Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.
XXIV. HO FIORI e di NOTTE INVITO i
PIOPPI '
La mia ombra è su un altro muro
d'ospedale. Ho fiori e di notte
invito i pioppi e i platani del
parco,
alberi di foglie cadute, non gialle,
quasi bianche. Le monache irlandesi
non parlano mai di morte, sembrano
mosse dal vento, non si meravigliano
di essere giovani e gentili: un voto
che si libera nelle preghiere aspre.
Mi sembra di essere un emigrante
che veglia chiuso nelle sue coperte,
tranquillo, per terra. Forse muoio
sempre.
Ma ascolto volentieri le parole
della vita
che non ho mai inteso, mi fermo
su lunghe ipotesi. Certo non potrò
sfuggire;
sarò fedele alla vita e alla morte
nel corpo e nello spirito
in ogni direzione prevista,
visibile.
A intervalli qualcosa mi supera
leggera, un tempo paziente,
l'assurda differenza che corre
tra la morte e l'illusione
del battere del cuore.
Ospedale di Sesto S. Giovanni,
novembre 1965
Da”Dare e avere”1966
Dare e avere ,l’ultima raccolta del
poeta ,ovvero il bilancio di una vita.
Pubblicata nel 1966, molti testi sono legati ad
occasioni di viaggio,
anche perché la fama del poeta, già molto vasta, è
andata rafforzandosi
dopo il Nobel del 1959. In questi anni porta a termine
molte traduzioni
(nel 1966 escono ad esempio, oltre ai versi di Dare
e avere, le Poesie di
Tudor Arghezi), a riprova di un costante impegno
intellettuale. Anche
per questo l'ultimo libro di poesie acquista il valore
di un bilancio: non
solo, o non tanto, perché il poeta sviluppa un intenso
confronto con la
morte, ma soprattutto per l'alternanza, sapientemente
equilibrata, di
note di viaggio e riflessioni personali.I versi, quasi
prosastici, si riferiscono
a gesti e figure reali, e continuano tuttavia a
conservare intatta la capacità
di leggere dentro le cose, cogliendovi un significato
più ampio ed
universalmente valido. Il linguaggio è quasi
colloquiale, richiama ad
immagini familiari il visitatore. Su tutto sembra
aleggiare l'umana pietà
del poeta, ai cui occhi le candele sono testimonianze
di anime che, tra
piccoli e grandi segni, tendono all'amore. Proprio
l'amore, nel suo senso
più universale, è un altro grande tema della raccolta.
La storia di Quasimodo
si compie dunque come uno sguardo che, partito dalla
Sicilia, a poco a poco
si allarga ad abbracciare il mondo. L'arancia del
giardino «sulla sua scorza»
mostra lo scorrere impassibile del tempo, ma «sul
vortice del frutto
lottando con la sua immutabilità, il tempo «scrive/
una prova di vita» (Impercettibile il tempo,): la stessa che, in tanti
anni di scrittura, ha saputo
fornire Quasimodo stesso, «emigrante/ che veglia
chiuso nelle sue coperte»
(Ho fiori e di notte invito i pioppi), voce
inconfondibile e fedele a sé stessa.
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