XXXII.
CINA
74.Yang Lian
nasce nel 1955 a Berna, Svizzera,
da genitori, funzionari cinesi statali
dell’ambasciata
svizzera.
Torna
a Pechino dove pratica
una
costante dissidenza tanto da
essere
sottoposto alla rieducazione
col lavoro manuale.Fuggito dalla Cina
nell’
’83, in seguito al suo sostegno
al
movimento dell’’89,
gli
viene tolta la cittadinanza.
Attualmente
vive a Londra e insegna in Svizzera.
Yang Lian possiede una sua profonda coerenza stilistica,
considera la “tradizione come eterno presente” e la poesia
temi ricorrenti sono la lacerazione della materia, la sfilacciatura
del tempo destinato a sopravvivere senza memoria e la storia
sincronica, per cui passato e presente si confondono o non
esistono . Poesia difficile, perché
unica e al tempo stesso
universale.
Yang Lian sente da una parte il peso della sua lingua
permeata di cultura millenaria e la mette in dubbio,
dall’altra riconosce le potenzialità creative del cinese
che permette di sospendere il tempo convenzionale
e di creare spazi attraverso il coinvolgimento del lettore.
L’esilio è, dunque, strettamente
collegato alle sue riflessioni
sulla lingua: da poeta della Cina, è diventato poeta
in lingua cinese e infine un poeta che scrive–potremmo
dire- in Yang-cinese- inglese, un poeta cioè che inventa
una lingua personale per ogni poesia che scrive. Si può
ma l’esilio dalla lingua – ha detto- è un processo costante.
I poeti Menglong avevano voluto reinventare una lingua
per esprimere il nuovo pensiero, ma a metà degli anni ‘80
quella lingua era già un ammasso di macerie e anche Yang
Lian pensa che i potenti ideogrammi siano diventati
ormai “giocattoli per menzogne”, ma crede che una lingua
in rovina possa rigenerarsi. Sa che
ogni lingua è pericolosa,
il silenzio e che non basta più l’Io del poeta a ricrearla.
È necessario qualcosa di meno semplice.
Dopo gli anni ‘90, cominciano ad apparire nelle sue poesie
spazi bianchi; sono vuoti che esprimono lo scarto, la discontinuità,
come se la poesia dubitasse della capacità comunicativa della
lingua e si generasse proprio nel vuoto delle parole, “negli
interstizi dove la lingua inciampa tra significante e significato”[4]
poesie scritte durante il suo girovagare da esule, ed è strutturata
come in cinque cerchi concentrici che corrispondono alle cinque
parti in cui l’opera è divisa, pur essendo un lavoro unitario che
parte dalle tenebre iniziali per giu\ngere alla luce finale.
Come Bei Dao, anche lui pensa che il poeta debba essere freddo,
abbandonare un’emotività visionaria per giungere ad un intreccio
coerente, quello che Yang Lian chiama spazio
poetico, una forte
strutturazione spaziale per tenere
insieme - e svelare- la mutevolezza
della vita e il senso di spaesamento dell’esilio, originato anche dai ritmi
Secondo Yang Lian, " Il poeta deve cercare il luogo dove fermare
il mare, perché lì nascerà la poesia. Questo luogo lo troverà
nell’ultimo verso dell’ultima parte del suo poema:
“questa è la riva da dove mi guardo prendere il largo”
le sezioni del poemetto, è uno degli
echi ripetuti , uno dei tanti
dispositivi usati per la costruzione
dell’opera, strutturata come
una sinfonia musicale, che ruota
tutta attorno all’idea della possibilità
che il mare venga fermato. Per
fermarlo è necessario distaccarsene,
mettere da parte tutto ciò che il mare suggerisce alla nostra emozione
luogo, il dove, e
rappresenta “la presa di distanza del poeta dal suo
stesso testo”; il mare si ferma dove
il poeta si assenta e si assenta
proprio grazie alla sua esistenza di esule senza radici. Questa lo ha
la poesia come pensiero, anzi è
divenuto la condizione necessaria
per la sua esistenza. Non c’è
più il poeta e non c’è più un prima
o un dopo, un tempo specifico, ma una molteplicità di sincronie.
È la poesia il vero soggetto, la voce non è quella dell’autore, ma
del suo divenire, quando si assenta
dalla sua identità di autore. È
la poesia il luogo dove si incrociano molteplici situazioni al di là
del tempo. L’assenza del poeta (essere molti, essere
nessuno) è
generatrice di nuovi modi di parlare
e solo questa impersonalità
di linguaggio può rendere la poesia universale.
