domenica 31 gennaio 2016

57.Rilke.Interiorità...


ritratto di Rainer Maria Rilke -  Knut Odde,1897






Non esser separati,non  con cortina sì diafana ,
dalla misura delle stelle.
Interiorità ... cos'è se non un cielo amplificato,
trafitto da uccelli e profondo dei venti del ritorno?

sabato 30 gennaio 2016

56.Rilke.Canto d'amore.


Canto d'amore

Come potrei trattenerla in me,
la mia anima, che la tua non sfiori;
come levarla oltre te, all'infinito?
Potessi nasconderla in un angolo
sperduto nelle tenebre;
un estraneo rifugio silenzioso
che non seguiti a vibrare
se vibra il tuo profondo.
Ma tutto quello che ci tocca, te
e me insieme
ci tende come un arco
che da due corde un suono solo rende
Su quale strumento siamo tesi,
e quale grande musicista ci tiene nella mano?
O dolce canto.

Liebes-lied
Wie soll ich meine Seele halten, daß
sie nicht an deine rührt? Wie soll ich sie
hinheben über dich zu andern Dingen?
Ach gerne möcht ich sie bei irgendwas
Verlorenem im Dunkel unterbringen
an einer fremden stillen Stelle, die
nicht weiterschwingt,wenn deineTiefen schwingen.
Doch alles, was uns anrührt, dich und mich,
nimmt uns zusammen wie ein Bogenstrich,
der aus zwei Saiten eine Stimme zieht.
Auf welches Instrument sind wir gespannt?
Und welcher Spieler hat uns in der Hand?
O süßes Lied.

Rainer Maria Rilke
(da Nuove poesie)

venerdì 29 gennaio 2016

55.Rilke.Dio.

              
                                                                                 Dio

San Paolo, nella Lettera agli Ebrei, definisce la fede « certezza di cose che si sperano », ma soggiunge « dimostrazione di cose che non si vedono », e Dio non si vede, perché altrimenti la fede non avrebbe alcun valore.
Egli non dice in faccia al mondo: lo sono.
Gli uomini sono da Lui lontani. In una famosa poesia di Rainer Maria Rilke l'angelo dice a Maria:
Tu non sei più vicina a Dio di noi; siamo tutti lontani.
Ma come può l'uomo per il poeta liberarsi da tale lontananza, vincere la sua solitudine, trovare la consolazione del credere?
Uno scrittore cristiano, Sant' Agostino, aveva ammonito: - Non uscir fuori di te.
Nell'intimo dell'uomo abita la Verità, Dio - Ranier Maria Rilke sembra ripetere questo concetto quando dice di scoprire Dio nel soffio vitale, nello slancio d'amore e nella pienezza dei sentimenti che ogni uomo reca in sé.
Ma lo spirito delle parole del poeta è ben diverso da quello che anima il monito del Santo, quantunque la fede sia ugualmente intensa.

Non attender che Dio su te discenda
e che ti dica: Sono.
Senso alcuno non ha quel Dio che afferma
l'onnipotenza sua.
Sentilo tu, nel soffio ond'ei ti ha colmo
da che respiri e sei.
Quando, non sai perché, ti avvampa il cuore,
è Lui che in te si esprime.




giovedì 28 gennaio 2016

54.Rilke.Ma dimmi...

Sonetto
Ma dimmi a te cosa consacro, Signore
XX
Ma dimmi a te cosa consacro, Signore,
a te che insegnasti l'orecchio alle creature?
n mio ricordo di un giorno in primavera,
a sera, in Russia -, un cavallo ...

Bianco veniva solo dal villaggio,
il picchetto legato ai garretti,
per essere solo, la notte sui prati;
come batteva la criniera ricciuta

sul collo a tempo sfrenato,
nel galoppo impedito, sgraziato.
Come pulsavano le fonti del suo sangue!

Sentiva le vastità, e quanto!
Cantava e ascoltava - il ciclo della tua leggenda
era chiuso in lui.

