VICINO
ORIENTE
PALESTINA
La luna in Mahmud Darwish
Ecco
Darwish venirci incontro con il suo
“Sonetto IV”:squarci di mondi come incantesimi,
che rispecchiano con il loro balenio la lacerazione
costante che gli procura la sofferenza dell'esilio.
Un'ansia che lo pone sempre in bilico sul crinale
che separa l’evocazione nostalgica della sua terra
natale, forzatamente abbandonata, e la realtà di
quella terra straniera, precaria e mutevole,
“Sonetto IV”:squarci di mondi come incantesimi,
che rispecchiano con il loro balenio la lacerazione
costante che gli procura la sofferenza dell'esilio.
Un'ansia che lo pone sempre in bilico sul crinale
che separa l’evocazione nostalgica della sua terra
natale, forzatamente abbandonata, e la realtà di
quella terra straniera, precaria e mutevole,
che
lo accoglie nel presente. Versi oracolari,
fatti di illuminazioni ed ellissi. La luna filtra le
sue lentiggini di luce e dal corpo dell'amata che
dorme sorgono le epifanie della sua terra martoriata
di Palestina.I capelli di lei evocano beduini
addormentati e senza sogni e i suoi seni le bianche
colombe.Ha invaso il suo sogno avvolgendola,
nessuno spettro sveglierà il gelsomino col profumo
del desiderio; nessun flauto per rimpiangere la
cavalla che non abita più accanto alla tenda del poeta.
Quel flauto, finora muto sul tappeto dentro la tenda
beduina del sogno, lo sentiamo intonare per noi -
che ci commuoviamo - le melodie languide e
struggenti di Marcel Khalife[1] … Ma nel sonetto,
in chiusura,un'altra realtà insorge e si oppone. Il
sogno di lei a lei sola appartiene ed è quello di una
terra del Nord con le sue mille foreste, la sua terra
straniera.
fatti di illuminazioni ed ellissi. La luna filtra le
sue lentiggini di luce e dal corpo dell'amata che
dorme sorgono le epifanie della sua terra martoriata
di Palestina.I capelli di lei evocano beduini
addormentati e senza sogni e i suoi seni le bianche
colombe.Ha invaso il suo sogno avvolgendola,
nessuno spettro sveglierà il gelsomino col profumo
del desiderio; nessun flauto per rimpiangere la
cavalla che non abita più accanto alla tenda del poeta.
Quel flauto, finora muto sul tappeto dentro la tenda
beduina del sogno, lo sentiamo intonare per noi -
che ci commuoviamo - le melodie languide e
struggenti di Marcel Khalife[1] … Ma nel sonetto,
in chiusura,un'altra realtà insorge e si oppone. Il
sogno di lei a lei sola appartiene ed è quello di una
terra del Nord con le sue mille foreste, la sua terra
straniera.
33.
Mahmud Darwish
Mahmud Darwish nasce nel 1941 nel villaggio di
al-Birwa, in Galilea, Palestina, oggi
distrutto . Nel
1948 - durante il primo conflitto arabo-israeliano –
l'esercito di Israele scacciò i suoi abitanti e lo rase
al suolo. I genitori di Mahmoud cercarono rifugio
in Libano,ma riuscirono a rientrare nel loro paese,
illegalmente,l’anno successivo, quando era diventato
parte di Israele,i loro beni confiscati e alcun diritto
di cittadinanza.
al suolo. I genitori di Mahmoud cercarono rifugio
in Libano,ma riuscirono a rientrare nel loro paese,
illegalmente,l’anno successivo, quando era diventato
parte di Israele,i loro beni confiscati e alcun diritto
di cittadinanza.
Pubblicò la sua prima raccolta di poesie, Foglie
d'Ulivo,nel 1964. Divennero famose alcune poesie
che raccontano la condizione dolorosa e folle
dell'esilio. La poesia di Darwish assumeva un
ruolo di riferimento collettivo per la causa
palestinese.
Nel 1970 abbandonò definitivamente
d'Ulivo,nel 1964. Divennero famose alcune poesie
che raccontano la condizione dolorosa e folle
dell'esilio. La poesia di Darwish assumeva un
ruolo di riferimento collettivo per la causa
palestinese.
Nel 1970 abbandonò definitivamente
la Palestina/Israele per un periodo di studio in
Unione Sovietica.
Unione Sovietica.
