sabato 4 aprile 2020

Salvatore Quasimodo.24.Ho fiori e di notte invito i pioppi.




                                                                Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.


XXIV. HO FIORI e di NOTTE INVITO i PIOPPI '
La mia ombra è su un altro muro
d'ospedale. Ho fiori e di notte
invito i pioppi e i platani del parco,
alberi di foglie cadute, non gialle,
quasi bianche. Le monache irlandesi
non parlano mai di morte, sembrano
mosse dal vento, non si meravigliano
di essere giovani e gentili: un voto
che si libera nelle preghiere aspre.
Mi sembra di essere un emigrante
che veglia chiuso nelle sue coperte,
tranquillo, per terra. Forse muoio sempre.
Ma ascolto volentieri le parole della vita
che non ho mai inteso, mi fermo
su lunghe ipotesi. Certo non potrò sfuggire;
sarò fedele alla vita e alla morte
nel corpo e nello spirito
in ogni direzione prevista, visibile.
A intervalli qualcosa mi supera
leggera, un tempo paziente,
l'assurda  differenza che corre
tra la morte e l'illusione
del battere del cuore.

Ospedale di Sesto S. Giovanni, novembre 1965
Da”Dare e avere”1966


Dare e avere ,l’ultima raccolta del poeta ,ovvero il bilancio di una vita.
Pubblicata nel 1966, molti testi sono legati ad occasioni di viaggio,
anche perché la fama del poeta, già molto vasta, è andata rafforzandosi
dopo il Nobel del 1959. In questi anni porta a termine molte traduzioni
(nel 1966 escono ad esempio, oltre ai versi di Dare e avere, le Poesie di
Tudor Arghezi), a riprova di un costante impegno intellettuale. Anche
per questo l'ultimo libro di poesie acquista il valore di un bilancio: non
solo, o non tanto, perché il poeta sviluppa un intenso confronto con la
morte, ma soprattutto per l'alternanza, sapientemente equilibrata, di
note di viaggio e riflessioni personali.I versi, quasi prosastici, si riferiscono
a gesti e figure reali, e continuano tuttavia a conservare intatta  la capacità
di leggere dentro le cose, cogliendovi un significato più ampio ed
universalmente valido.  Il linguaggio è quasi colloquiale, richiama ad
immagini familiari il visitatore. Su tutto sembra aleggiare l'umana pietà
del poeta, ai cui occhi le candele sono testimonianze di anime che, tra
piccoli e grandi segni, tendono all'amore. Proprio l'amore, nel suo senso
più universale, è un altro grande tema della raccolta. La storia di Quasimodo
si compie dunque come uno sguardo che, partito dalla Sicilia, a poco a poco
si allarga ad abbracciare il mondo. L'arancia del giardino «sulla sua scorza»
mostra lo scorrere impassibile del tempo, ma «sul vortice del frutto
lottando con la sua immutabilità, il tempo «scrive/ una prova di vita» (Impercettibile il tempo,): la stessa che, in tanti anni di scrittura, ha saputo
fornire Quasimodo stesso, «emigrante/ che veglia chiuso nelle sue coperte»
(Ho fiori e di notte invito i pioppi), voce inconfondibile e fedele a sé stessa.

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