martedì 31 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.Valle Giulia.



E' chiusa l'età breve del biancospino.
Piccole fiamme camminano
lungo le rive del fiume.
un popolo di formiche,punte
dalla calura,scende giù
dalle colline alle acque.
Il più bel tempo dell'anno si offusca.
il cielo di fulgido sasso
si è consumato in polvere nelle mani.
tutto quello che ho toccato
è avvizzito. non dovevo guardare,
non dovevo sentire.
Valle Giulia è solo degli uccelli
e dei fanciulli.
                          (La vigna vecchia)

lunedì 30 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.La più bell'aria.





La più bell'aria dell'anno
nel più bel sito,sull'erba
che recinge gli Elisi.
Per una visita ai morti
s'è mossa tutta la tribù:
le sorelle saracine,le rosse nipoti.
Trascinammo gatti e cipolle
davanti alla cappelle dove giace
la spoglia di mia madre.
Ci sdraiammo come a mensa
intorno al suo corpo disscccato,
madre. Chi cinge di fiori freschi
chi prega,chi mangia e chi ti piange
il tuo letto di cenere.
                            (La vigna vecchia)

domenica 29 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli. La vigna vecchia.




Mi sono seduto per terra
accanto al pagliaio della vigna vecchia.
i fanciulli strappano le noci
dei rami, le schiacciano tra due pietre.
Io mi concio le mani di acido verde,
mi godo l'aria dal fondo degli alberi.
                                   (La vigna vecchia)

sabato 28 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.Santo Stefano 1946.





Vantano i nomi fatui della rosa
ai piedi delle statue le fioraie romane.
Stringo le spine secche sulla proda
ove un giorno spuntò improvviso dall'Erebo
Amore,e accolgo nel vecchio bavero
il fiato che ogni anno si fa più debole.
                                          (Nuovi Campi Elisi)

venerdì 27 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.La mosca s'ingrossa.





La mosca s'ingrossa,mio Dio,
la memoria si perde.
Questo è l'annuncio degli anni noiosi?
Quando la spina stride
dentro la fiamma e il gallo
gratta nello strame,quando la gatta
si lecca la zampa.
                        (Nuovi Campi Elisi)

giovedì 26 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli. Poesia d'amore.




Chi ama non riconosce,non ricorda,
trova oscuro ogni pensiero,
è straniero ad ogni evento.
Mi sono accorto più tardi
di tutti gli anni che l'aria
sul colle è già più leggera,
l'erba è tiepida di fermenti.
Dovevo arrivare così tardi
a non sentire più spaventi,
pestare aride stoppie,raspare
secchie murate,coprire la noia
come uno specchio col fiato.
Sono un uccello prigioniero
in una gabbia d'oro. La selva
variopinta è senza colore per me.
L'anima s'è trovata la sua stanza
intorno a te.

mercoledì 25 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli. Dove vivi? Che pensi?




Dove vivi?  Che pensi?
Un memore fiore ti coglie
in tardivo suffragio.
Con un gesto improvviso
stringi le dita, spezzi
gli stami delle foglie.
Se torna inverno alle dolci contrade,
se su fragili vetri trema il vento
alla cima di un gelido meriggio,
una mano cinerea, un passo grigio
muove l'incanto e ne geme il tuo viso
querulo raggio su tetri silenzi.
                        ( Nuovi Campi Elisi)

martedì 24 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.Genova.





Sempre che torni sera
Per queste città dove le luci
Appena si staccano dai pali
E il mare brucia di là
Sul molo un'aria fiacca
Raccoglie il fishio della sirena.
Solo mi dico la mia pena e brillano
Agli occhi vaghi i lumi delle ville.
Troppo dolce il passaggio in queste terre,
Più sicura la morte,ad ogni viaggio
Non c'è speranza  che resti sepolta .
Poi è la prima stella che si perde
Dietro le palme,più tardi  un baleno
Verde che s'apre a uno schiocco di frusta.
                                       (Campi Elisi)

lunedì 23 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.Passifora.