La sua immagine consacro.
Orfeo ha insegnato l'ascolto alle creature. Quasi come in un rituale, il poeta gli consacra un ricordo, un'immagine, lontana nel tempo, che balza nuovamente al cuore.
E un cavallino bianco, conosciuto una sera in Russia, molti anni prima, in compagnia di Lou Salomè.
Impacciato, con un ceppo legato alla zampa, veniva correndo a salti verso la libertà; e adesso, come un dono, attraversa di nuovo il sentimento, e si offre alla memoria presente, facendosi figura nel canto che racchiude in sé il ciclo della leggenda orfica.

mercoledì 27 gennaio 2016

53.Rilke.Gennaio.

Gennaio
 
Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte, più intense.
Rintoccano l'ore. Ne viene
percosso ogni bimbo, tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto di un ciocco
che in lampi e faville , rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno là fuori s'accresce,
diviene sempiterno, infinito.

martedì 26 gennaio 2016

51.Rilke.Paesaggio invernale







Paesaggio invernale

Respiran lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo via via.

Le candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte più intente.

Rintoccano l'ore. Ne vibra
percosso ogni bimbo tremando.
Di sovra gli alari, lo schianto d'un ciocco
che in lampi e faville rovina.

In niveo brillar di lustrini,
il candido giorno là fuori s'accresce,
divien sempiterno Infinito.

Nota con quale delicatezza è stato fissato in versi il dolce susseguirsi di immagini

ed impressioni.Sotto il candido mantello, i rumori quasi spariscono: si fa lieve il
respiro degli abeti addormentati;sulle strade il traffico diminuito ed il passar 
delle ruote attutito dal bianco tappeto, non si sentono quasi.Il silenzio è
penetrato anche nelle abitazioni e le stanze sono tranquille e mute, quasi 
la vita fosse in esse momentaneamente fermata da un incantesimo.
Senti, appena percepibile, un sottile sgomento generale di fronte al fenomeno

che si impone col suo velo di mistero; ogni cosa è assorta, in attesa di un fatto
nuovo.I soliti rumori ingigantiti dal silenzio, assumono caratteristiche strane,
producono incomprensibili sgomenti.Il mistero della natura rimane grande,
 anche se non sbigottisce, quando la luce del giorno, coi suoi riflessi abbaglianti 
sulla neve, invade piano piano il paesaggio e via via si estende, oltre i confini 
del pensiero.

lunedì 25 gennaio 2016

52.Rilke.Le mani della Madre


Le mani della Madre

Tu non sei più vicina a Dio
di noi; siamo lontani tutti. Ma tu hai stupende
benedette le mani.
Nascono chiare in te dal manto,
luminoso contorno:
io sono la rugiada, il giorno,
ma tu, tu sei la pianta.

domenica 24 gennaio 2016

50.Rilke.Das stunden buch -

                                                                                        
                                                         Das stunden buch -
                                                           È l’ora! Mi sfiora -

È l’ora! Mi sfiora
un tocco metallico e chiaro:
i sensi tremano. Sento di farcela –
e afferro il giorno, la sua molle creta.
Era incompiuto il mondo prima
che lo guardassi e fermo il divenire.
Ora il mio sguardo è maturo, e ogni cosa
cede al suo volere: è una sposa.

Amo persino la più piccola.
La dipingo immensa su sfondo d’oro,
la innalzo e non so a chi
schiuderà l’anima …


sabato 23 gennaio 2016

49.Rilke.Giorno d'autunno.



Giorno d'autunno.


Signore: è tempo . Grande era l'arsura .
Deponi l'ombra sulle meridiane,
libera il vento sopra la pianura.
 

Fa' che sia colmo ancora il frutto estremo;
concedi ancora un giorno' di tepore,
che il frutto giunga a maturare, e spremi
nel grave vino l'ultimo sapore.
 

Chi non ha casa adesso, non l'avrà.
Chi è solo a lungo solo dovrà stare,
leggere nelle veglie, e lunghi fogli
scrivere, e incerto sulle vie tornare
dove nell'aria fluttuano le foglie.


