giovedì 11 giugno 2020

I.ITALIA 14.Eugenio Montale.a.A vortice s’abbatte






I.ITALIA

14.Eugenio Montale

Poeta italiano, premio Nobel
Nasce nel 1896  a Genova.
muore nel 1981 a Milano.
Terminata la prima guerra mondiale Montale inizia a frequentare
i circoli culturali liguri  e torinesi. Nel 1927 si trasferisce a Firenze
dove collabora con l'editore Bemporad. Nella  capitale toscana gli
anni precedenti erano stati fondamentali per la nascita della poesia
italiana moderna.

a.A vortice s’abbatte

Sul mio capo reclinato
un suono d’agri lazzi.
Scotta la terra percorsa
da sghembe ombre di pinastri,
e al mare là in fondo fa velo
più che i rami, allo sguardo,
l’afa che a tratti erompe
dal suolo che si avvena.
Quando più sordo o meno il riboliìo dell’acque
che s’ingorgano
accanto a lunghe secche mi raggiunge:
o è un bombo talvolta ed un ripiovere
di schiume sulle rocce.
Come rialzo il viso, ecco cessare
i ragli sul mio capo; e via scoccare
verso le strepeanti acque,
frecciate biancazzurre, due ghiandaie.


(Eugenio Montale, Ossi di Seppia/Mediterraneo)

Il poemetto Mediterraneo, subito conseguente alla sezione Ossi di seppia 
ed articolato in nove “movimenti”, è l'omaggio più bello che Montale  
abbia offerto  al mare nostrum  nella sua raccolta poetica.
Nella prima sezione, il poeta introduce il soggetto privilegiato con un 
moderato espressionismo linguistico, con preziosi termini incastonati 
su frasi dalla sintassi aulica. Sintomatica sin dal primo momento è 
l'apparizione irruenta della natura, rappresentata da striduli suoni
misteriosi dell'io lirico. Questi non può che ascoltare i rumori che lo
 circondano, e lo fa  con assoluta attenzione:è probabile che siano proprio
 gli “agri lazzi”, posti in apertura, a suggerirgliil pensiero della lirica. 
Il “capo reclinato”, comunque, osserva cosa c’è sottoil cielo, luogo non
ancora sondato dal suo sguardo.Al suo opposto,in basso  c’ è una terra 
quasi desolata: riscaldata eccessivamente dal calore del soledi mezzogiorno,
che  mostra le ombre di pini spettinati, sensazioni di un paesaggio sterile e
 sciupato. Nell'osservarle, l'io lirico rifugge il paesaggio guardando “là in
 fondo”, dove sta ciò che egli sente davvero vivo: il mare. Da lui 
sopraggiungono i rumori, di cui l'io lirico ascolta i dettagli- dopo aver
percorso le gole costiere a ritroso-spinti dai venti che soffiano dal mare 
verso l'entroterra. La concentrazione scrupolosa sui rumori dà sollievo
all'io lirico,che ora si sente capace di rialzare il capo e guardare il cielo. 
Quasi a ringraziarlo  per quel suo gesto volitivo, la natura si manifesta 
nel volo di due ghiandaie,che sfrecciano verso il “fondo” là dov’ è il mare.
Proprio da qui parte l'iter montaliano di questo poemetto. E’ qui che sono
chiarite le posizioni di partenza: da un lato l'io lirico, costretto alla calura e
all'aridità; dall'altra, separato, il mare, che risuona tanto forte da raggiungere
la lontananza da cui l'io lirico lo ascolta. Sfondo di tutto questo è la natura,
madre e matrigna “leipardiana"dipinta ora con un lessico dantesco ora 
dannunziano tramite veloci pennellate pascoliane con la quale l'io lirico
aspira a riconciliarsi in omaggio al dio Pan.

Metro: diciassette versi con prevalenza di endecasillabi, notevole presenza
di versi brevi come settenari, ottonari e novenari. Il puntuale ritorno sulla
vibrante /r/ aiuta a rendere fonosimbolicamente l’arsura; a questo è da
aggiungere il periodare lungo ed estenuante, rafforzato dall’alternanza di
versi lunghi e versi brevi,quasi a voler  richiamare  la stanchezza dell’io 
lirico.

Forse per Montale è opportuno precisare con una serie di note il lessico ,
spesso prezioso e raro,e la sintassi,spesso inconsueta nell’uso corrente ,
quindi di difficile traduzione per i miei amici lettori  sparsi negli angoli
più diversi del pianeta.
1.     A vortice-1 s'abbatte
2.     sul mio capo reclinato
3.     un suono d'agri lazzi.
4.     Scotta -2 la terra percorsa
5.     da sghembe ombre di pinastri -3,
6.     e al mare là in fondo -4 fa velo
7.     più che i rami, allo sguardo, l'afa -5 che a tratti erompe
8.     dal suolo che si avvena -6.
9.     Quando più sordo o meno il ribollio dell'acque
10.           che s'ingorgano -7
11.           accanto a lunghe secche mi raggiunge -8
12.            è un bombo talvolta ed un ripiovere
13.           di schiume sulle rocce -9.
14.           Come rialzo il viso -10, ecco cessare
15.           i ragli sul mio capo; e scoccare
16.           verso le strepeanti acque,
17.           frecciate biancazzurre, due ghiandaie -11.
1.     Si abbatte vorticando
2.     sulla mia testa rivolta in giù
3.     un suono di versi acuti e striduli.
4.     È bollente la terra su cui si proiettano
5.     le ombre storte di pini avvizziti,
6.     e cela (allo sguardo) la vista del mare laggiù in fondo,
7.     di più rispetto ai rami, l'afa che a tratti erompe
8.     dal suolo che si disidrata.
9.     A volte più lieve e a volte più forte il fragore dell'acqua
10.                       che gira formando dei gorghi
11.                       passando lungo i costoni di roccia arriva fino a me:
12.                       produce anche un tonfo, a volte, ed il posarsi
13.                       della schiuma marina sugli scogli.
14.                       Non appena rialzo il volto, ecco che non battono più
15.                       i raggi del sole sulla mia nuca; e volano veloci
16.                       verso l'acqua che produce uno strepito,
17.                       come formando scie bianche e azzurre, due ghiandaie.