E' nostro ancora questo fuoco
Lume della sera, un barbaglio
Sulle cime dei lecci. Il fuoco
Nella stanza si consuma. (un sommesso
Brusìo disperde la sua vigilanza)
E appena ti lambisce svampa
La veste :con ardore
Ti difende dalla fiamma come la foglia
Sempreverde. Tremi
Ora che gli orti
Devasta la tramontana
E ne patisce dietro i lividi vetri
La pigra passiflora.
                       (Campi Elisi)

domenica 22 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.Via Velasca.




Il calpestio di tanti anni
L'ha quasi affondata, la via
Incredibilmente s'è stretta.
Questa è l'ora mia,la mia ora diletta.
Io ricordo la sera che alla fioca
Luce si spense ogni rumore, un grido
Disse il mio nome come in sogno e sparve.
La via s'incurva, sgocciola
Il giorno dalle cime dei tetti:
Quest'ora dolce suona nel petto.
Non è che una larva restìa
La luce,un barlume:entro la boccia
Di vetro un pesce s'illumin.
                             (Campi Elisi)

sabato 21 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli. Narni-Amelia Scalo.

I ricordi li cancelli questa sera
che un nome  nuovo ti solleva la fatica
e una data scritta sopra la lavagna.
Soltanto in mezzo alla campagna
i convogli dei treni merci,
poi girano lentamente sul ponte della Nera.
T'è lontana la voce lungo i nastri
trasportatori,straniera la terra
distesa sotto la tettoia.
Ti sembra che ogni guerra
si concluda in una resa e che ti valga
per la tua povera gioia
la docile sorpresa dei tuoi astri
familiari in un cielo d'esilio.
E' un'ora buona per te e questi allarmi
di campanelle nel fumo non ti dolgono.
Aspetti che risalga
il secchio dalla stridula cisterna.
Oscillano nell'oscura fuliggine i vetri rossi
della lanterna. Tu senti che è primavera
da queste ventate di meli scossi
dai treni lungo la pianura.
                                       (Poesia)

venerdì 20 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.A bel vedere sull'aia.




A bel vedere sull'aia
tante notti abbiamo dormito,
le mani affondate nel grano,
il sonno guardato dai cani.
Più mansueti erano i tuoi piedi
dei colombi fatti per burla
col panno bianco dei fazzoletti.
Avevi fili di paglia nei capelli:
alle spalle movevi il prato
a una trepida suoneria.

                                       (Poesie)

giovedì 19 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.Dicembre a Porta Nuova.





Mi raccoglie nel suo gomito
inerte la fredda sera d'autunno.
Scorre deserta sulle foglie
e mi ridesta a ogni tonfo
dei castagni. Tutto il bene
che mi resta forse è in uest'ora
calma che si accerta,
a questa svolta che si gonfia
d'acque perché la ripa si fa stretta.
Più rotta la dolcezza dell'indugio
ogni cosa decade con più fretta
e non mi duole l'alito d'ombra
che mi gela la fronte
Sopra la spalletta curvo
mi assale il vento dalla buca del ponte.
                                            (Poesie)

mercoledì 18 gennaio 2017

Leonardo Sinisgalli.L'impossibile presunzione di castigare il mestiere.