In apertura di componimento, il poeta tedesco Rainer Maria Rilke esprime l'auspicio 
che finalmente arrivi l'autunno, con la sua frescura, a mitigare la grande 'arsura' dell'estate.
Nella seconda strofa i temi si riferiscono all'autunno come alla «stagione che porta a
 maturazione gli ultimi frutti dell'estate».
Nell'ultima strofa l'autunno si trasforma in presagio di una vita incerta, solitaria e senza gioia.

da Il libro d’ore, -

venerdì 22 gennaio 2016

48.Rilke.Cerchi che si tendono sempre più -

                                                     Cerchi che si tendono sempre più -

Cerchi che si tendono sempre più
ampi sopra le cose è la mia vita.
Forse non chiuderò l’ultimo,
ma voglio tentare.

Giro attorno a Dio, all’antica torre,
giro da millenni;
e ancora non so se sono un falco, una tempesta
o un grande canto.

giovedì 21 gennaio 2016

47.Rilke.Non aver paura....

                                                              Non aver paura, sono io.

Non aver paura, sono io. Non senti
che su te m’infrango con tutti i sensi?
Ha messo ali il mio cuore
e ora vola candido attorno al tuo viso.

Non vedi la mia anima innanzi a te
adorna di silenzio?
E la mia preghiera di maggio
non matura al tuo sguardo come su un albero?

Se sogni, sono il tuo sogno
ma se sei desto sono il tuo volere;
padrone d’ogni splendore
m’inarco, silenzio stellato,
sulla bizzarra città del tempo

mercoledì 20 gennaio 2016

46.Rilke. La mia vita non è quest’ora ripida..

                                                                         
                                                      La  mia vita non è quest’ora ripida.

La mia vita non è quest’ora ripida
che mi vedi scalare in fretta.
Sono un albero innanzi all’orizzonte,
una delle mie molte bocche,
e la prima a chiudersi.

Sono l’attimo tra due suoni
che male s’accordano
perché il suono morte vuole emergere –

Ma nella pausa buia si riconciliano
entrambi tremando.

E bello resta il canto

martedì 19 gennaio 2016

45Rilke.Artigiani siamo....



                                                                 Artigiani siamo: garzoni, muratori, maestri...
                                                               
                                                                 Artigiani siamo: garzoni, muratori, maestri
                                                                       e siamo qui a costruirti, alta navata.
                                                                        A volte giunge uno straniero cupo,
                                                                          scintilla per i nostri cento spiriti,
                                                                 e ci mostra tremando un nuovo appiglio.
                                                                          Saliamo ponti vacillanti, grevi
                                                                            martelli nelle nostre mani

                                                                     finché l'attimo non ci bacia in fronte:
                                                                      viene da te come il vento dal mare
                                                                       fulgendo quasi conoscesse tutto.
                                                                        Allora echeggiano mille martelli
                                                                         e colpi penetrano la montagna.
                                                                    Soltanto quando annotta e il tuo profilo -
                                                                        futuro traspare t'abbandoniamo
                                                 

lunedì 18 gennaio 2016

44.Rilke.Tu vieni e le porte si chiudono...


Tu vieni e vai e le porte si chiudono...

Tu vieni e vai e le porte si chiudono
più dolcemente, quasi senza vento.
Tra chi va per silenti case
sei il più silente.
 Ci si avvezza tanto alla tua presenza
che si resta chini sui libri
quando le immagini si fanno belle
nel blu della tua ombra,
 perché risuoni in ogni cosa
a volte forte e a volte piano.
Se ti scorgo nei miei pensieri, spesso
si spacca la tua grande immagine:
sei un capriolo luminoso e corri
io sono buio e sono un bosco.
Sei una ruota accanto a me
 e dei tuoi mille raggi bui
uno si fa sempre più greve

e sempre più vicino,
e crescono ad ogni suo giro
le mie opere obbedienti.

sabato 16 gennaio 2016

43.Rilke.Terra che ti fai buia...

Terra che ti fai buia, paziente sopporti le mura....

Terra che ti fai buia, paziente sopporti le mura.
Forse permetti alle città di vivere ancora un’ora,
ne concedi due alle chiese e ai chiostri solitari,
ne lasci cinque al travaglio dei credenti
e per sette contempli il contadino al lavoro

prima di tornare foresta, acqua, rigoglio selvatico
nell’istante dell’inafferrabile paura
quando chiederai a ogni cosa
la tua immagine incompiuta.

