martedì 30 aprile 2013

Curiosando nel Continente Nero.Madagascar(3)





  Poesia africana. Madagascar(3)










“Semi  di parole,seminati nel campo della storia e di cui noi raccogliamo i frutti”[1] –continua lo studioso-
       “ Un testo,trasmesso oralmente dalla viva  voce dell’uomo, si costituisce, proprio in quell’istante,  in un  unicum incomparabile. A questa unicità si deve la grande vitalità delle tradizioni orali, anche se apparentemente fragili.
       Articolare la parola equivale a quel che fa il vivente di fronte al caos dell’universo. Impone un ordine,per merito della sua vocalità, dello spessore corporeo da cui promana;” [2] il linguaggio insomma cerca di orientare: in questo senso, qualcuno arriva ad affermare che “la pratica della parola è, fondamentalmente, poesia.[…] La parola pronunciata si afferma  sul silenzio, ne è tratta, vi ritorna, dopo essersi rivelata in mezzo a noi e averci rivelato l’ordine ultimo delle cose”.[3]
        Esiste, nella tradizione malgascia, un genere letterario, l’hain teny, che da tempo ha suscitato l’interesse affascinato degli stranieri. I missionari si erano dapprima affrettati a censurarlo, indignati nello scoprirvi  la presenza costante di una sessualità tranquilla. Poi Paul Paulhan,[4]durante il suo soggiorno malgascio all’inizio del Novecento, divenne capace di improvvisarne e di raccogliere e tradurre una selezione di quelli popolari autoctoni.
       Lo stesso nome crea  problemi: potrebbe essere tradotto con ”scienza e potere delle parole ”. In realtà esso  appartiene a quella forma elementare, universale, forse fondamentale, della poesia che è il “canto alternato”:poesia che si sviluppa attraverso parallelismi, opposizioni, rovesciamenti di due voci che si affrontano; è improvvisato da due rivali durante una gara poetica. Sono poesie d’amore  o, più precisamente, di disputa amorosa: rappresentano le avances del desiderio, i disincanti, gli inganni, le rotture.
        Li hanno  riportati alla ribalta nel 1968 la scoperta e la pubblicazione di preziosi manoscritti risalenti  al XIX secolo e,soprattutto,nel 1983, la tesi universitaria della stessa ricercatrice Bakoly Domenichini Ramiaramanana[5], che vent’anni prima li aveva scoperti.
       E qui lo studioso cita il canto della pelle del giovane principe che la giovinetta dell’hain  teny malgascio evoca con fremiti di desiderio per il suo indimenticabile profumo :


Hain teny[6]


Parlare a colui –che –riceve –belle -acclamazioni,
Il giovane Principe,all’est di Namehana.
Se lo chiamo,temo che la gente non senta,
Se mi alzo,temo che non mi veda.
Aspetto:ditegli il mio rimpianto.
La pelle di colui che amo è profumata. 

Parlate a Chi -riceve –le- lodi ,
Quel giovane principe,all’est di Namehana .
Se lo chiamo la gente,mi  sentirà,
Se mi alzo,mi vedrà.
Non mi muovo:ditegli il mio desiderio.
La pelle dell’amato ha un buon odore


       .E prova a interrompere in modo goffamente scherzoso:” ...E se, come per Baudelaire ,la capacità  di incantarsi delle donne risiedesse soprattutto nel naso?”
                                          

        Ed ecco che un’ultima volta lo schermo bianco si rianima, riempiendosi dei caratteri che, ordinati in file coese, come pazienti colonne di laboriose formiche, compongono, e  offrono alle persone convenute nell’ampio salone, il documento che conclude la sezione dell’antologia  dedicata al canto orale tradizionale che rappresenta la vera identità del continente africano.

     Della versione malgascia di questo hain teny , raccolta dall’antropologa Bakoly Domenichini –Ramiaramanana,è molto interessante confrontare differenti trasposizioni in francese,poi tradotte in italiano, oltre  alla molto puntuale interpretazione stratificata, che, infine, la stessa archeologa del linguaggio ci ha lasciato:



La pioggia in Ankaratra

l’orchidea fiorisce ad Anjafy

E’ duro dimenticare all’improvviso,

è facile dimenticare poco a poco.

Piange la-ragazza-dell’uccello-azzurro

Ride,Colui-che- non-teme-il-ritorno.

Ritorno di morte,non torni

ma ritorno d’amore,ritorni.