     Decade inesoorabilmente  l'idea dell'arte come mestiere perché inesorabilmente decadono i mestieri  e subentrano le tecniche.Con le mani si fanno bei tappeti e piramidie pergamene a beneficio dei sacerdoti e deiprincipi, delle moschee e delle reggie,si fanno vetrate per le cattedrali e mosaici.Si alimenta  l'ozio dei ricchi, la voluttà dei vecchioni, si fa crescere  numero dei porci di Epicuro. Quali beneficihanno tratto i popoli dall'ate? Pane e cicoria,pane e cipolla,pane e pummarole. Intanto il pascià e il vescovo carezzano i damaschi e ascoltanoil canto del cardellino automatico.
     Sulle rive della Mosa,sulle sponde del Nilo o del Tevere, del Limmato dell'hudson,dove mi capita di trovare una fila di vecchi alberi e potermi appoggiare coi gomiti ad antichi parapetti mi viene di pensare alla precarietà o alla fatalità della vocazione poetica. Perché
scrivono i poeti? Per capire qualcosa bisognerebbe indagare nelle circostanze in cui si svolse la loro fanciullezza. Quasi sempre c'è un lutto,c'è la morte di una persona amica o di una persona cara che fecero scaturire dall'anima di un ragazzo i primi accenti, confusi al sapore delle prime lacrime. O fu una storia d'amore infantile. Non c'è dubbio che all'origine nel cuore  del poeta giovinetto c'è l'illusione di caratterizzare  in modo unico la propria storia.
C'è come l'idtintiva superbia  del novizio entrato in una setta a partcipare alla celebrazione 
di un'operazione occulta. E in questa fase credo che onanismo, narcisismo, sadismo, abbiano un peso innegabile malgrado la cortina di silenzio e di fumo in cui di solito sono avvolte queste vicende nella storia della poesia. Naturalmente questa fede, questa disposizione al miracolo, questa tensione fisiologica  non si possono nutrire di artifici né diventare una regola.
     La poesia è dunque di essenza caduca. Il poeta muore nel giro di qualche stagione ed è costretto necessariamente a cambiare vita e abitudini. Può diventare uno storico o un retore, può anche cavare sproloqui e profitti dalla propria miseria. Ma Socrate sapeva bene alla poesia viene dai poe
di essere fallito.Perché la verità è nociva alla poesia come lo zolfo è nocivo al ferro e lo
snerva anche in minime disi.Mi rendo conto della gravità di questa affermazione. Ma sono in piena coscienza .  Nell'arte non si deve chiedere la verità. guai a prendere questo giudizio come una boutade  surrealista, non voglio difendere nè la bellezza né il sogno.
    La poesia si nutre  di amore,amore della poesia.. La vera spinta ,la sollecitazione,la promotion alla poesia viene dai poeti. i poeti adorati. Non fate poesia che non imiti la poesia dico ai poeti giovinetti,il contrario preciso di quel che raccomandano i poeti libertini. E del resto le rivoluzioni e le rivolte hanno senso 
soltanto se nascono come correzioni alle regole , alle consuetudini. Pensate che con un piccolo termine aggiunto Einstein ha cambiato l'universo. L'originalità del poeta  consiste in piccole aberrazioni millesimali , in frazioni  di angolo, come avviene nei calcoli astronomici e nella fisica delle particelle.L'acume che noi riconosciamo ai maestri,quasi sempre si manifesta nell'uso di piccoli nessi,congiunzioni,particole,spezzoni,tacche del linguaggio e nodi della struttura.
Undente in piùo in meno in una ruota di orologio o di turbina basta a rovinare un dispositivo. Sempre  più l'esercizio dell'arte  deve avvicinarsi a un processo scientifico,compensare la grazia  perduta dei poeti fanciulli con la sapienza degli adulti. la testa molle del bambino deve diventare un duro teschio.
   Non c'è altro latte per i poeti fuori della poesia. Le lait plat più del gaio veleno,più del fervido vino. Il poeta si attacca alle mammelle dei poeti,grandi mamme della poesia.

P.S.  Mi accorgo che nel girodi queste ultime notti di novembre partito con la presunzione 
                                                                                                               Leonardo Sinisgalli
                                                                                                    

martedì 17 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.Quisquilie

 

...lasciato Rosai ( e le sue mani da strangolatore)alle prese con la fiorentina,

 ebbi uscendo in via della Porcellana una sgradita sorpresa:nel frattempo s'era

 messo a piovere. All'appuntamento con Franchi mancava più d'un'ora:non potevo

come m'ero promesso impiegarla a bighellonare. Perché non profittarne per andare

 a salutare Papini? nei giorni,pochi,  che mi restavano da trascorrere a Firenze,

difficile che un'ora vuota come quella si ripresentasse. Cercai intorno una carrozzella;

nei pressi del Troja* ne stazionava sempre qualcuna; ma a decidermi fu,devo dire, 

la qualità insolita del veicolo adocchiato: su ruote, una scatola nerolucida per la coppia 

furtiva che tirando sui vetri le tendine volesse passare inosservata; non una carrozzella: 

un cab,un vero cab parigino da belle époque. Non esitai e diedi al fiaccheraio l'indirizzo

 di via Campanella.

