mercoledì 20 marzo 2013

Passeggiando per le regioni del mondo.Grecia.(2)


Alla natura segreta, nostalgica e solitaria di Konstantinos Petrou Kavafis mi piace alternare quella esuberante di iniziative,battagliera e socievole di un altro grande poeta greco del '900:Ghiannis Ritsos.
Ecco una prima poesia :



GHIANNIS RITSOS


Il tuo corpo tagliato
da una lama di luce
per metà carne,
per metà ricordo.

Illuminazione obliqua
il grande letto
intero,
il tepore lontano
e la coperta rossa.

Chiudo la porta.
Chiudo le finestre.
Vento con vento.
Unione inespugnabile.

Con la bocca piena
di un boccone di notte.
Ahi,l’amore.





Ghiannis Ritsos,
Non c'è stato giorno della sua vita, almeno fino alla malattia che stroncò rapidamente la sua fibra e che concluse la sua esistenza nel 1990, che non appuntasse almeno un verso sui suoi taccuini. Aveva qualcosa di bizantina pazienza  la sua poesia ed infatti il suo stile era il risultato di un continuo lavorio su quei testi, pubblicati in numerose raccolte .In realtà  la sua vita somigliò ad  una lunga e ininterrotta poesia.
Era nato nel 1909 a Monemvassià, villaggio del Peloponneso meridionale. Si era sempre definito un "artigiano della parola".Interrotti gli studi a diciotto anni per la rovina della sua agiata famiglia e un principio di tisi, fu ballerino di avanspettacolo e correttore di bozze. Durante l’occupazione della Grecia nel corso della seconda guerra mondiale partecipò alla Resistenza, organizzando tra i partigiani attività culturali e teatrali . Per le convinzioni politiche  fu  deportato in campo di concentramento, dopo il colpo di stato dei colonnelli, nel 1967. Gravemente malato, fu posto in libertà vigilata a Samo.
L'opera poetica di Ritsos mette al centro l'uomo. Un antropocentrismo che appartiene alla tradizione di tutta l'arte classica greca. L'uomo è capace di orrori indicibili - e lo testimoniano la lotta al nazifascismo, la guerra civile, le divisioni - e insieme in grado di alte realizzazioni. Allora, ecco il ruolo del poeta secondo Ritsos: sperare,  rischiare le proprie parole, credere in un mondo migliore, dominato dalla bellezza. È una follia, una lotteria, come ammetteva lui stesso , ma i poeti devono essere "eterni inconsolabili consolatori del mondo".


(continua)

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