Dammi un po’ di tempo: voglio amare le cose in modo
nuovo
e farle degne di te e grandi.
Voglio solo sette giorni, sette
su cui nessuno abbia mai scritto,
bq. sette giorni di solitudine.

Chi riceverà il libro che li raccoglie
rimarrà chino sulle sue pagine.
Oppure sarà nelle tue mani
e lo scriverai tu stesso.

venerdì 15 gennaio 2016

42.Rilke.Bianco splendore.






 Bianco Splendore -

Respirano lievi gli altissimi abeti
racchiusi nel manto di neve.
Più morbido e folto quel bianco splendore
riveste ogni ramo, via via.
Le candide strade si fanno più zitte:
le stanze raccolte, più intente!
Rintoccano l'ore. Ne vibra
percosso ogni bimbo, tremando!
Di sovra gli alari, lo schianto d'un ciocco
che in lampi e faville rovina.
In niveo brillar di lustrini
il candido giorno là fuori s'accresce,
divien sempiterno Infinito.


Un morbido strato di neve racchiude nel suo manto ogni abete, riveste ogni ramo e, spegnendo ogni rumore  nelle candide strade, crea una atmosfera più intento raccoglimento in ogni casa; dove il silenzio è rotto soltanto dal suono  delle ore ( e ne sussultano i bimbi} o da uno schianto improvviso del ciocco. Intanto, di fuori, il bianco splendore s'accresce, si estende, dilaga, tanto che la sua candida luce sembra diventare infinita ed eterna
Molti sono gli aspetti suggestivi di questa poesia:gli abeti - che "respirano" appena, protetti dal manto che tutti li chiude; l'assorto silenzio delle vaste solitudini esterne che penetra fin dentro le stanze creando un'atmosfera di magico sopore; i suoni isolati delle ore e del ciocco, e il “ niveo brillar di lustrini”
Ma l'aspetto più suggestivo è certamente dato dalla contrapposizione fra l'immagine di ogni cosa coperta dal manto di neve, e quindi chiusa e isolata da tutte le altre, e la vasta, sconfinata visione d'insieme del candido giorno che «divien sempiterno Infinito ».
Chiudendosi con questa panoramica di spazi luminosi e sconfinati, la poesia acquista il valore di un anelito all'eterno e al sublime.

giovedì 14 gennaio 2016

41.Rilke.Chiamami quando ritorna l'ora...

II, 23
Chiamami quando ritorna l'ora
che ostinatamente ti s'oppone:
s'accostò qual cane che t'implora,
ma ti schiva quando hai l'illusione
d'afferrarla. Ecco, tuo è questo:
spoliazione. Noi viviamo senza
legami; dove aspettammo il gesto
dell'incontro, lì fu la licenza.
Trepidi, vorremmo una certezza:
antica?...in noi troppa giovinezza,
e vecchi, per ciò che non è ancora.
Noi, giusti se tuttavia inneggiamo,
perché, ahimé, siamo la scure e il ramo
mentre dolce il rischio s'insapora.

«Questo sonetto - commenta Rilke - è rivolto a un cane. "La mano del mio Signore" stabilisce la relazione con Orfeo, che qui è considerato il "Signore" del poeta. Egli vuole guidare questa mano perché, in forza della sua infinita partecipazione e dedizione, benedica il cane che, quasi come Esaù  {si tratta in verità di Giacobbe,  Genesi, 27 }, si è avvolto nel vello, per poter partecipare di una eredità che non gli spetta: quella dell'intera umanità con le sue sofferenze e le sue gioie».

mercoledì 13 gennaio 2016

40.Rilke.Tu amico mio.



Tu amico mio

XVI
 
 

Tu, amico mio, sei solo, perché ...
noi con parole e cenni delle dita
poco alla volta ci appropriamo del mondo,
forse della sua parte più debole, pericolosa.
Chi indica un odore con le dita?

