I.ITALIA
14. Eugenio Montale
Poeta italiano, premio
Nobel.
Muore nel 1981 a Milano.
Terminata
la prima guerra mondiale Montale inizia a frequentare
i circoli
culturali liguri e torinesi. Nel 1927 si
trasferisce a Firenze
dove collabora con l'editore Bemporad. Nella capitale toscana gli
anni precedenti erano
stati fondamentali per la nascita della poesia
italiana moderna.
Scendendo qualche volta
gli aridi greppi
ormai divisi dall'umoroso
Autunno che li gonfiava,
non m'era più in cuore la ruota
delle stagioni e il gocciare
del tempo inesorabile;nema bene il presentimento
di te m'empiva l'anima,
sorpreso nell'ansimare
dell'aria, prima immota,
sulle rocce che orlavano il cammino.
Or, m'avvisavo, la pietra
voleva strapparsi, protesa
a un invisibile abbraccio;
la dura materia sentiva
il prossimo gorgo, e pulsava;
e i ciuffi delle avide canne
dicevano all'acque nascoste,
scrollando, un assentimento.
Tu vastità riscattavi
anche il patire dei sassi:
pel tuo tripudio era giusta
l'immobilità dei finiti.
Chinavo tra le petraie,
giungevano buffi salmastri
al cuore; era la tesa
del mare un giuoco di anella.
Con questa gioia precipita
dal chiuso vallotto alla spiaggia
la spersa pavoncella.
(Eugenio Montale, Ossi di Seppia/Mediterraneo)
Dopo aver stabilito un rapporto uditivo-visivo con il mare,
nel terzo movimento di Mediterraneo l'io lirico descrive
la
sua descensio fino al contatto con
esso. Gli elementi pregnanti
del paesaggio sono quelli collinari poiché le
colline,ultimo
baluardo prima del mare, diventano il varco da oltrepassare
per
giungere finalmente alla vita e alla libertà,
di cui fino a
questo movimento si avvertono segnali precursori di
una
eccitazione più o meno intima, dell'io lirico. Terminato lo
stillicidio
rappresentato dalla “ruota | delle stagioni” (cioè il
trascorrere delle
stagioni stesse, nella fattispecie quelle
piovose), l'io lirico è finalmente
giunto al periodo più
vitalistico di tutti, caratterizzato dall'unione con il
mare.
La sua volontà è quella di lasciarsi l'aridità alle spalle e
procedere
verso un atto di unione, già anticipato dalle
personificazioni dei movimenti
precedenti, le quali ben
confondono la linea di demarcazione tra
umano e naturale.
Il cammino procede verso
il basso, con una velocità
progressiva
che aumenta tanto quanto aumenta la brama
di unirsi al mare. La natura che
circonda il sentiero rivolto
alla spiaggia incarna una volontà panica e assume
un volto
umano, grazie alla personificazione:
i massi sono protesi
verso il mare, come a sognarne l'abbraccio, il canneto dà
il
suo assenso all’unione con la natura. Allo stesso modo, l'io
lirico trasale
non appena giunge alle sue narici il profumo
della salsedine marina: l'acqua è
vicina, tanto vicina che ne
si percepisce la “vastità”, la quale ristora
“l'immobilità dei finiti”.
La lirica si chiude, poi,
con l'apparizione della “spersa pavoncella”,
un altro volatile usato come emblema dell'io lirico, nonché chiaro
segno della tensione
verso il mare, cioè la libertà. Proprio come le
frenetico di
aderire alla vita, in
particolar modo perché fugge dal
“chiuso vallotto”.
Metro:
trentuno versi con prevalenza di versi brevi quali settenari,
ottonari e novenari. La rapidità impressionistica dei versi
allude, probabilmente, alla precarietà di cui il contenuto parla,
nonché alla frana che corre veloce per i pendii delle colline, la
cui idea è indubbiamente rinforzata dagli enjambements. È
presente una sola rima vera e propria: “anella : pavoncella”,
la quale conchiude la poesia e ne riprende il tessuto fonico,
riassumendo i suoni a cui spingevano i lessemi più pregnanti
degli ultimi versi (come “vallotto” e “pavoncella”).
Forse per Montale è
opportuno precisare con una serie di note
il lessico ,spesso prezioso e raro,e la sintassi,spesso
inconsueta
nell’uso corrente ,quindi di difficile traduzione per i miei amici
lettori sparsi negli angoli più diversi del pianeta.
3.
ormai divisi
dall'umoroso
5.
non m'era più in
cuore la ruota
6.
delle
stagioni e il gocciare
8.
ma bene il presentimento
10.
sorpreso nell'ansimare
13.
Or, m'avvisavo, la pietra
14.
voleva
strapparsi, protesa
16.
la dura materia
sentiva
18.
e i ciuffi delle avide canne
19.
dicevano all'acque nascoste,
21.