  Non per questo, non per rivedere i protagonistidel periodo di Lacerba, appena congedato

 ero volato a Firenze . Giànel quattordici,Soffici e più raramente Papini, li avevo solo

incontrati : incontri casuali e fugaci al Pazkowsky o per via. Per l'inclinazione che conservo,

 la stessa che d'istinto mi fa preferire alla strada la stradina, anche allora me l'ero fatta

piuttosto con altri, della mia età e statura; e era di questi amici  coi quali m'ero sentito

a mio agio ch'ero venuto a cercare la compagnia, lasciata mi pareva  il giorno prima.

  Uscendo dalla Conflagrazione spiritualmente illeso,non dubitavo partendo di trovare

tal quale l'ambiente che avevo frequentato cinque anni innanzi. A una delusione non 

mi preparava il ichiamo all'ordine di Ardengo e meno ancora la conversione di Gian

Falco, coerente ai miei occhi in uno che mirava soprattutto a stupire, a stare a galla

comunque. arrivato, m'accorsi invece  che anche là ( e più di altrove) la sanguinosa

parentesi  aveva, almeno in superficie, lasciato il segno. Gli artisti non frequentavano

più i oti caffè; rare comparse vi facevano due o tre volti familiari: Ottone Rosai appunto 

o Raffaello Franchi ... I compagni di baldoria e di nottambulismo,Italo Tavolato e

Arturo Reghini, s'erano trasferiti a Roma, dove in seguito li rintracciai: il primo, in 

via Borgognona, corrispondente d'un foglio tedesco; l'altro, l'indimenticabile   mago,

in una scuola privata:avversato per la sua opposizione al fascismo, vi dava per campare

 lezioni di matematica. Soffici, dovetti andare a cercarlo al Poggio, con un trenino asmatico

 che a ogni salitina rinculava  per prendere la rincorsa.

Vistomi solo, non mi rassegnai a credere defunta l'antica primavera e resuscitandone a 

mio uso e consumo una parvenza mi diedi la prova che bastavo ancora a me stesso.

  A via Campanella mi aprì un servo in livrea e mi lasciò a tu per tu  con un busto  del

padron di casa che campeggiava nell'nticamera. Intorno spirava agio; Non per nulla

c'era stata di mezzo la pubblicazione della Storia di Cristo ; e per contrasto   rividi

l'abitazione dove alla vigilia della guerra avevo la prima volta incontrato Papini; a

un terzo piano di via de' Bardi; tetra,ma in carattere con lo scrittore d'allora,sandalistico

e di professione stroncatore.

  Quel giorno,per non essereda meno del proprio personaggio,mi aveva bruscamente accolto

osservando che il mio vestito era d'un'eleganza pacchiana; probabile; io sapevo solo di avere

indosso il primo abito non fatto in famiglia. Peccato che di quel colloquio ( o mnologo? )non

ricordassi al momento altro di memorabile.

  Questa volta uscivo da due anni passati, anche per sua procura, in trincea; e a tradimento mi

tornòa mente unasua  frase apparsa sulla Riviera ligure l'anno che la guerra andava peggio e 

non più scordata:"A difendere i miei cinquanta (?) chili vestiti di stoffa inglese, c'è un fucile

 sul Sabotino e un cannone a Verdun"..Per uno che al massacro aveva dato anche lui la sua

spintarella ...

  Scacciai il molesto ricordo: mi si faceva incontro, untuoso, un pretino e fui in presenza di

 Papini. Il quale, non m'ero seduto che mi chiese - non venivo di là? - notizie del porto di 

Genova: sua efficienza, movimento di navi, dati statistici ... Confessai la mia ignoranza:

il porto c'era,altro non sapevo. Prendendo a testimoni i presenti, deplorò il disinteresse dei

cosiddetti intellettuali per le questioni concrete,i problemi vitali. E, scartati come perditempo

i discorsi seri, m'annunciò - questo sì m'interessarebbe - la mia inclusione nella antologia che

preparava: i poeti d'oggi;  nella presentazione, ai soliti data e luogo di nascita, avevo altro da

 aggiungere? ... Mah! volendo si poteva accennare che avevo prtecipato alla guerra. Sorrise e, 

rivolto ai presenti, notò che nella vita dei più resterebbe quello l'unico avvenimento. Nel che, 

il tono sottintendeva  un suo merito personale.

