sabato 5 settembre 2020

XXIX .CUBA 65.Nicolas Guillèn.a.Il nero mare







XXIX .CUBA

65.Nicolas Guillèn

nasce a Camaguey nel 1902.Costretto a interrompere
gli studi per la morte del padre, lavora come giornalista
e tipografo. Durante la guerra civile spagnola, combatte
con i combattenti repubblicani; aderì al Partito comunista.
Dal 1953 al 1958 visse in esilio, soprattutto a Parigi. Di ritorno
a L'Avana dopo la caduta di Batista, nel 1959, fu eletto
presidente dell'Unione nazionale degli scrittori di Cuba.
Muore a L’Avana nel 1989.


a.Il nero mare

La notte livida sogna
sopra il mare;
la voce dei pescatori
bagnata nel mare;
spunta la luna grondante
dal mare.

Il nero mare.

In mezzo alla notte un son,
sta arrivando nel golfo,
in mezzo alla notte un son.
Le barche lo vedono passare,
in mezzo alla notte un son,
incendiando l’acqua fredda.
In mezzo alla notte un son,
in mezzo alla notte un son,
in mezzo alla notte un son...

Il nero mare.

—Ah, mulatta d’oro fino,
ahi, mia mulatta
d’oro e d’argento,
con rosolacci e zagare,
ai piedi del mare maschio e vorace,
ai piedi del mare.

Nicolas Guillen,” Il nero mare”
da In qualche punto della primavera,
in  Poesie d’amore, a cura di Dario Puccini,
Feltrinelli, UE, 1975.

        Si dice che i Caraibi siano un solo paese, diversi e uguali
nella loro condivisione dell’eredità coloniale e del meticciato
culturale,che è la loro caratteristica più rilevante. La comune
aspirazione di recupero della propria identità storica e umana,
come sappiamo, ha sviluppato, nel tempo, in tutta l’area, una
letteratura locale di grande originalità -insieme ad altre forme
espressive, come la musica e il teatro, altrettanto originali.
Cuba, però, è stata per tutti i paesi della regione  un punto di
riferimento essenziale, politico e culturale,  molto prima che
fosse essa stessa dichiarata ufficialmente indipendente*, ma
soprattutto, continuò a esserlo durante le lotte per l’indipendenza
guidate da Josè Marti*, l’eroe-poeta che inviava agli altri
cospiratori  i suoi messaggi  avvolti in foglie di tabacco. Suoi
i versi della canzone  che è ancora oggi la più popolare dell’isola
o forse di tutto il Caribe ispanico, “Guantanamera”*.
Tuttavia, ancora tra gli anni venti e trenta del secolo scorso,
la presenza sempre più evidente degli Stati Uniti nell’isola
aveva determinato un enorme senso di frustrazione e ispirato
una letteratura fortemente intimista. Fu allora che si levò la
forte nota identitaria della poesia creola e meticcia  di Nicolas
Guillèn. I suoi versi  parlarono subito al cuore dei cubani. E non
solo. È ancora oggi, infatti, un  poeta profondamente amato da
tutti i caraibici.Discendente egli stesso da uno schiavo,cantava
il dramma dello sfruttamento dei macheteros nelle piantagioni
di canna da zucchero e produceva  opere ispirate al folklore
cubano e ancorate ai temi latino-americani. Un mulatto che
interpretava l’anima e la storia dei negri*, ora schiavi degli
Americani che avevano trasformato l’isola in bordello, e che,
ubriachi di aguaardiente,affollavano  le strade dell’Avana in
cerca di spacciatori di cocaina.  Quando cominciò a scrivere,
si vergognava ancora dei suoi lineamenti negroidi, e le sue
poesie erano come canzoni,  accompagnate da tamburi. Le
chiamava poesie-son*, con i loro versi dalla cadenza sincopata
e mescolati ad elementi di poesia surrealista, un po’ magiche
e visionarie, un incontro casuale di ritmi e sberleffi, che
ricordavano i canti del sottoproletariato nero o mulatto,
pieni di sensualità e richiamo costante per turisti danarosi:
Le scenette narrate si tramutavano talvolta in protesta contro
le compagnie dello zucchero americane, oppure si tingevano
di malinconia, o diventavano versi di desiderio e ottenebrante
passione, come in questo canto per la sua donna, calda e
luminosa, in un freddo e silenzioso pomeriggio di pioggia :

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