il verde è il più
crudele dei pugnali
ma un sogno è
abbarbicato come un crimine ai campi di ieri
abbarbicati alle
sedie di legno di ogni albero di pino
i morti
cominciano la scuola
colui che sogna
deve
seguendo una
primavera scorrere in questo fiume
seguendo il fiume battere la terza riva fra bianche ossa
questo bianco
amore né esistente né illusorio
eppure costringe
al rischio la rosa quotidiana
ti fa tornare al
passato in mezzo ad un incendio
una musica
eseguita fin dall'infanzia è sempre più spaventosa all'ascolto
ferita tenuta
fresca dell'oscurità come la stanza
della notte
anche una mano
premuta sul cuore ha un'eco
sempre più
vuota assediata dal fondo del fiume
solo in sogno
riconosce la malasorte che i poeti non
riescono a evitare
è la tua stessa malasorte
l'intera vita è
una notte ad occhi sbarrati
la terra che
vedi in sogno sprofonda incessantemente sotto i tuoi piedi
quando affonda
nella carne è profonda come la caduta
nel
vizio sulla terza riva nessuno che dorma o si
svegli
Per trovare se stesso il poeta deve, dunque,
estraniarsi dalla lingua, liberarsi dallo spazio e dal
tempo (e nella lingua cinese sappiamo che è possibile),
e realizzare la poesia in un mondo
atemporale.
L’atemporalità dei versi di Yang
Lian si riaggancia alla
grande tradizione della poesia cinese, in cui è tipico
ricreare l’effetto di cancellare il tempo attraverso il
decentramento o l’assenza dell’Io (in questo caso,
in esilio ) e di tutti gli Io del mondo. D’altronde, suo
poetica cinese nell’uso di
parallelismi, allegorie e tutto
quello che dona alla poesia un senso
musicale, il solo che
può aiutarci, come lettori, a
districare il significato di quei
versi difficili che rappresentano il
sovrapporsi di diversi
- afferma Yang Lian. La tradizione non va ignorata e collocarsi
nella tradizione, non vuol dire restaurarla. Vuol dire farla
rivivere individualmente. Ricrearla, per l’appunto.
E, dentro i confini cinesi, in che rapporto con la potente
tradizione culturale del paese si muove la ricerca della
nuova poesia? I poeti degli anni
Novanta e quelli della
nuova ondata di poesia d’inizio
millennio sono autori
che cercano indipendenza artistica e spirituale nel mondo
finora sconosciuto della nuova
economia di mercato
Dopo il 1989, il legame tra creazione e coscienza sociale,
ancora presente nei Menglong, scompare.
Al boom
economico del paese si accompagna una grande offerta
di possibilità editoriali e, nello stesso tempo, la scomparsa
dei sussidi statali spinge molti
artisti a produrre letteratura
commerciale o a lavorare nella pubblicità. La modernizzazione
sollecita, dunque, la formazione di una cultura di consumo
che rende, però, marginale l’influenza e la posizione degli
intellettuali nella nuova società cinese. Non ci sono movimenti
generazionali di artisti in rivolta,
ma personalità individuali
i cui versi esprimono l’incertezza,
l’esitazione, la confusione,
il rigetto degli ideali comunisti e
contemporaneamente il
disgusto per la cultura di massa. I nuovi poeti sentono la
necessità di raffinare i propri
atteggiamenti teorici e
cercano un rinnovamento linguistico che superi sia l’oscurità
e il formalismo dei Menglong, sia la
lingua semplificata dei
poeti degli anni ‘80. Sperimentano, così,
una poesia caratterizzata
talvolta da segni linguistici complessi,
frammenti e da uno stile
narrativo, che ingloba e sintetizza
nuovi ambiti lessicali e inflessioni
dialettali.Oggi, il poeta cinese globalizzato non si identifica più con
la propria terra, ma neanche instaura più un rapporto di dipendenza
con la cultura occidentale. I suoi legami con il contemporaneo
sono stretti, e qualcuno di loro propone addirittura di “scrivere con
il corpo”. Eppure non mancano riferimenti inconsci e agganci alla
tradizione.
[1] Vedi conversazione con Gao, già
citata.
[2] Cfr. Sabrina Merolla, Toccare il limite e superarlo,
intervista a Y.L. del 24/06/2004: essere al margine non vuol dire rimanere in
equilibrio tra due mondi, ma ’esilio vuol
dire toccare il limite e superarlo’.
[3] Cfr. Yang Lian, Masks and
crocodiles(Maschere e coccodrilli), raccolta di poesie in cinese e loro
traduzione in inglese,a cura di Mable Lee, Wild Peony Press, University of
Sidney, Australia, 1990.
[4] Cfr.Claudia Pozzana, La
poesia pensante.Inchieste sulla poesia cinese contemporanea, Quodlibet
studio,2010.
[5] Negli anni 1992-93.
[6] E’ vissuto in USA, Australia,
Nuova Zelanda.
[7]
In posizione finale secondo la costruzione della frase cinese.
[8] In cinese ‘mare delle parole’
vuol dire ‘dizionario enciclopedico’.
[9] In tutto il poema, il pronome
personale ‘io’ compare raramente e solo in funzione di complemento oggetto
(cfr. Pozzana, op.cit.)
[10]
Yang Lian, “Sogno o la terza riva del fiume”, da Prima parte
di Tenebre, Dove si
ferma il mare, a cura di Claudia Pozzana, Libri Scheiwiller - Playon. 2004
[11] Cfr. pag 302, “internazionale locale”, 11/10/2003,
trad. Anna Secher, in Dove si ferma il
mare, op.cit.
[12] “quando non capisci, ascolta”
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