Da allora trascorse la sua vita
risiedendo per
periodi diversi nelle principali città del mondo
arabo: Il Cairo,Beirut, Amman. Dopo un periodo
di esilio a Cipro, visse tra Beirut e Parigi. Lavorò
anche al Cairo presso il quotidiano nazionale
"al-Ahrām". La seconda metà degli anni ottanta
periodi diversi nelle principali città del mondo
arabo: Il Cairo,Beirut, Amman. Dopo un periodo
di esilio a Cipro, visse tra Beirut e Parigi. Lavorò
anche al Cairo presso il quotidiano nazionale
"al-Ahrām". La seconda metà degli anni ottanta
furono l'epoca del suo maggiore impegno politico.
Nel 1987 fu eletto nel Comitato Esecutivo
dell'OLP. Si dimise nel 1993,perché contrario agli
accordi di Oslo. Mahmoud Darwish ha redatto il
testo della Dichiarazione d'Indipendenza dello Stato
Nel 1987 fu eletto nel Comitato Esecutivo
dell'OLP. Si dimise nel 1993,perché contrario agli
accordi di Oslo. Mahmoud Darwish ha redatto il
testo della Dichiarazione d'Indipendenza dello Stato
Palestinese, documento promulgato nel 1988 e
riconosciuto da diversi Stati. Dopo 26 anni di esilio,
ottenne un permesso per visitare la sua famiglia
nello stato di Israele. E’morto a Houston,Texas,USA,
nel 2008, per le complicanze di un delicato intervento
al cuore.
Mahmud Darwish[2] sta a rappresentare da solo la
Palestina con i suoi poemi. È un grande visionario a
cui Marcel Khalife dedicò tanta musica e un affetto
riconosciuto da diversi Stati. Dopo 26 anni di esilio,
ottenne un permesso per visitare la sua famiglia
nello stato di Israele. E’morto a Houston,Texas,USA,
nel 2008, per le complicanze di un delicato intervento
al cuore.
Mahmud Darwish[2] sta a rappresentare da solo la
Palestina con i suoi poemi. È un grande visionario a
cui Marcel Khalife dedicò tanta musica e un affetto
condiviso da milioni di Arabi
“dall’oceano al golfo”
come si suole dire laggiù.
come si suole dire laggiù.
La sua è una poesia di parole dove la terra
natale
martoriata e quella mutevole dell’esilio alimentano
immagini che si inseguono e si accavallano come
fiammate improvvise,come folgorazioni di luce da
cui il lettore è abbagliato. Una poesia che, anche nella
traduzione, conserva il fascino straordinario di quelle
parole che formano un turbinare di miraggi leggeri e
martoriata e quella mutevole dell’esilio alimentano
immagini che si inseguono e si accavallano come
fiammate improvvise,come folgorazioni di luce da
cui il lettore è abbagliato. Una poesia che, anche nella
traduzione, conserva il fascino straordinario di quelle
parole che formano un turbinare di miraggi leggeri e
splendenti
come la levitazione dei Dervisci durante le
loro danze mistiche, anche se va inevitabilmente perduto
il senso originario del suono e del ritmo, fondamentali
alla loro natura di canti.
loro danze mistiche, anche se va inevitabilmente perduto
il senso originario del suono e del ritmo, fondamentali
alla loro natura di canti.
Sonetto IV[3]
Lentamente massaggio il
tuo sonno. O nome che abito in sogno, dormi.
La notte si coprirà con i
suoi alberi e si addormenterà.
sulla sua terra, sovrana
di un'assenza breve.
Dormi, ché io galleggi
sulle lentiggini che filtrano in me da una luna...
I tuoi capelli campeggiano
sul tuo marmo, beduini che dormono incauti
e non sognano. Il tuo paio
di colombe t'illumina dalle spalle alle
margherite del tuo sogno.
dormi su di te e in te
e che la pace dei cieli e della terra spalanchi per te
tutte le tue sale, [ una dopo l'altra.
Il sonno ti avvolge di me.
Non un angelo a portare il letto,
né uno spettro a svegliare
il gelsomino. O nome mio al femminile, dormi.
Nessun flauto piangerà una
cavalla in fuga dalle mie tende.
Sei ciò che sogni, estate
di una terra nordica
che offre le sue mille
foreste al regno del sonno. Dormi
e non svegliare il corpo
che desidera un corpo nel mio sogno.
Da”326 poesie dal mondo per una storia d’amore”
Onyx ed.e.book.
a cura di Maria Gabriella Bruni e Isabella
Nicchiarelli
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