EUROPA
SPAGNA
La luna in
Juan Ramon Jimenez
Uno strano raggruppamento La Colina de los Chopos di poeti,
pittori,cineasti,musicisti e
architetti che condividevano la tensione
per il rinnovamento. Nei poeti,
in particolare, è evidente una
spinta comune alla revisione
dello stile barocco, all’antiretorica,
per poi finire, però, per
imprimere ciascuno alla propria produzione
direzioni diverse. La comunità
senza leader della “Generazione del 27”
aveva eletto Juan Ramon Jimenez a maestro.
Questi poeti avevano per la
perfezione delle forme e dei concetti,
per quell’idea di poesia-mistero
un’ammirazione che è evidente
specialmente in Juan Ramòn
Jimènez. L’amore che canta invisibile
e impalpabile, ma, proprio come l’acqua e l’aria, misteriosamente
indispensabile e che si insinua vitale tra la luna lontana del cielo e
quella
ancor più fluida e sfuggente, ma quieta , riflessa nel fiume.
51. Juan Ramon
Jimenez
Juan Ramon Jimenez Mantecon nasce a Moguer
nel 1881, è
insignito del Premio Nobel per la letteratura
nel 1956. Muore
a San Juan nel 1958.
La Residenza si
poneva il compito iniziale di supportare
l’insegnamento
universitario attraverso la creazione di un
ambiente intellettuale e di convivenza fra studenti e insegnanti,
fra gli uomini
delle arti e quelli delle scienze, con un marcato
stampo
umanistico, e di essere il centro di
accoglienza delle
avanguardie
europee. Lorca, Dalí e Buñuel furono tra i residenti
più prolifici.
Lo scrittore Miguel de Unamuno, il compositore
Manuel de Falla, i poeti Juan Ramòn Jimènez, Pedro
Salinas
e Rafael
Alberti, il filosofo Josè Ortega y Gasset -per citarne solo
alcuni- si
potevano spesso incontrare agli appuntamenti della
strapiena agenda
culturale della casa. Anche Albert Einstein,
Paul Valery, Marie Curie, Igor Stravinsky, John M.
Keynes,
Walter Gropius, Henri Bergson, Le Courbusier vi
passarono per
scambiare conoscenze e impressioni. La casa si
trovava in una
zona tranquilla di Madrid, su un colle
battezzato dai poeti come
Colina de los
Chopos (Colle dei Pioppi). Aveva una cinquantina
di camere, molto
austere e semplici (letto di pino, vaso da notte,
libreria,
scrivania e due sedie). Le occupavano giovani, dai 15 anni
in avanti per i
quali i genitori, o loro stessi, avevano scelto una
educazione
alternativa a quella dell’Università Centrale. La
Residenza si
finanziava con gli affitti pagati dagli studenti, anche
se dopo qualche
anno una parte dei fondi furono destinati a creare
borse di studio
per i meno agiati. Come unico lusso, in mezzo a
questo clima di
silenzio e austerità, c’era un pianoforte nel salotto
del piano terra.
Lo suonava spesso Lorca dopo la cena. Nella loro
vita quotidiana, gli studenti adottavano le
abitudini inglesi,
considerate più
adatte allo sviluppo della creatività, con pasti
anticipati sugli
usi spagnoli e tè in giardino alle cinque di pomeriggio.
La poesia è stata forse l’attività che si è
sviluppata tra quelle mura
nel modo più
bello e profondo. Raramente era il centro della
vita
collettiva,
tranne nella camera di Lorca, che invitava spesso gli amici
a letture di versi.
Gli Spagnoli chiamano il Novecento
il secolo d’argento delle lettere
”
per distinguerlo dal secolo
d’oro di Cervantes.
Gora,[1]
L’amore è,
tra noi due,
impalpabile,
quieto, assorto in sé
come l’aria
invisibile,
come l’acqua
invisibile,
tra la luna del cielo
e la luna
del fiume.
Juan Ramon Jimenez,”Gora”
da Eternità,
1918,
in Poesie d’amore,
cura di Guido Davico Bonino,
Einaudi
editore, 2007.
In”326 poesie dal mondo per
una storia d’amore”
Onyx ed.e.book
a cura di Maria
Gabriella Bruni e Isabella Nicchiarelli
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