mercoledì 16 settembre 2020

XXXIII.SENEGAL75.Léopold Sédar Senghor.a.Notte di Sine





XXXIII.SENEGAL

75.Léopold Sédar Senghor

nasce da agiata famiglia a  Joal, poche centinaia di chilometri
a sud di Dakar,Senegal, nel 1906 e muore a Verson, Normandia,
Francia, terra natale della moglie, nel 2001.

a.Notte  di  Sine[1]
Donna posa sulla mia fronte le tue mani balsamiche,
le tue mani più dolci di una pelliccia.
Lassù le palme che ondeggiano fanno un lieve rumore
nell’alto della brezza notturna
Appena. Neppure la ninnananna della nutrice.
Che   ci culli, il silenzio ritmato.
Ascoltiamo il suo canto ,ascoltiamo battere il nostro sangue scuro,
Ascoltiamo battere il polso profondo dell’Africa nella bruma dei villaggi perduti
Ecco che declina la luna stanca verso il suo letto di mare tranquillo
Ecco che si assopiscono le risate, che i  narratori anche loro
 Dondolano il capo come il bimbo sul dorso materno
Ecco che i piedi dei danzatori  si appesantiscono,
 che si appesantisce la lingua dei cori alternati
È l’ora delle stelle e della notte sognante
che si affaccia da questa collina di nuvole,
appesa  nel suo lungo perizoma  di latte
I  tetti delle capanne luccicano teneramente.
Che dicono di così confidenziale alle stelle?
Dentro, il focolare si spegne nell’intimità di odori acri e dolci

Donna, accendi la lampada al burro chiaro,
che parlino gli avi come i genitori, i bambini a letto.
Ascoltiamo la voce degli Anziani d’Elissa. Come  noi  esiliati
Non han  voluto morire,
che si perdesse attraverso la sabbia il loro torrente seminale .
Che io ascolti ,nella capanna piena di fumo che un riflesso d’anime propizio visiti
La mia testa sul tuo seno caldo come un DANG * all’uscita dal fuoco e fumante
Che io respiri l’odore dei nostri Morti,
he io raccolga e ridica la loro voce  vivente,
che io impari a vivere prima di scendere,
al di là di colui che si tuffa, nelle alte profondità del sonno.

[1]  Léopold Senghor,”Nuit de Sine”, da Poèmes,

La traduzione dal francese è di Maria Gabriella Bruni


Quale può essere considerato il lessico che sta alla base
dell’architettura poetica di Senghor, che ci permette a
anche di decifrare la sua idea di poesia?
Il passaggio dal concreto interiore, il vissuto personale,
ad una espressione che miri all’universale implica
necessariamente sintesi  che comportano una parte fatale
di interpretazione e di stravolgimento. ...“ che muoia la poesia –
ha esclamato una volta il poeta -si disintegri la sintassi, che
s’inabissino le parole che non sono essenziali!”
Sì, ma quali sono per lui le parole essenziali? È possibile
dire qual è per lui il lessico fondamentale? 
Ma certo. Egli manifesta la sua forza più che nella soppressione
di parole-rapporto, di parole- legame, di segni di interpunzione,
la manifesta, la sua forza, dicevo, nell’uso più nudo di quelle
 parole–cemento che costituiscono la base, il fondamento
della sua poesia.
Prima fra tutte Notte[2], una vera ossessione, come la  Leïla[3]
degli Arabi dell’Africa Bianca. Notte nel seno materno, tenebre
della morte, temi in lui contigui, un filo di continuità con il quale
collega gli Antenati coi viventi futuri e saluta un principio di rinascita,
alla ricerca di un’illuminazione interiore.Il mezzogiorno evoca,
nell’opera di Senghor una  paura reverenziale, che sembra aver
le sue radici  in quel “sole allo zenit”, che i pastori della sua terra
temono, in effetti, sommamente, quando non c’è benessere, non
esiste possibilità di procurarsi riposo né sollievo e i miraggi
appaiono loro all’avvicinarsi dell’ora degli spiriti.Se la notte
è più veridica del giorno, non è solo per una ragione fisica
quanto piuttosto perché appartiene alla notte il tempo
in cui il genio africano si rivela, nel divertimento collettivo,
come nella passione d’amore, che sono – l’uno e l’altra –
mezzi di conoscenza.
I testi che  nei prossimi  giorni penso di proporre vorrebbero
mostrare la costante in un arco temporale di qualche rilievo.



*. Termine senegalese per indicare cibo, impasto di riso cotto, semola, analogo al couscous maghrebino e siciliano.
 Nella raccolta “Poèmes”, Editions du Seuil –Points, Paris, 1974,da cui sono tratte le poesie qui presentate, Senghor risponde alle critiche ricevute per la sua consuetudine di inserire nelle sue poesie parole d’origine africana che non si comprendono: “Si tratta di com-prendere meno il reale del surreale - il sotto-reale. Per prima cosa  scrivo per il mio popolo...del resto è toccando gli Africani di lingua francese, che toccheremo meglio i Francesi e, al di là di mari e frontiere, gli altri uomini. Tuttavia la mia intenzione non è di fare l’esotismo per l’esotismo, ancor meno, ermetismo a buon mercato. Perciò ho pensato non fosse forse inutile dare una breve spiegazione dei termini d’origine africana usati nelle poesie”. Perciò,  aggiunge un breve glossarietto delle parole utilizzate all’edizione, in cui però DANG manca. Per questo noi abbiamo conservato intradotti i termini d’origine africana incontrati. (Nota della curatrice)
[1]Léopold Senghor,” Ti ho accompagnato fino al villaggio dei granai, alle porte della notte”, da:”Nocturnes-Chants pour Signare”in “Poèmes”.Op. Cit. La traduzione dal francese è di Maria Gabriella Bruni.
[1]Perizoma ,drappo ,pezzo di tessuto per coprirsi in modo succinto.

[2] Esemplare il divertimento dei canti e delle danze, ma anche la tradizione dei Toucouleurs, etnia senegalese dell’interno, dedita all’agricoltura, la cui tradizione di riunirsi in gruppo la sera,ha permesso di sviluppare un vero talento collettivo di formidabili narratori.
[3] Personaggio mitico della letteratura araba classica paragonabile all’europea  Giulietta.
[4] Leopold Senghor,”Nuit de Sine”( 1945) da Chants d’ombre;”Ti ho accompagnato “…(1961), da Nocturnes-Chants pour Signare; ”Mi sono svegliato(1972), da Lettres d’Hivernages.



Nessun commento:

Posta un commento