  La visita non m'aveva dato motivo di ricredermi sull'uomo, ma nel frattempo aveva smesso

di piovere.

 

                                                       da "Quisquilie" di Camillo Sbarbaro,,ed.Vanni Scheiwiller,Milalo 1967.


* Il Troja è(o era), in via  della Porcellana , una gargotta per ghiottoni.


Camillo Sbarbaro.LA BAMBINA CHE VA SOTTO GLI ALBERI.





La bambina che va sotto gli alberi
non ha che il peso della sua treccia,
un fil di canto in gola.
Canta sola
e salta per la strada;ché non sa
che mai bene più grande non avrà
di quel po' d'oro vivo per le spalle,
di quella gioia in gola.

A noi che non abbiamo
altra felicità che di parole,
e non l'acceso fiocco e non la molta
speranza che fa grosso a quella il cuore,
se non è troppo chieder,sia tolta
prima la vita di quel solo bene.
1932                                    (Rimanenze)  

lunedì 16 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.DA "VERSI A DINA"






Ora che sei venuta,
che con passo di danza sei entrata
nella mia vita
come folata in una stanza chiusa -
a festeggiarti,bene tanto atteso,
le parole mi mancano e la voce
e tacerti vicino già mi basta.

Il pigolio così che assorda il bosco
al nascere dell'alba,ammutolisce
quando sull'orizzonte balza il sole.
Ma se la mia inquietudine cercava
quando ragazzo
nella notte d'estate mi facevo
alla finestra come soffocato:
che non sapevo,m'affannava il cuore.
E tutte tue sono le parole
che,come l'acqua all'orlo che trabocca,
alla bocca venivano da sole,
l'ore deserte,quando s'avanzavan
puerilmente le mie labbra d'uomo
da sé,per una voglia di baciare ...

                                                      ***

E la vita sapessi a me che fu,
Amore,prima che ti conoscessi ...

Un deserto la terra; a volte,il mondo
una sfocata immagine che trema.
I volti consueti dei fantasmi
visti in sogno,il mio giorno dalla notte
poco diverso;sì da dubitare
se veglia o sonno fosse la mia vita.
Uomo che s'atterrisce della piazza,
arretra innanzi a quella vacuità,
quante volte dal sonno ripugnai
al giorno che le palpebre forzava!
Un dì nella città tumultuosa
dove fughe di strade a vista d'occhio
aprono prospettive d'infinito,
disagio da stupore in me nasceva,
m'affaticava la città col suo ànsito
quale andare di fiume che non trovi
foce;m'impauriva la mole
quasi colosso che non abbia luce
di sguardo ...
Quando,improvvisamente come oscuro
disegno che coi dadi bimbo tenta
s'illumina del dado che mancava,
si compose il tumulto,si placò
l'ànsito,fiume che si placa in mare,
in due che s'abbracciavano nell'ombra.

                                 (Rimanenze)

domenica 15 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.CONGEDO.





        Quest'anno le agavi del litorale han messo il fiore:un'alberello
di pannocchie bionde,alloggio alle vespe.
        Sullavertebra nuda della strada,sui monti calvi e calcinati
luglio s'accanisce.Scarnito all'osso,il paese s'apre secca fauce sul
mare;che ne elude la sete spruzzandolo di schiume amare.


       Mi specchio ancora in questo paesaggio;questa aridità mi sostenta.
Nell'ulivo incassato nel muro mi riconosco,nello sterpo che vive
nella rena ardente.
       Ma  - per dissolvermi - guardare una volta bastava:filo d'erba
anch'io,lucertola su sasso.per gli occhi mi alleggerivo di me.
       A tutte l'ore adesso il mio individuo persiste.come troppo cresciuto
s'inframmette,ingombrante e caparbio.

       Placarlo si potesse,comporlo in pace ino al nuovo risveglio se giunga!
Nient'altro che spoglia,che sproporzionata vita vive ancora!