Tu vastità
riscattavi
22.
anche il patire
dei sassi:
23.
pel tuo tripudio era giusta
25.
Chinavo
tra le petraie,
26.
giungevano buffi salmastri
29.
Con questa gioia precipita
32.
1.
Calando
a valle, ogni tanto,
2.
per le colline aride
3.
ormai lontane dal
piovoso
4.
autunno che le rendeva cariche di pioggia,
5.
non mi importava
più così tanto il susseguirsi
6.
delle
stagioni e il trascorrere
7.
inesorabile del
tempo;
8.
ma fortemente
il pensiero
9.
di te mi
rendeva colma l'anima,scoperto nei venti che spirano
10.
nell'aria, prima ferma,
11.
sui massi che costeggiavano il sentiero.
12.
In questo
momento, mi accorgevo, le rocce
13.
volevano
staccarsi dalla terra, aspiranti
14.
ad un abbraccio
invisibile:
15.
la sostanza dura
avvertiva
16.
che i gorghi
marini erano vicini, e ardeva di desiderio;
17.
e i ciuffi delle
canne assetate
18.
comunicavano agli stagni nascosti (nella
laguna),
19.
mossi
dal vento, un cenno di assenso.
20.
Tu, vasta
creatura,
21.
anche la
sofferenza delle rocce:
22.
perché la tua felicità esistesse era giusta
23.
l'immobilità a
cui ciò che ha una fine è
obbligato.
24.
Scendevo tra le pietraie,
25.
arrivavano ventate che sapevano di salsedine
26.
al mio cuore; le
mandava la distesa
27.
del mare, piena di gorghi marini.
28.
Con questa
contentezza scende
29.
dalla valle cinta dalle colline fino
alla spiaggia
30.
la pavoncella che
si era persa. persa.
31.
1
Scendendo: inizia qui l'effettiva descensio dell'io lirico verso la spiaggia. La lontananza dal mare, ben esplicitata
nelle liriche precedenti (A vortice s’abbatte e Antico,
sono ubriacato dalla voce), viene accorciata sempre di più
in un moto, quasi dovuto dalla forza di attrazione, rivolto
alle sublimi distese marine, per giungere alle quali si deve
attraversare un sentiero preciso.
2 Greppi: come le “lunghe secche” del primo movimento,
indicano il paesaggio sterile per cui l'io lirico è costretto a
viaggiare. Con “greppi”, cioè i versanti delle colline rese
incandescenti dal sole e private di vitalità, Montale ricorre
ad un preziosismo letterario e lo usa per indicare la particolarità
del sentiero che porta al mare, scosceso, pendente e secco,
come la Liguria di Meriggiare pallido e assorto.
3 Gonfiava: l' “umoroso Autunno”, con l'influenza dannunziana
che la maiuscola personificante suggerisce, è la stagione delle
piogge, durante la quale i pendii delle colline vengono attraversati
dai rigagnoli di acqua piovana (e quindi “gonfiati”). La stagione
della lirica è molto probabilmente l'estate, dalla quale gli “aridi
greppi” sono “divisi”, cioè separati, nonché costretti a vivere
nell'arsura della siccità.
4 Inesorabile: l'io lirico inizia a considerare, confessandosi, la
potenza del mare: questo è talmente vitalistico che l'io non può
che pensare ad esso durante la discesa che lo porterà alla spiaggia,
dimenticando i due spunti di pensiero che gli sovvengono
attraversando le colline. Il tempo che passa, quindi l'angoscia
esistenziale per l'effimerità caduca della vita, è espresso dalla
“ruota delle stagioni” e dall'onomatopeico “gocciare”, entrambi
metonimie che rimandano alle stagioni piovose.
5 Anima: da notare è il centro pulsante della lirica, cioè il “presentimento”: l'ammirazione dell'io lirico per il mare è tanto forte da farlo palpitare pensando di congiungersi finalmente ad esso, di fondersi e diventarne parte. Come un desiderio amoroso, l'io lirico sogna continuamente il mare, ed ogni richiamo di questo lo fa fremere nell'attesa della loro unione (paragonabile a quella fallita presente in Arsenio).
6 Immota: quasi in una regressione alla fanciullezza (per cui cfr. I limoni o Fine dell’infanzia), l'io lirico prova una sensazione di trepidante attesa mentre sta per arrivare alla spiaggia, tanto da notare un cambiamento dell'aria stessa (la quale potrebbe potenzialmente essere “di vetro”, come in Forse un mattino andando): è questa che sconta l'attesa dell'io, movimentandosi e lasciando lo stato di stallo, dovuto alla calura, grazie al vento marino e all'odore della salsedine.
