giovedì 2 aprile 2020

Salvatore Quasimodo.22.Le morte chitarre.





Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.

XXII. Le morte chitarre
La mia terra è sui fiumi stretta al mare,
non altro luogo ha voce così lenta
dove i miei piedi vagano
tra giunchi pesanti di lumache.
Certo è autunno: nel vento a brani
le morte chitarre sollevano le corde
su la bocca nera e una mano agita le dita
di fuoco.
Nello specchio della luna
si pettinano fanciulle col petto d'arance.

Chi piange? Chi frusta i cavalli nell'aria
rossa? Ci fermeremo a questa riva
lungo le catene d'erba e tu amore
non portarmi davanti a quello specchio
infinito: vi si guardano dentro ragazzi
che cantano e alberi altissimi e acque.

Chi piange? Io no, credimi: sui fiumi
corrono esasperati schiocchi d'una frusta,
i cavalli cupi i lampi di zolfo.
Io no, la mia razza ha coltelli
che ardono e lune e ferite che bruciano.

Da” Falso e vero verde”1958.

Il problema resta sempre «rifare l'uomo», non però in nome di un
generico impegno politico o civile, ma perché l'uomo sia capace,
di fronte alla violenza della guerra ed alle contraddizioni della società contemporanea, di gesti o segni d'amore che riaffermino la sua dignità. Inevitabilmente in questo percorso emergono asprezze e contraddizioni,
come dirà il poeta stesso alla madre: «[…] non sono/ in pace con me, ma
non aspetto/ perdono da nessuno, molti mi devono lacrime/ da uomo a
uomo» (Lettera alla madre). La struttura delle raccolte, dopo La vita non
è sogno, si farà in alcuni casi più complessa, suddivisa in sezioni quasi a
cercare di imporre un ordine razionale ai segni confusi della realtà: Il falso
e vero verde (1956) si presenta suddiviso in quattro sezioni, ce ne saranno
ben cinque nella Terra impareggiabile (1958).
In questi due volumi si afferma una lettura disincantata della realtà,
capace di raccontare, con accenti umanissimi, la Sicilia (in una sezione
del Falso e vero verde) e la Grecia del nostro tempo. Così nel Falso e vero
verde si parla di una «razza», quella cui appartiene il poeta, che «ha coltelli/
che ardono e lune e ferite che bruciano» (Le morte chitarre). Nella raccolta
del 1958 la Sicilia ormai lontana esercita la stessa fascinazione di un tempo,
ma nel quadro di una sensibilità molto più inquieta.
Le «parole d'amore» per la Sicilia hanno dentro un'«ironia» che ha «natura
di scure», e non possono evitare una «rottura impetuosa» ed irredimibile
(La terra impareggiabile). Quasimodo canta però anche la «civiltà dell'atomo», che giunge tristemente «al suo vertice» in un anonimo bar della metropoli
(Quasi un epigramma). Sul piano metrico si alternano versi brevi ed altri più regolari: spesso viene scelto l'endecasillabo, ma senza assumerlo a modello esclusivo.

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