XXXIII.SENEGAL
75.Léopold Sédar Senghor
nasce da agiata famiglia a Joal, poche centinaia di chilometri
a
sud di Dakar,Senegal, nel 1906 e muore a Verson, Normandia,
Francia, terra natale
della moglie, nel 2001.
Son rimasto a lungo,e
ruminando i miei pensieri i tuoi pensieri
Cantando le tue ultime
parole, e il sorriso del fazzoletto,
Mi sono svegliato nelle gole dei tuoi profumi
fruscianti, squisiti.
Io mi sono svegliato sotto la pioggia tiepida,
stanotte
Nella notte delle mie angosce, fra le pantere alate
gli squali anfibi
I granchi gialli che precisamente mi mangiavano il
cervello
La tua voce di bronzo e di giunco, la tua voce d’olio
e di bimbo
Come il sole risuonava al mio vetro,nella frescura del
mattino.
E salivano intorno,facendo sgorgare luce
dall’ombra,bianchi e rosa i tuoi odori
di gelsomino selvatico: il Feretia apodanthera
Che nella notte le mie lacrime avevano irrorato.
Va anche ricordata l’importanza fondamentale per la sua emozione,
che
era in questa parola-universo:il paesaggio.Costituisce per lui infatti un
piano
da cui far rimbalzare l’investigazione
dell’Uomo. Così può tessere
le
trame delle allusioni[2].Mi
piace ancora una volta sottolineare la diversa
reazione
rispetto al paesaggio dei due amici fraterni: tanto solare e lirico
Senghor, con venature anche nostalgiche, perfino
quando ci immerge in
paesaggi
del Nord – Europa[3], quanto
critico, aggressivo e epigrammatico
Césaire,
che vede nell’immagine oleografica da cartolina della sua isola,
diffusa
in Europa, un ulteriore sfruttamento menzognero del colonizzatore.
Ad
es.la parola mare che a Césaire non può che ricordare la condizione
miserabile
in cui la colonizzazione tiene la sua isola ,per Senghor non può
non
essere uno degli elementi che compongono
il Paesaggio della cui
importanza
per le sue emozioni ha più volte detto.
Un’altra
parola importante è il colore Nero
che non accompagna che
un’idea
di perfezione estetica e di
glorificazione.
E
ancora Sangue che è principio di
trasmissione della vita Elemento
fondamentale,
dunque, irriducibile dell’uomo fedele alla sua stirpe e
fiero di esserne un pollone sempre vivace e
vitale. ”La mia linfa vitale –
dirà
Senghor – è un vino vecchio che non inacidisce, non il vino di
palma
d’un giorno”.
E
infine cuore, sole, occhio, terra, leone
e baobab - emblemi del Senegal –
termini
tutti tangibili, che assicurano alla sua poesia una struttura fisica,
fondendo
il tutto in un amalgama di Africanità”.
[1] Léopold Senghor,”Mi sono svegliato”, dalla raccolta Lettres
d’hivernage -1972 - in ‘Argument’:Je me suis reveillé, in
Poèmes di Léopold Senghor,Op.Cit. La traduzione dal francese
è di Maria Gabriella Bruni.
[2]Cfr. Senghor:” ...L’orrore era
allo zenit …”, allusione allo spavento dei pastori all’ora degli Spiriti, in
cui appaiono loro i miraggi.
[3] Cfr. Ethiopiques: ’Epistole alla
Principessa’, prima citata – 1956 – dove ogni testo è accompagnato
dall’indicazione dello strumento da utilizzare.
Mi scuso con i miei amici lettori se nei prossimi giorni troveranno qualche irregolarità e complicazione nella pubblicazione dei post.
RispondiEliminaE' stata cambiata l'interfaccia che non solo è dispersiva e molto meno articolata della precedente,malgrado le apparenze,ma non c'è verso di individuare l'icona "pubblica"e quella "aggiorna"è decisamente bloccata.Le date dunque sono opinabili e la programmazione non sono sicura che funzioni a dovere,normalmente.Maria Gabriella Bruni.