7 Cammino: essendo i versanti delle colline aridi, non possono mancare ai loro fianchi delle pietre. Più che rimandare agli scogli, la pietra (ed il ciottolo) assume una valenza propria e diventa un preciso correlativo negli Ossi. Qui, le rocce formano le ostiche “pietraie”, cioè il sentiero scosceso che l'io lirico deve discendere per raggiungere la propria meta.
8 Abbraccio: ecco che emerge la seconda caratterizzazione della pietra. Qui intesa come ciottolo, rappresenta una parte della natura che tende verso il mare, proprio come l'io lirico è in procinto di fare. La personificazione dell'oggetto aumenta il dinamismo della scena e suggerisce un'identificazione con il soggetto osservante; per di più, l'“abbraccio” con il mare, anch'esso personificatorio, sottintende una riconciliazione quasi materna.
9 Pulsava: continua la personificazione-identificazione dell'io lirico con il pietrame, ed entra qui in gioco il “gorgo”, che diverrà centrale nei versi successivi. Sintomatico del mare, il mulinello è la meta che la pietra, ora animata dal desiderio, brama raggiungere, così come l'io lirico stesso, quasi ipnotizzato (coerentemente al secondo movimento, Antico, sono ubriacato dalla tua voce).
10 Assentimento: da notare l'immagine delle canne, ricorrente negli Ossi e di norma utilizzata per rimandare metaforicamente all'immagine umana. Qui rappresenta una parte della natura, personificata, che tende al mare, del quale vorrebbe nutrirsi tanto e tanto ancora, scuotendosi in cenno di assenso compiaciuto (il cui movimento farraginoso ed irregolare è forse convogliato dalla coordinazione per asindeto). In questa immagine è importante notare la propensione di Montale ad una metaforizzazione vegetale, di chiara ispirazione dantesca e anche dannunziana, che confonde l'universo umano e quello botanico (ritornerà anche in Arsenio).
11 Finiti: da notare è il panismo sotteso a questa frase. Il mare, nel suo muoversi in continuazione, è talmente vivo (quindi personificato) e vitalistico che i sassi vedono la loro condizione immobile, quasi impotente, riscattarsi nel principio del mare stesso (alla stregua delle canne, le quali si animano grazie alla vicinanza con l'acqua). In altre parole, la contemplazione del mare, continuamente in movimento e cambiamento, è in grado di dare sollievo a ciò che è costretto all'“immobilità”, permettendo così una sorta di riscatto di essa, di cui i “sassi” sono l'esempio.
12 Cuore: si configura di nuovo, qui, il sentimento di trepidazione che il mare provoca nell'io lirico. Come un percorso verso una precisa meta che ad ogni passo velocizza il respiro (quasi spezzandone il fiato) e scuote fortemente il viandante, i primi movimenti di Mediterraneo ricreano questa sensazione estatica, espressa in questo verso dalle folate di vento profumate di salsedine che indicano la vicinanza del mare e che, metonimicamente, giungono direttamente al “cuore”. Nel terzultimo verso, questa trepidazione verrà definita come “gioia”.
13 Anella: gli “anella” non sono altro che i gorghi marini che si creano con le correnti, mentre il loro “giuoco” allude al loro continuo turbinio sulla superficie marina. Quasi come il fanciullino pascoliano, l'io lirico osserva il fenomeno stupefatto e si delizia dello spettacolo, il quale implica la contemplazione del vitalismo del mare (restituita dall’espressionismo linguistico).
14 Spiaggia: da notare è il motivo di reclusione qui presente: il “chiuso vallotto”, emblematico anche di altri momenti degli Ossi (come, ad esempio, Fine dell'infanzia), rappresenta la chiusura opposta all'immensa apertura del mare. Più che di “chiusura”, sarebbe giusto parlare di “copertura”: la valle è ostacolata da formazioni montuose o collinari, le quali formano un varco che deve essere oltrepassato per accedere alla spiaggia e al mare. Per l’elemento della chiusura/copertura, cfr. invece I limoni (“Quando un giorno da un malchiuso portone / tra gli alberi di una corte”).
15 Pavoncella: come le “ghiandaie” del primo movimento, la “pavoncella”, seconda specie di volatile che si incontra nel poemetto, viene eletta come simbolo naturale di un pensiero del poeta. Essa simboleggia il percorso liberatorio, la descensio alla spiaggia che conduce al mare e alla libertà (convogliata dal veloce slancio degli enjambements). Da notare è che la pavoncella è “spersa” e che soltanto grazie al richiamo del mare ritrova la forza per scendere velocemente (“precipita”) dai versanti collinari. Ultimo dato a cui fare attenszione, infine, è la propensione all’ornitologia, che Montale deriva probabilmente da Pascoli, senza però dimenticare l’attenzione leopardiana ai volatili. su Ossi di Seppia
Gran parte dei materiali relativi ai componimenti montaliani
qui presentati è dovuta alla lettura
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