       Certe albe il senso d'essere è così filiforme,che distogliere il capo
basterebbe,pare,per calare senza srttappo nel nulla.
         Invece,tenacia dell'esistenza! Quante volte innanzi di morire
veniamo logicamente a morte.

        La mia è ora la vita del greto.Oh una goccia che cada nella
feroce secchezza! Così l'anima invoca un soffio di poesia.

         Nuvola vagabonda,goccia rara e calda come sangue .Che ristrepiti
la piena tra le rive inverdite,remoto pare quanto che butti e fogli
uno stipo tarlato.

         Alveo in tempo di magra.

         Di me tra le fiamme bianche degli olivi  non si muove che la marionetta sinistra.
                                                                                                  (Trucioli)



  



sabato 14 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.VESTENDOMI E SVESTENDOMI:






Vestendomi e svestendomi
aprendo macchinalmente una porta
mentre vado per strada e di me non m'avvedo e l'universo è un libro chiuso
quando a nascondermi il lume che fila ,la sorella che cerca impiego
nel fumo della sigaretta mi concentro come in un mondo a me
nell'ore morte
nel più grande silenzio
il cuore m'arresta l'aspettativa di qualcosa.

Così dalla mia aridità scaturisce la disperata invocazione del soprannaturale.
                                                                                                         (Trucioli)

venerdì 13 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.IO SEMPRE PRONTO A STACCARMI.

Io sempre pronto a staccarmi
quando la passione della città mi prende
alla vita attecchisco avara.
Unico atto d'amore possibile:condurre a spasso la mia muta meraviglia.
(Non sanno i cocchieri che mi offrono i loro servigi che fermo
                     [alla cantonata sto consumando le mie nozza con la città)

Ci son vie che si aprono formidabili come domande cui non si può rispondere
altre ch'empiono d'ardimenti come fanfare improvvise
altre che pacificano come la voce del mare ...

Ma gli aspetti meno notevoli sono quelli che mi arrestano.
Allora
per penetrare il segreto della piazzetta muffita vorrei essere il commesso del notaro senza pratiche
per vivere la vita di quel braccio di strada il contabile seppellito nel buio del magazzeno ...

E,nell'ore più deserte
rimpianto che m'attraversa come una spada
di non sapere come il sole illumina a quell'ora quella via!

Desiderio dopotutto d'essere un uomo qualunque
perché il mio amore senza parole mi facesse soltanto soffrire!
                                                                                                          (Trucioli)

giovedì 12 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.TALORA NELL'ARSURA DELLA VIA.

Talora nell'arsura della via
un canto di cicale mi sorprende.
E subito ecco m'empie la visione
di campagne prostrate nella luce
e stupisco che ancora  al mondo sian
gli alberi e l'acque - le presenze buone
che bastavano un giorno a consolarmi...

Con questo stupor sciocco l'ubriaco
riceve in viso l'aria della notte.

Ma poiché sento l'anima aderire
ad ogni pietra della città sorda
com'albero con tutte le radici,
sorrido a me smarritamente e come
in uno sforzo d'ali i gomiti alzo ...
                                     (Pianissimo)

mercoledì 11 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.IO T'ASPETTO ALLO SVOLTO D'OGNI VIA.



Io t'aspetto allo svolto d'ogni via,
Perdizione.Ti cero dentro gli occhi
d'ogni donna che passa.
Sosto dai baracconi nelle fiere
a guardare la donna del serpente,
la fanciulla che vola ...

oh volttà di dar tutto per nulla!
Di tenere in conto d'una paglia
questa vita ch'è tutto il nostro bene!
quella che tutti ebbero,che ride
e non capisce,
quella che con un muovere dell'anca
dentro tutto il mio mondo mi dissolva,
quella più disprezzabile che ignora
la sua potenza
io prego che la strada m'attraversi.


Io,come un mendicante che venuto
sulla sponda del fiume,sghignazzando
l'unico soldo che possiede getta,
per lei  la vita getterei ridendo.
                                     (Pianissimo)

martedì 10 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.NEL MIO POVERO SANGUE QUALCHE VOLTA




Nel mio povero sangue qualche volta,
fermentano gli oscuri desideri.

