venerdì 26 giugno 2020

I.ITALIA.15.Mario Luzi e-Natura.









I.ITALIA

15.Mario Luzi (1914-2005)
acque a Sesto Fiorentino. Compiuti gli studi classici
e laureatosi in letteratura francese, entrò giovanissimo
nella vita culturale fiorentina frequentando critici e
letterati (Carlo Bo, Piero Bigongiari, Alessandro Parrochi) 
con i quali diede vita alla corrente poetica dell’Ermetismo
e animò le riviste “Frontespizio” e “Campo di Marte”.Nel
dopoguerra, corrispondente alla sua migliore fase creativa,
Luzi si discostò progressivamente dai toni introspettivi,
rarefatti e talvolta oscuri dell’Ermetismo a favore di una
riflessione poetica più aperta e comunicativa sul rapporto
dell’individuo con la realtà quotidiana, sociale e storica,
ma anche con l’eterno e l’assoluto. Nell’ultima fase della
sua produzione, Luzi si avviò verso una strenua ricerca
spirituale e metafisica,
Nel 2004 Luzi fu nominato senatore a vita e morì l’anno
dopo a Firenze, dove aveva sempre vissuto. A proposito 
della sua ricerca poetica, ha affermato nel 1998: “È un 
grande lavorio per conoscersi rispetto ad un mondo che 
rimane sempre un mistero, celato nella sua magnificenza
e nei suoi abissi. Comunque, la mia poesia è più ricca di
interrogazioni che di affermazioni”.

e-Natura

La terra e a lei concorde il mare
e sopra ovunque un mare più giocondo
per la veloce fiamma dei passeri
e la via
della riposante luna e del sonno
dei dolci corpi socchiusi alla vita
e alla morte su un campo;
e per quelle voci che scendono
sfuggendo a misteriose porte e balzano
sopra noi come uccelli folli di tornare
sopra le isole originali cantando:
qui si prepara
un giaciglio di porpora e un canto che culla
per chi non ha potuto dormire
sì dura era la pietra,
sì acuminato l’amore.

Da La Barca (1935)


Terra, acqua, fuoco (fiamma) e aria (i passeri che fluttuano)
gli elementi che strutturano il componimento: nell’ambito  
di una terzina il poeta ci precipita nel vortice abissale della
Natura. A prevalere è certamente l'acqua, rappresentata 
com’è dalla distesa infinita del mare citato ben due volte 
nel volger di due versi: il più avvolgente,il più abissale, il 
più coinvolgente simbolo di movimento e profondità.
 L'acqua è vita, ed è come se tutto permeasse, dal cielo
alla terra,riesce ad  intridere tutto: anche la morte che 
 non è alla fine altro che un aspetto della vita stessa, e quei
 corpi socchiusi alla vita e alla morte, sembrano corolle di fiori
 notturne in attesa di nuove linfe e nuovi mattini,che imprimono
gioia al mare proprio come il cinguettare e lo stormire degli uccelli 
e i raggi inargentati della luna.
In effetti il segreto ultimo ed originario della Natura rimane però
nascosto e inafferrabile: il canto del poeta cerca di riscoprire il 
fulcro originale della vita, volando come un uccello folle e instabile,
creatura indistinta rispetto ai passeri del primo verso. Perché è’ 
proprio l'indistinto che sembra cercare il poeta, la possibilità di 
confondersi con la piena immersione nella Natura. Indistinto già
presente anche nei suoi termini ultimi e contraddittori, ma che ha 
bisogno di essere detto, cantatato. Si parla dell'uomo che non ha
riposo, quello che cerca il verso che faccia fiorire l'armonia, l'uomo 
che insegue le sue passioni che si infrangono contro lo zoccolo 
duro  dell'essere, onfrangilbile come pietra, l'uomo ferito che 
ancora sanguina, ma che non rinuncia a cercare un giaciglio che
sarà porpora, rosso come il suo sangue, perché l'uomo non è altro
dalla Natura: è la Natura stessa che mai doma, insonne e inquieta 
cerca se stessa, la parola per dirsi o per perdersi, che poi è lo stesso,
e quella parola è canto che culla, canzone e movimento d'ali, un 
recupero della coscienza che scopre l'incoscienza, la vita, tutta la
vita che perpetuamente si intona romanze d'amore.

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