1 Vortice: il moto circolare, nella fattispecie vorticoso, è il movimento 
tipico  della natura ligure del Montale degli Ossi di seppia, e deriva 
molto probabilmente dal moto dei gorghi marini. In questo caso, si
 riferisce al movimento delle due ghiandaie, segnale privilegiato del
mondo naturale.
2 Scotta: la terra ligure del Montale degli Ossi di seppia è descritta 
molto  spesso nel momento della giornata in cui il caldo è più soffocante,
quando  il sole è nel punto più alto del cielo. Durante queste ore, il
paesaggio sembra ribollire per il caldo, inaridendosi al massimo e 
diventando incandescente; a causa di quell'afa soffocante,forma inoltre 
una leggera coltre di nebbia, pesante e immobile.
3 Pinastri: l'immagine, quasi raccapricciante, è uno dei prodotti più
 notevoli dell'arsura montaliana. Da notare è il fonosimbolismo che
 la ripetizione della lettera /b/ e della lettera /r/ generano, configurando  
 ombre storte proiettate a terra e pini aridi dalla chioma insolitamente
 in disordine. 
4 Fondo: da notare è la collocazione del mare: “là in fondo” segna la 
fine della discesa intrapresa dal poeta in Mediterraneo, la quale c
oincide con la spiaggia e l'immediata prossimità del mare, al momento 
lontano. La lontananza è accentuata nei versi subito successivi: il motivo
 del “velo” di rami,quasi un sipario che impedisce la vista (presente anche
 in Meriggiare pallido e assorto) rinforza l'idea di lontananza, la quale 
porta ad un'osservazione distorta.
5 Afa: si richiama il soggetto della nota 2, espresso qui tramite una 
metafora per cui tanto è il caldo che, manifestandosi sotto forma di 
nebbiolina, sembra comporre uno schermo che rende velata la  del mare.
6 Avvena: in quest'ultimo periodo, spezzato dell'enjambement  viene
descritto l’aprirsi del terreno per la formazione di crepe a causa del 
caldo ardente. In particolare, “erompedescrive etimologicamente lo
 sfaldarsi della terra e la fuoriuscita del calore da essa; in “avvena”, 
invece, è possibile vedere una sorta di personificazione che ci richiama 
il corpo umano e i vasi sanguigni che lo percorrono.
7 Ingorgano: oltre ad ingorgarsi, l'acqua del mare “ribolle” dantescamente
e produce dei suoni (qui trasposti fonosimbolicamente dal ritorno della
/r/), assumendo una connotazione irrequieta e piena di vita. Particolare
la disposizione all'interpretazione della persona parlante: quasi come un 
attento ascoltatore: attento ai rumori del mare,per proporli con precisi 
termini fonici. Il mare, quindi, è sinonimo di vita scalpitante.
8 Raggiunge: emerge qui il pieno spirito ermeneutico che sembra tendere
ad una unione panica, di chiara ispirazione dannunziana, con il mare, a 
cui si oppongono gli aridi costoni di roccia costiera come attraversati dal
suo richiamo.
9 Rocce: il momento di ascolto chiude con una raffinatezza : il “bombo”,
 che ricorda “rombo”, ed il “ripiovere” dell'acqua delle onde sugli scogli
 indicano quanto sia attento l'orecchio dell'io lirico, in grado di cogliere minuziosamente questi suoni (con ispirazione d’eredità  pascoliana) 
sebbene a notevole distanza (segnata dalle “lunghe secche”).
10 Viso: è da notare il movimento improvviso dell'io lirico, quasi 
rinvigorito dall'ascolto, il quale sembra avergli infuso energia  
sufficiente ad uno scatto improvviso nell'arsura meridiana.
11 Ghiandaie: il meccanismo descrittivo, che spinge alla ricerca del
soggetto situato  in chiusura, disegna la fuga dell'occhio, che segue 
il volo veloce deidue uccelli. In questi, l'io lirico, con la risposta della
natura al proprio  movimento, ritrova una voglia di vita che da tanto
non avvertiva, cui  non è abituato a causa della cocente (e cogente) 
arsura. Ciò è confermatodallo “scoccare”, in evidente riferimento ad
 una coppia di frecce, delle ghiandaie, primi volatili che si incontrano 
in Mediterraneo. Da notare,infine, è il ritorno fonico a cui “strepeanti” 
conduce: ancora la /r/,consonante che scandisce il movimento delle acque, 
quindi la loro vitalità.



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