Vado per la città solo la notte:
e l'odore di fondacial ricordo,
vince l'odor dell'erba sotto il sole.

Rasento le miriadi degli esseri
sigillati in se stessi come tombe

E batto a porte sconosciute;salgo
scale consunte da generazioni.
La femmina che aspetta sulla soglia,
l'ubriaco che rece contro il muro
guardo con occhi di fraternità.
e certe volte subito trasalgono,
nell'ambito malcerto in capo a cui
occhi di sangue paiono fanali,
le mie nari che fiutano il Delitto.

Mi cresce dentro l'ansia di morire
senza avere il godibile goduto
senza avere il soffribile sofferto.

la volontà mi prende di gettare
come un ingombro inutile il mio nome.
Con a compagna la Perdizione
a cuor leggero andarmene pel mondo.
                          (Pianissimo)

lunedì 9 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.PADRE,SE ANCHE TU NON FOSSI IL MIO





Padre,se anche tu non fossi il mio
padre,
per te stesso egualmente t'amerei.
Ché mi ricordo d'un mattin d'inverno
che la prima viola sull'opposto
muro della tua camera scopristi
e ce ne desti la novella allegro.
Poi la scala di legno tolta in spalla
di casa uscisti e l'appoggiavi al muro.
Noi piccolistavamo alla finestra.

E di quell'altra volta mi ricordo
che la sorella ,bambinetta ancora
per la casa inseguivi minacciando
(la caparbia avea fatto non so che).
ma raggiuntale che strillava forte
dalla paura ti mancava il cuore:
ché avevi visto te inseguirnla tua
piccola figlia,e tutta spaventata
tu vacillando l'attiravi al petto,
e con carezze dentro le tue braccia
l'avviluppavi come per  scamparla
da quel cattivo che'era il tu di prima.
Padre,se anche tu non fossi il mio
padre,
fra tutti quanti gli uomini già tanto
pel tuo cuore fanciullo t'amerei.
                       (Pianissimo)

domenica 8 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.TALOR,MENTRE CAMMINO SOLO AL SOLE......

Talor,mentre cammino solo al sole
e guardo con i chiari occhi il mondo
ove tutto m'appar come fraterno,
l'aria la luce il fil d'erba l'insetto,
un improvviso gelo al cuore mi coglie.
Un cieco mi par d'essere,seduto
sulla spalletta di un immenso fiume.
Scorrono sotto l'acque  vorticose.
Ma non le vede lui:il poco sole
ei si prende beato.e se gli giunge
talora mormorio d'acque,lo crede
ronzio d'orecchi illusi.
Ché a me par,vivendo questa mia
povera vita,un'altra rasentarne
come nel sonno,e che quel sonno sia
la mia vita presente.
Come uno smarrimento allor mi coglie,
uno sgomento pueril.
                        Mi seggo
tutto solo sul ciglio della strada,
guardo il miseromio angusto mondo
e carezzo con man che trema l'erba.
                              (Pianissimo)

sabato 7 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.TACI,ANIMA STANCA DI GODERE.





Taci,anima stanca di godere
e di soffrire (all'uno e all'altro vai
rassegnata).
Ascolto e non mi giunge una tua voce
non di rimpianto per la miserabile
giovinezza,non d'ira e di speranza ,
e neppure di tedio.
                              Giaci come
il corpo,ammutolita,
in un'indifferenza disperata.
                              Noi non ci stupiremo
non è vero,mia anima,se il cuore
s'arrestasse,sospeso se ci fosse
il fiato ...
                           Invece camminiamo.
camminiamo io e te come sonnambuli.
e gli alberi,son alberi,le case
son case,le donne
che passano son donne,e tutto è quello
 che è ,soltanto quel che è.
La vicenda di gioia e di dolore
non ci tocca.Perduta ha la sua voce
la sirena del mondo,e il mondo è un grande
deserto.
                              Nel deserto
io guardo con asciutti occhi me stesso.
                                     (Pianissimo)
    

venerdì 6 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.16.

