domenica 27 settembre 2020

I.ITALIA 4. Giosuè Carducci.c.Le nozze del mare-




I.ITALIA

4. Giosuè Carducci

nasce il 27 luglio 1835 a Valdicastello in provincia di Lucca,
muore il16 febbraio 1907,a Bologna.bre 1853.
Trascorse gran parte dell'infanzia in Maremma, dove il padre
svolgeva la professione di medico. Si trasferì successivamente
a Firenze e poi a Pisa per frequentare la Scuola Normale
Superiore dove, nel 1856, conseguì la laurea in Lettere.
Nella produzione poetica di Carducci è possibile verificare
una costante: la ricerca d'un possibile equilibrio tra due
concezioni diverse di poesia, tra l'idea di una poesia civile
 e quella di una poesia come ricerca di bellezza formale,
come mezzo di evasione dal presente. poeta, scrittore,
critico letterario e accademico italiano,è’ stato il primo
 italiano a vincere il Premio Nobel per la letteratura, nel 1906.:





      Canaletto, Il ritorno del Bucintoro nel Molo
      il giorno dell'Ascensione (1738)

 c.Le nozze del mare

Quando ritto il doge antico
su l’antico bucentauro
l’anel d’oro dava al mar,
e vedeasi, al fiato amico
de la grande sposa cerula,
il crin bianco svolazzar;

Sorrideva nel pensiero

ne le fronti a’ padri tremuli
de’ forti anni la virtú,
e gittava un guardo altero,
muta, a l’onde, al cielo, a l’isole,
la togata gioventú.

Ma rompea superbo un canto
da l’ignudo petto ed ispido
de gli adusti remator,
ch’oggi vivono soltanto,
Tizian, ne le tue tavole,
ignorati vincitor.

Ei cantavano San Marco,
i Pisan, gli Zeni, i Dandoli,
il maggior de i Morosin;
e pe’ i sen lunati ad arco
lunghi gli echi minacciavano
sino al Bosforo e a l’Eussin.

Ne la patria del Goldoni
dopo il dramma lacrimevole
la commedia oggi si dà:
de i grandi avi i padiglioni
son velari, onde una femmina
il mar d’Adria impalmerà.

Le carezze fien modeste;
consumare il matrimonio
i due sposi non potran:
paraninfa, da Trieste
l’Austria ride; e i venti illirici
l’imeneo fischiando van.

Fate al Lido un po’ di chiasso
e su a bordo un po’ di musica!
le signore hanno a danzar.
ma, per Dio, sonate basso:
qualcheduno a Lissa infracida,
che potrebbesi svegliar.

Bah! qui porgono la mano
vaghe donne, a sprizzi fervidi
lo sciampagna esulta qui.
conte Carlo di Persano,
oggi a festa i bronzi rombano;
non mancate al lieto dí.

luglio 1869.

(Giosuè Carducci, Giambi ed Epodi)

Giambi ed epodi: 30 poesie (precedute dal Prologo iniziale )
e seguite dall’Intermezzo che, iniziato nel 1874, è però stato
finito solo nel 1886) composte tra il 1867 e il 1879: hanno in
comune il contenuto polemico, aggressivo, satirico, imitando
i Giambi di Archiloco (e del poeta francese Augusto Barbier,
1805-82, autore di Jambes) e gli Epodi di Orazio. Il primo libro:
polemica politica (contro i Moderati) e religiosa (contro la Chiesa);
il secondo agggiunge quella sociale e storica. Di essi così dirà: “Nei
Juvenilia sono lo scudiero dei classici, nei Levia Gravia faccio la mia
veglia d’armi; nel Decennalia (il primo titolo di Giambi ed epodi),
dopo i primi colpi di lancia un po’ incerti e consuetudinari, corro le
avventure a tutto mio rischio e pericolo” (Raccoglimenti: Prose,
p. 7-8). In altre parole: Carducci esce dalla concezione della poesia
come rifugio di arcadici vagheggiamenti e consolazioni o come 
ricerca di raffinatezze espressive ed eleganze stilistiche (l’arte 
per sé solo;l’arte per l’arte); e si tuffa invece nella realtà più 
scottante delle vicende contemporanee per denunciare e condannare,
per mutare e migliorare (l’arte per la vita, l’arte impegnata:
il poeta diventa “vate”, cioè profeta o araldo dei suoi tempi).
Giambi e epodi rappresentano quasi un secondo noviziato 
poetico del Carducci e lo preparano alla grande poesia delle
Rime Nuove, alle prospettive, cioè, della produzione successiva,
che allarga l’orizzonte della ispirazione alla storia, alla società, 
alla problematica esistenziale, oltre che alla natura, all’amore,
all’autobiografismo. Il risultato immediato, però, è mediocre. 
Giambi ed epodi manifestano più buona volontà ed impegno, 
che intensità poetica (lirismo ed emotività pura ed assoluta):
sono appassionati,ma troppo immediati; rabbiosi, proprio perché
non decantati; sono espressione più istintiva che razionale dei
 sentimenti.