Eppure delle forze che ci minacciarono
molte ne hai sentite ...Conosci i morti,
e l'incantesimo ti impaurisce.
Vedi, adesso dobbiamo raccogliere
frammenti e parti, come se fossero il tutto.
Aiutarti, sarà difficile. Anzitutto: non piantarmi
nel tuo cuore. Crescerei troppo presto.
Ma voglio guidare la mano del mio Signore
e dire: qui. Ecco Esaù nel suo vello.

martedì 12 gennaio 2016

39.Rilke.Canto popolare.

Il motivo ispiratore di questa poesia, e cioè l'affettuoso sentimento che lega il poeta alla terra boema, è ripetuto, con poche variazioni, nelle tre strofe.

Questo sentimento non è espresso con toni eroici, ma si raccoglie tutto intorno ad un'immagine di semplicità: il canto di un bimbo, il canto popolare di un bimbo-contadino che sta svolgendo il suo piccolo lavoro nella campagna.
Rainer Maria Rilke, nato a Praga verso la fine del secolo scorso, ebbe vita e temperamento errabondi, soggiornando a lungo in Russia e in Francia, dove morì. Fu dunque un uomo « sradicato .», che dobbiamo considerare come
« europeo », più che legato ad una specifica nazionalità. Tuttavia non gli venne meno, attraverso esperienze ambienti e paesi diversi, l'attaccamento alla terra in cui era nato.
Canto popolare  
Come mi tocca l'anima
la popolare melodia boe ma  !
Penetra lieve il cuore,
che ne trabocca  e pesa.
Quando sommesso un bimbo
canta sarchiando  i campi,
dopo, la sua canzone
torna a echeggiarmi in sogno.
Pur se tu sia lontano
in terra ignota e solo,
spesso attraverso gli anni
ricorderai quel canto.


lunedì 11 gennaio 2016

38.Rilke.Ho bisogno di te come del pane.

Ho bisogno di te come del pane
« Ho bisogno di Te come del pane ». Come senza pane non vive il nostro corpo, così senza Dio non vive la nostra anima: è Lui l'Amico di cui non possiamo fare a meno, è la Sua l'amicizia più vera, più  profonda, più sicura. Signore, noi tutti abbiamo bisogno di Te come del pane, più del pane.
Ancora, Onnipotente, ecco ti prego.
Come si spegne tramontando il giorno,
io sono tutto una ferita; un orfano;
un esule dal mondo, estraneo e solo...
E stanno intorno a me, mute, le cose
siccome chiostri in cui mi sento chiuso.


Ho bisogno di Te, che sei partecipe
d'ogni tormento mio; compagno dolce
d'ogni mia pena; mio fratello solo.
H o bisogno di Te come del pane!


Spengimi gli occhi, ed io ti vedo ancora;
rendimi sordo, e sento la tua voce;
mozzami i piedi, e corro la tua strada;
senza favella, a Te scioglierei preghiere.


Dirompimi le braccia, ed io ti stringo
col cuore mio, fatto, repente, manto.
Se fermi il cuore, batte il mio cervello;
ardi anche questo: ed il mio sangue, allora,
Ti accoglierà, Signore, in ogni stilla.


Apparso Tu mi sèi, Dio senza fine!
Ed io t'amo siccome un figlio
che fuggito mi fosse ancor bambino,
chiamato dalla sorte sovra un trono
innanzi al quale l'universo mondo
come unica valle si distende.

domenica 10 gennaio 2016

37.Rilke.Torso arcaico di Apollo



Torso arcaico di Apollo

Non conoscemmo il suo capo inaudito
e le iridi che vi maturavano. Ma il torso
tuttavia arde come un candelabro
dove il suo sguardo, solo indietro volto,
resta e splende. Altrimenti non potrebbe abbagliarti
la curva del suo petto e lungo il rivolgere
lieve dei lombi scorrere un sorriso
 fino a quel centro dove l'uomo genera.

