Poesia africana. Madagascar(3)
“Semi di
parole,seminati nel campo della storia e di cui noi raccogliamo i frutti”[1]
–continua lo studioso-
“ Un
testo,trasmesso oralmente dalla viva
voce dell’uomo, si costituisce, proprio in quell’istante, in un unicum incomparabile. A questa unicità
si deve la grande vitalità delle tradizioni orali, anche se apparentemente
fragili.
Articolare la parola equivale a quel che fa il vivente di fronte al caos
dell’universo. Impone un ordine,per merito della sua vocalità, dello spessore
corporeo da cui promana;” [2] il linguaggio insomma cerca di orientare: in
questo senso, qualcuno arriva ad affermare che “la pratica della parola è,
fondamentalmente, poesia.[…] La parola pronunciata si afferma sul silenzio, ne è tratta, vi ritorna, dopo
essersi rivelata in mezzo a noi e averci rivelato l’ordine ultimo delle cose”.[3]
Esiste,
nella tradizione malgascia, un genere letterario, l’hain teny, che da tempo ha suscitato l’interesse affascinato
degli stranieri. I missionari si erano dapprima affrettati a censurarlo,
indignati nello scoprirvi la presenza
costante di una sessualità tranquilla. Poi Paul Paulhan,[4]durante il suo soggiorno malgascio all’inizio del
Novecento, divenne capace di improvvisarne e di raccogliere e tradurre una
selezione di quelli popolari autoctoni.
Lo
stesso nome crea problemi: potrebbe
essere tradotto con ”scienza e potere delle parole ”. In realtà esso appartiene a quella forma elementare,
universale, forse fondamentale, della poesia che è il “canto alternato”:poesia
che si sviluppa attraverso parallelismi, opposizioni, rovesciamenti di due voci
che si affrontano; è improvvisato da due rivali durante una gara poetica. Sono
poesie d’amore o, più precisamente, di
disputa amorosa: rappresentano le avances
del desiderio, i disincanti, gli inganni, le rotture.
Li
hanno riportati alla ribalta nel 1968 la
scoperta e la pubblicazione di preziosi manoscritti risalenti al XIX secolo e,soprattutto,nel 1983, la tesi
universitaria della stessa ricercatrice Bakoly Domenichini Ramiaramanana[5], che vent’anni prima li aveva scoperti.
E qui
lo studioso cita il canto della pelle del giovane principe che la giovinetta
dell’hain teny malgascio evoca
con fremiti di desiderio per il suo indimenticabile profumo :
Parlare a colui –che –riceve –belle -acclamazioni,
Il giovane
Principe,all’est di Namehana.
Se lo chiamo,temo che
la gente non senta,
Se mi alzo,temo che
non mi veda.
Aspetto:ditegli il mio
rimpianto.
La pelle di colui che
amo è profumata.
Parlate a Chi -riceve
–le- lodi ,
Quel giovane
principe,all’est di Namehana .
Se lo chiamo la
gente,mi sentirà,
Se mi alzo,mi vedrà.
Non mi muovo:ditegli
il mio desiderio.
La pelle dell’amato ha
un buon odore
.E prova a interrompere in modo goffamente
scherzoso:” ...E se, come per Baudelaire ,la capacità di incantarsi delle donne risiedesse soprattutto
nel naso?”
Ed ecco che un’ultima volta lo
schermo bianco si rianima, riempiendosi dei caratteri che, ordinati in
file coese, come pazienti colonne di
laboriose formiche, compongono, e
offrono alle persone convenute nell’ampio salone, il documento che
conclude la sezione dell’antologia
dedicata al canto orale tradizionale che rappresenta la vera identità
del continente africano.
Della versione malgascia di questo
hain teny , raccolta dall’antropologa Bakoly Domenichini –Ramiaramanana,è molto interessante confrontare
differenti trasposizioni in francese,poi tradotte in italiano, oltre alla molto puntuale interpretazione stratificata, che, infine, la
stessa archeologa del linguaggio ci ha lasciato:
La pioggia in Ankaratra
l’orchidea fiorisce ad Anjafy
E’ duro dimenticare
all’improvviso,
è facile dimenticare poco a poco.
Piange
la-ragazza-dell’uccello-azzurro
Ride,Colui-che-
non-teme-il-ritorno.
Ritorno di morte,non torni
ma ritorno d’amore,ritorni.
Jean Paulhan,Les
hain-tenys,éd.Gallimard
Tuona
tuona nei monti d’Ankaratra.