Jean Paulhan,Les hain-tenys,éd.Gallimard

 



Tuona

tuona nei monti d’Ankaratra.

E fioriscono,

fioriscono gli aranceti d’Anjafy.

Piange,

piange la ragazza- dell’uccello- azzurro,

e schernisce

schernisce Colui- che –non – teme -il castigo-in- ritorno.

Se castigo di morte,

che vi sia rinvio,

se castigo d’amore,

che sia applicato.

Flavien Ranaivo , Hain teny,

éd.Publications Orientalistes de France.







Quanto brontola  il temporale  sul Monte- degli- Immortali[1]

Nel Paese -dei- Fanciulli  fiorisce l’orchidea

scoppiano i pianti della Giovane – Tortorella

scoppiano  le risa di Chi- non –teme- la- ritorsione



Non esista per il lutto nessuna giusta ritorsione

Ma sia per l’amore la giustizia accordata.

Bakoly Domenichini –Ramiaramanana

 Colloque sur la traduction poétique,

éd.Gallimard      







        -Si scopre così la stratificazione di significati  -  l’anziano studioso si avvia con quest'analisi a concludere questa prima parte del suo intervento ,dedicata alla presentazione di esempi di poesia africana orale - che mette in luce l’interpretazione dell’ archeologa del linguaggio.
        Il tuono sul Monte – degli - Immortali evoca le montagne che sbarrano l’orizzonte a sud di Tananarive e che la bruma ricopre spesso di un velo bluastro.
          Ma quello geografico è anche un  paesaggio mitologico: quel monte è la dimora degli Spiriti, degli dei e dei principi leggendari.
           E ancora: emerge il riferimento a un rito della vita tradizionale: la rinuncia, celebrata alla vigilia del nuovo anno, quando un’ultima volta si piangono i morti dell’anno ,di cui il tuono solitario sulla montagna, si crede, fa  echeggiare un ultimo appello. Quel momento del cambiamento dell’anno è anche il momento in cui gli sposi separati si possono ritrovare per un ultimo ritorno d’amore.
       Si può infine individuare un’allusione d’ordine storico-politico. Il Monte raffigura metonimicamente le popolazioni che abitano le sue falde; il Paese -dei -Fanciulli  la minoranza dissidente. 
           La poesia ricorda così un momento essenziale della storia malgascia, mostrando la funzione di memoria collettiva dell’hain teny.
         Queste le suggestive atmosfere  dei canti orali sotto il baobab o nella steppa o lungo le rive dell’isola esotica, che mutano radicalmente se passiamo alla lettura dei poeti della diaspora o comunque a quelli che si esprimono in una lingua non africana o perfino  a quelli che si esprimono, ma per iscritto, nelle lingue dell’Africa -continua con  metodo l’ imperturbabile  curatore.


[1] La versione malgascia di questo Hain teny è quella raccolta e stabilita da Bakoly Domenichini –Ramiaramanana sul prezioso manoscritto dell’epoca di Ranavalona I (1828-1861),da lei stessa scoperto nel 1968.L’analisi  sulla stratificazione di significati segue lo studio della stessa ricercatrice “Les traductions poétiques des hain teny “ in “Colloque sur la traduction poétique ”,Gallimard,1978.Trad. dal fr. di M.G. Bruni. 


[1] Ibidem.
[2] Paul Zumthor: da “Graines de paroles». Ecrits pour Geneviève Calame-Griaule’.  Op. Cit. Trad .di M. G. Bruni.
[3] Ibidem.
[4] Scrittore e critico francese del ‘900 che ha esercitato grande influenza sulla letteratura attraverso la celebre rivista NRF(Nouvelle Revue Française).
[5] Autrice della gigantesca ricerca  “Du ohabolana au hainteny ”,Langue ,Littérature et Politique à Madagascar »Ed.Karthala,Paris,1983. 
Ohabolana può avvicinarsi al proverbio mentre l’hain teny è piuttosto una poesia popolare.
[6]Hain teny dall’opera a cura di Bakoly Domenichini Ramiaramanana,autrice della gigantesca ricerca  “Du ohabolana au hainteny ”Langue,Littérature et Politique à Madagascar “,éd.Karthala,Paris 1983.Tesi universitaria che si avvale della scoperta dei preziosi manoscritti ottocenteschi,fatta dalla stessa studiosa nel 1968.
L’Ohabolana può avvicinarsi al proverbio ,mentre l’hain teny è piuttosto una poesia popolare. Trad. di M.G. Bruni.



















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