Origini

I riti legati all'espiazione dei peccati verso il mare risalgono
all'antichità, dove si ricordano episodi famosi, tra cui quello
narrato da Erodoto relativo al lancio fatto da Policrate, tiranno
 di Samo, di un prezioso anello in mare per placare gli dei e
quello di Sant’Elena Imperatrice ehe lanciò un chiodo della
Vera Croce nel Mar Adriatico per rendere i venti più favorevoli.
Secondo l'archeologo Salomon Reinach "il matrimonio 
con il mare" deiveneziani deriverebbe da un antico rito pagano,
 fatto proprio dalla Chiesa in epoca successiva.

La cerimonia aveva originariamente un carattere propiziatorio
con il mare (benedictio maris). Si svolgeva con una solenne
 processione di imbarcazioni, guidata dalla nave del doge
(dal 1253 il Bucintoro), che usciva dalla laguna attraverso la
bocca di porto del Lido. Qui, nelle acque antistanti la chiesa
dedicata a San Nicolò, patrono dei naviganti, veniva recitata
una preghiera affinché «per noi e per tutti i navigatori il mare
possa essere calmo e tranquillo»; successivamente il doge e gli
altri venivano solennemente aspersi con l'acqua santa, il resto
della quale veniva poi versato in mare mentre i sacerdoti
intonavano « Asperges me hyssopo, et mundabor».
Nel 1177, secondo la leggenda su cui si basa il mito di Venezia,
papa Alessandro III avrebbe conferito a questa antica cerimonia
un carattere di sacralità, come ricompensa per i servizi offerti da
Venezia nella lotta contro l’Imperatore Federico Barbarossa,
culminata nella battaglia di Salvore e la successiva Pace di Venezia.
Anche la cerimonia dell'anello ha origini leggendarie e risale forse
a un rito pagano. Ma la venuta a Venezia del 1177 ha fatto sì che
questo evento facesse codificare tutta la tradizione leggendaria per
scopi politici. Pertanto ogni anno il doge lasciava cadere un anello
consacrato nel mare, e con le parole «Ti sposiamo, mare. In segno
di vero e perpetuo dominio» dichiarava Venezia e il mare
indissolubilmente uniti, ribadendo il possesso sul mare Adriatico.
«Desponsamus te, mare. In signum veri perpetuique dominii..»
(Formula rituale dello Sposalizio di Venezia col Mare)

La cerimonia oggi

Dal 1965 il comune di Venezia organizza ogni anno, in occasione
della festa dell'Ascensione, una rievocazione storica dell'antico
sposalizio del mare.
Oggi la cerimonia è presieduta dal sindaco del comune di Venezia,
il quale a bordo della "bissona" Serenissima raggiunge insieme ad
un corteo di imbarcazioni la bocca di porto vicino alla chiesa di
San Nicolò del Lido, dove getta l'anello benedetto dal patriarca di
Venezia. Questa attrazione turistica è accompagnata da regate
in cui vengono indossati vecchi costumi tradizionali. Nel tesoro
della Basilica di San Marco è conservato un antico anello di un 
doge (non identificato) ripescato in tempi recenti e conservato a
testimonianza dell'antico rito..

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