E questa pietra sfigurata e tozza
vedresti sotto il diafano architrave delle spalle,
e non scintillerebbe come pelle di belva,

e non eromperebbe da ogni orlo come un astro:
perché là non c'è punto che non veda
te, la tua vita. Tu devi mutarla.

sabato 9 gennaio 2016

36.Rilke.L'Angelo.

                                                                               

                                                                                                      L'angelo

Con un cenno della fronte respinge

lungi da sé ogni vincolo, ogni limite
perché per il suo cuore passa alto e immenso il ciclo
degli eventi che ricorrono eterni.
Nei fondi cieli scorge una folla di figure
che lo chiamano: riconosci, vieni -.
Ciò che ti pesa, perché lo sostengano,
non affidarlo alle sue mani lievi.

Verrebbero di notte a provarti nella lotta,
trascorrendo la casa come furie,
afferrandoti come per crearti
e strapparti alla forma che ti chiude.

venerdì 8 gennaio 2016

35.Rilke.La coppa di rose





 La coppa di rose
Iracondi vedesti schizzar fuoco, due ragazzi
avvinghiarsi in un groppo solo ch' era
odio e si rotolava sulla terra
come bestia assaltata dalle api;
mimi vedesti, fanfaroni tronfi,
cavalli furiosi che stramazzano,
gli occhi stravolgono, mostrano i denti
quasi dal muso si staccasse il cranio.

Ma ora sai come questo si dimentica:
perché hai davanti, colma e inobliabile,
la coppa delle rose che gli estremi
ha in sé dell'essere e del declinare,
porgere, non-poter-mai-dare, esserci,
che può anche esser nostro: anche per noi estremo.

Tacita vita, aprirsi senza fine,
sete di spazio che non toglie spazio
allo spazio che il cerchio delle cose restringe,
forma non circoscritta, senza contorni quasi
e solo interna, stranamente tenera
e che da sé fino all'orlo s'illumina:
conosci cosa che somigli a questa? .

Ed a questa: che un sentimento nasce
perché petali toccano altri petali?
E questa: che uno s'apre come palpebra
e sotto non ci sono altro che palpebre,
chiuse, quasi dormendo dieci volte
dovessero attutire un'energia visiva interna.
E soprattutto: che per questi petali
deve passare luce. Essi dai mille cieli
filtrano lentamente quella goccia di tenebra
nel cui bagliore l'intricato fascio
degli stami si eccita e s'impenna.

E vedi i movimenti nelle rose:
oscillano in così stretto angolo
che i gesti resterebbero invisibili se i loro
raggi non si spiegassero a ventaglio nel cosmo.

Vedi la rosa bianca distendersi beata
ed ergersi nei grandi aperti petali
come una Venere nella conchiglia,
e quella che arrossisce
e si volge confusa a quella fresca,
e come quella fresca si ritrae insensibile,
e come chiusa in sé la rosa fredda
sta fra le rose aperte che ogni veste depongono.
E ciò che svestono, come può esser lieve,
o pesante; mantello o ala o carico,
o maschera, secondo ciò che svestono,
e come: sotto l'occhio dell'amato.

Possono essere qualsiasi cosa: forse
non era quella gialla che giace aperta e vuota
la corteccia d'un frutto in cui quel giallo
era il succo, più denso ed arancione?
E non era già troppo, per quest' altra, sbocciare,
se al contatto dell'aria il suo rosa indicibile
ha assunto il gusto amaro del lillà?
E questa, di batista, non è la veste a cui
tenera e ancora calda aderisce la camicia
che con lei fu gettata nell'ombra del mattino
su una spiaggia della foresta antica?
 E questa porcellana dai riflessi d'opale,
 tazza cinese bassa, fragile
piena di piccole farfalle chiare -
e quell'altra che nulla contiene oltre se stessa.

Ma tutte non contengono nient' altro che se stesse,
se contener se stesse vuoI dire: il mondo esterno,
e vento e pioggia e la pazienza della primavera,
e colpa ed inquietudine, mascherato destino,
e il buio della terra a sera, fino
al volo delle nubi che s'appressano e fuggono,
al vago influsso di remote stelle,
mutarlo in breve spazio entro di noi.
Tutto questo ora posa spensierato
nel grembo aperto delle rose.