venerdì 26 aprile 2019

La nuvola in Dylan Thomas






EUROPA

Regno Unito

La nuvola in Dylan Thomas
Subito l’uso dell’aggettivo “lunatica”per indicare il manicomio che ospita i due personaggi.
Successivamente è evocata la natura invadente delle nubi per dire la solidità  della casa lunatica capace di resistere alla loro sfida.

Dylan Marlais Thomas (Swansea,Contea del Galles del Sud,27.10.1914 –New York,9.11.1953) è stato un poeta,scrittore, drammaturgo gallese.. Scrisse poesie,saggi,epistole,sceneggiature, racconti autobiografici e un dramma teatrale dal titolo Sotto il bosco di latte (Under milk Wood) la cui versione radiofonica, in cui recitava l'autore stesso, vinse il Prix Italia nel 1954.
Dylan Thomas, come molti suoi contemporanei,  esprimeva disgusto e paura verso il  mondo ordinario  riflesso in quella  visione statica della realtà, per la quale gli amanti di “ I loro volti splendevano” sono incapaci di entrare in relazione con un universo nuovo e dinamico, di andare verso una rigenerazione.  Il senso di oppressione, per Thomas, nasce  anche dal linguaggio convenzionale, usato nel mondo “dozzinale”. Questo linguaggio logoro deve, dunque, essere distrutto attraverso l’uso di slang, paranomasia[1], catacresi[2], ecc. e tutti gli espedienti della ripetizione, dell’allitterazione e dell’assonanza, del gusto per la materia sonora delle parole servono a creare una nuova forma di comunicazione solida.Bisogna leggere questi versi  ad alta voce, assaporarli, scandendo ogni  vocale e consonante, soltanto dopo pensare al loro significato.
         Quella di Dylan Thomas è una poesia visionaria, con una forte presa ipnotica, espressa mediante immagini vivide e un intreccio di parole significative, dense, che hanno una consistenza quasi fisica, come nelle poesie di William Blake[3]. Spesso, più che il loro valore lessicale, è il suono stesso della singola parola a dare il significato; e più che creare  parole nuove, Thomas sembra dare una forza nuova a quelle esistenti, usando i termini in modo ambiguo e distorto, tanto da risultare spesso oscuro, soprattutto nelle sue poesie giovanili. Le sei terzine di “Amore in manicomio”, per esempio,  si avviluppano e si intrecciano in una spirale di immagini che convoglia verso quella  finale in cui l’Io, un Io altro dal poeta, un Io indifferenziato che comprende non solo tutto il genere umano,  ma anche gli elementi organici e inorganici dell’universo, è testimone del big bang che ha dato inizio alla vita:

Amore in manicomio[4]

Un'estranea è venuta
A spartire con me la mia stanza nella casa lunatica,
Una ragazza folle come gli uccelli

Che spranga la notte della porta col suo braccio di piuma.
Stretta nel letto delirante
Elude la casa a prova di cielo con nubi invadenti

E la stanza da incubi elude col suo passeggiare
Su e giù come i morti,
O cavalca gli oceani immaginati delle corsie maschili.

Venne invasata,
Chi fa entrare dal muro rimbalzante l'ingannevole luce,
Invasata dal cielo

Dorme nel truogolo stretto e tuttavia cammina sulla polvere
E a piacer suo vaneggia
Sopra l'assito del manicomio consumato dalle mie lacrime
ambulanti.
E rapito alla fine (cara fine) nelle sue braccia dalla luce
 Io posso senza venir meno
Sopportare la prima visione che diede fuoco alle stelle.





















[1] Figura retorica: consiste nell’accostamento di due parole che hanno un suono simile ma significato diverso; viene usata per ottenere effetti fonici: per es. TRADURRE/ TRADIRE.
[2] Figura retorica: consiste nell’usare un senso al posto di un altro, o meglio servirsi di un termine oltre il suo significato; gioco di parole; per es. SUONO/ io SONO; SOLO AL SOLE.
[3] William Blake, poeta pre-romantico inglese.
[4]Dylan Thomas,”Amore in manicomio”(nella raccolta Collected poems,1934-1952, mai tradotta per intero), in Dylan Thomas, Poesie, Einaudi, 1970; a cura di Ariodante  Marianni.

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