E fioriscono,
fioriscono gli aranceti d’Anjafy.
Piange,
piange la ragazza- dell’uccello-
azzurro,
e schernisce
schernisce Colui- che –non – teme
-il castigo-in- ritorno.
Se castigo di morte,
che vi sia rinvio,
se castigo d’amore,
che sia applicato.
Flavien Ranaivo , Hain
teny,
éd.Publications
Orientalistes de France.
Quanto
brontola il temporale sul Monte- degli- Immortali[1]
Nel
Paese -dei- Fanciulli fiorisce
l’orchidea
scoppiano
i pianti della Giovane – Tortorella
scoppiano le risa di Chi- non –teme- la- ritorsione
Non
esista per il lutto nessuna giusta ritorsione
Ma
sia per l’amore la giustizia accordata.
Bakoly Domenichini –Ramiaramanana
Colloque sur la traduction poétique,
éd.Gallimard
-Si
scopre così la stratificazione di significati - l’anziano
studioso si avvia con quest'analisi a concludere questa prima parte del suo intervento ,dedicata
alla presentazione di esempi di poesia africana orale - che mette in luce
l’interpretazione dell’ archeologa del
linguaggio.
Il tuono sul Monte – degli - Immortali evoca le montagne che
sbarrano l’orizzonte a sud di Tananarive e che la bruma ricopre spesso di un
velo bluastro.
Ma quello geografico è anche un
paesaggio mitologico: quel monte è la dimora degli Spiriti, degli dei e
dei principi leggendari.
E ancora: emerge il riferimento a un rito della vita
tradizionale: la rinuncia, celebrata
alla vigilia del nuovo anno, quando un’ultima volta si piangono i morti
dell’anno ,di cui il tuono solitario sulla montagna, si crede, fa echeggiare un ultimo appello. Quel momento
del cambiamento dell’anno è anche il momento in cui gli sposi separati si
possono ritrovare per un ultimo ritorno
d’amore.
Si può infine individuare un’allusione d’ordine storico-politico.
Il Monte raffigura metonimicamente le popolazioni che abitano le sue falde; il
Paese -dei -Fanciulli la minoranza
dissidente.
La poesia ricorda così un momento essenziale della storia
malgascia, mostrando la funzione di memoria collettiva dell’hain teny.
Queste le suggestive atmosfere
dei canti orali sotto il baobab o nella steppa o lungo le rive
dell’isola esotica, che mutano radicalmente se passiamo alla lettura dei poeti
della diaspora o comunque a quelli che si esprimono in una lingua non africana
o perfino a quelli che si esprimono, ma
per iscritto, nelle lingue dell’Africa -continua con metodo l’ imperturbabile curatore.
[1] La versione malgascia di questo Hain
teny è quella raccolta e stabilita da Bakoly Domenichini –Ramiaramanana sul
prezioso manoscritto dell’epoca di Ranavalona I (1828-1861),da lei stessa
scoperto nel 1968.L’analisi sulla
stratificazione di significati segue lo studio della stessa ricercatrice “Les
traductions poétiques des hain teny “ in “Colloque sur la traduction
poétique ”,Gallimard,1978.Trad. dal fr. di M.G. Bruni.
[1] Ibidem.
[2] Paul Zumthor: da “Graines
de paroles». Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule’. Op. Cit. Trad .di M. G. Bruni.
[3] Ibidem.
[4] Scrittore e critico francese del
‘900 che ha esercitato grande influenza sulla letteratura attraverso la celebre
rivista NRF(Nouvelle Revue Française).
[5] Autrice della gigantesca
ricerca “Du ohabolana au hainteny ”,Langue ,Littérature
et Politique à Madagascar »Ed.Karthala,Paris,1983.
Ohabolana può
avvicinarsi al proverbio mentre l’hain teny è piuttosto una poesia
popolare.
[6]Hain teny dall’opera a cura di Bakoly
Domenichini Ramiaramanana,autrice della gigantesca ricerca “Du
ohabolana au hainteny ”Langue,Littérature et Politique à
Madagascar “,éd.Karthala,Paris 1983.Tesi universitaria che si avvale della
scoperta dei preziosi manoscritti ottocenteschi,fatta dalla stessa studiosa nel
1968.
L’Ohabolana
può avvicinarsi al proverbio ,mentre l’hain teny è piuttosto una poesia
popolare. Trad. di M.G. Bruni.
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