.Nato a Santa Margherita Ligure il 12/1/1888,Camillo Sbarbaro finì gli studi liceali nel 1908 presso un istituto di Savona.A 23 anni pubblicò il suo primo libro di versi,per sottoscrizione dei compagni di scuola . Poco dopo cominciò a collaborare  riviste e periodici letterari ,ma non con molta frequenza .
Fu impiegato alla "Siderurgica "di Savona e all'"Ilva" di Genova,dove si stabilì . La Grande Guerra
lo ebbe dal giugno 1915 all'agosto 1919 nella Croce Rossa ; in seguito soldato di fanteria.  Chiusa questa parentesi,Sbarbaro tornò a vivere a Genova, insegnando il greco e occupandosi di licheni e di muschi. Molti i viaggi compiuti all'estero per arricchire le sue collezioni di licheni.La sua attività di
traduttore,richiesta perché assai scrupolosa e felice,data da qualche anno . Così il suo trasferimento a Spotorno,nella Riviera di Ponente,da cui si muove molto di rado.

Opere di poesia:Resine, ,Caimo,1911;ristampa,a cura diE.Falqui,nella collana "Opera Prima",Milano,garzanti,1948; Pianissimo,Firenze,
ed. de  La Voce,1914;nuova ed.con varianti,Venezia,Neri Pozza ,1954;Rimanenze,Milano,Scheiwiller,1955; Primizie,ivi,1958.Per le
prose liriche,cfr.ed.Vallecchi di Trucioli(1914/18),Firenze,1920 ;e quella di Mondadori  (scelta delle prose dal 1914 al 1940),Milano1948.
Per ultimo:Fuochi Fatui,Milano ,Scheiwiller,1958.


Tutti i materiali dedicati a Camillo Sbarbaro provengono da: POESIA  ITALIANA  CONTEMPORANEA
                                                                                   1909 - 1959 
                                                                 a cura di Giacinto Spagnoletti
                                                                     Guanda editore in Parma

giovedì 5 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.15.




Finalmente! Leggo in un libro - l'ultimo uscito sulla controversa questione - che il lichene  non è una crittogama né l'associazione di due,ma solo un conflitto:un fenomeno, dunque - e di distruzione;paragonabile a quello di due sostanze che venute a contatto si elidono. Capisco, adesso ,perché questa passione ha attecchito in me così durevolmente:rispondeva a ciò che ho di più vivo,il senso della provvisorietà . Sicché,per buona parte della vita,avrei raccolto,dato nome,amorosamente messo in serbo ... neppure delle nuvole o delle bolle di sapone - 
che per un poeta sarebbe già bello;ma qualcosa di più inconsistente ancora:delle effervescenze,appunto.
Saluto con trasporto la nuova interpretazione e l'abbraccio: nessun bilancio a trent'anni di ricerche andrebbe
più a genio a chi vive nell'attimo.
                                                                                                                  Camillo Sbarbaro
(da Fuochi fatui)

mercoledì 4 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.14.





L'erbario è per me più che altro un'accolta di ricordi: di passeggiate fatte,di luoghi dove fui una volta;
evocazione di terre che non vedrò ,di incontri, di visi. Il mio libro più cordiale e arioso,chi potesse leggervi come io vi leggo.

martedì 3 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.13.





Licenzio le bozze della mia ultima compilazione botanica: trenta anni di ricerche,
centoventisette specie nuove per la scienza. Ho dato anch'io una mano all'inventario del mondo.

lunedì 2 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.12




In due casi il mio amore per i licheni soffre eclissi: quando sono innamorato
e quando scrivo.Vide giusto allora chi senza conoscermi lo diagnosticò una
forma di disperazione.

domenica 1 gennaio 2017

Camillo Sbarbaro.11.




Dopo  anni di silenzio,càpita che le parole più usuali prendano in bocca
un sapore,uno spicco insoliti. Lievitano,si direbbe; aggallano da sé,precise

e  insieme ispirate. E' il vocabolario che si rinvergina come alla sua stagione
l'albero rinverdisce. Capisco allora  che sarebbe tornato  il tempo di esprimermi,
ma esito ad approfittarne,come ad entrare in acqua chi teme dopo tanto d'aver
disappreso a nuotare.

                                                                      ***