava qualche
 consolazione  con la sua solida onestà :il taglio incisivo
e il timbro netto che ancora gli invidio.Si accompagnava anche
 a un certo piglio sentimentale di misogino virilismo di cui mi
 compiacevo e che,,in definitiva,con qualche altro piglio
compagno formava la vera trama.,il vero sviluppo dei casi,
della mia poesia-racconto,che io fantasticavo oggettiva.
Poiché lodando il cielo,somma,dopo anni, di evanescenze
e strilli poetici,ero giunto a far sorridere una  mia poesia
- una figura in una poesia - e questo mi pareva il suggello
tangibile del conquistato stile e dominio dell'esperienza.




















venerdì 1 luglio 2016

I narratori poeti:C.Pavese.2.





I Mari del Sud,che viene dopo questa naturale
 preparazione,è dunque il mio primo tentativo
di poesia-racconto e giustifica questo duplice
termine in quanto oggettivo sviluppo di casi,
sobriamente e quindi,pensavo,fantasticamente
esposto.ma il punto sta in quell'oggettività 
del divenire dei casi,che riduce il mio tentativo
a un poemetto  tre il psicologico e il cronistico;
comunque ,svolto su una trama naturalistica.
Insistevo allora sulla sobrietà stilistica per
fondamentale posizione polemica:c'era da
aggiungere l'evidenza fantastica fuori di tutti
gli altri atteggiamenti espressivi viziati,a me
 pareva,di retorica;c'era da provare a me stesso
 che una sobria energia di concezione portava
 con sé l'espressione aderente,immediata,essenziale
.Nulla di più ingenuo che il mio contegno
di allora davanti all'immagine retoricamente intesa;
non ne volevo nelle mie poesie e non ce ne mettevo
(se non per sbaglio).Era per salvare l'adorata
immediatezza e,pagando di persona,sfuggire
al facile e slabbrato lirismo degli immaginifici
(esageravo).

                                                     continua

I narratori poeti.C.Pavese.1.

...Andava...prendendo in me  consistenza una mia idea di
poesia.-racconto,che agli inizi  mal riuscivo a  distinguere
dal genere poemetto.Naturalmente non è soltanto questione
di male.Le riserve  del Poe che ancora reggono,sul concetto
di poema  vanno integrate appunto di considerazioni
contenutistiche ,che saranno poi una cosa sola con quelle
esteriori sulla mole del componimento.
E' qui che,agli inizi,non vedevo chiaro ed anzi,con una certa
baldanza,mi lusingavo bastasse un energico atto di fede nella
poesia,che so io,chiara e distinta,muscolosa,oggettiva,essenziale,
ed altri traslati  ...
                                                                       ***
La prima realizzazione notevole di queste velleità è
appunto la prima poesia della raccolta:I Mari del Sud ...
Come nettamente io sia passato da un lirismo tra  di
sfogo e di scavo (povero scavo che sovente dava nel
gratuito e sfogo vizioso che sempre nell'urlo patologico)
al pacato e chiaro racconto dei Mari del Sud,ciò mi
spiego soltanto ricordando che non d'un tratto è
avvenuto,ma per quasi un anno prima dei Mari
 del Sud non ho seriamente pensato a poetare e
intanto,come già prima,ma con maggiore intensità,
andavo da una parte occupandomi  di studi e traduzioni
di studi dal nord-americano,dall'altra componendo certe
novellette mezzo dialettali e,in collaborazione con un
amico pittore,una dilettantesca pornoteca di cui troppo
più che non sia lecito doverei dire qui ...Il rapporto di
queste occupazioni coi Mari del Sud  è dunque molteplice:
gli studi letterari  nord-americani ponendomi in contatto
con una realtà culturale in male di crescita:i tentativi
novellistici  avvicinandomi a una migliore esperienza
umana e oggettivandone gli interessi; e finalmente la
mia terza attività,tecnicamente  intesa,rivelandomi i
mestiere dell'arte e la gioia delle difficoltà vinte,i limit
di un tema,il gioco dell'immaginazione dello stile,e il

 mistero della felicità di uno stile ,che è anche un fare
i conti con l'ascoltatore o lettore possibile.E insisto in
specie sulla lezione tecnica di questa mia  ultima attività,
perché altri influssi ,cultura nord-americana ed esperienza
umana,sono troppo facilmente comprensibili nell'unico
concetto di esperienza che tutto spiega e,quindi,nulla spiega ...[...]
(da Lavorare stanca)
                                                 continua