mercoledì 31 dicembre 2014

Una scia infinita di canti di Tagore per il nuovo anno.I






Il mio cuore,
uccello del deserto,
ha trovato il suo cielo nei tuoi occhi.
Essi sono la culla
del mattino, essi sono
il regno delle stelle.
I miei canti si
perdono nella loro profondità.
Lascia che io spazi
in quel cielo,
nella sua solitaria
immensità.
Lascia che io squarci
le sue nuvole
e stenda le ali
al suo sole.
   - da Il Giardiniere -


Squarci splendenti.Tagore.4.





Tu ti doni a me come il fiore che non si schiude
che all’avvicinarsi
della sera,
la cui presenza è tradita
dal profumo che libera
nell’ombra.
Così viene a passi silenziosi
la primavera,
quando le gemme
gonfiano le cortecce.
Tu t’imponi al mio spirito
come le alte onde
della marea crescente,
il mio cuore si nasconde
sotto canti burrascosi.
Presentivo il tuo arrivo come
la notte affretta l’alba.
Un cielo nuovo mi è stato
rivelato attraverso le nuvole
che diventano rosse.

Da Petali sulle ceneri.













lunedì 29 dicembre 2014

Bagliori di luce.Tagore.3.









Chiederei ancora
qualcosa
se possedessi il cielo,
le sue stelle
e il mondo
con le sue infinite
ricchezze.
Sarei però contento
anche d’ogni
piccola cosa
se lei fosse mia.
   - da Il Giardiniere -


















domenica 28 dicembre 2014

Uno sciame di scintille.Tagore.2


Un frammento dalla introduzione di Yeats a "Gitanjali"(Raccolta di contenuto mistico):

Ho portato il manoscritto di queste traduzioni su con me per giorni, leggendolo in treni, o sulla cima di omnibus e nei ristoranti, e spesso ho dovuto chiuderlo per timore che qualche sconosciuto si accorgesse della mia commozione. Questi testi,pieni di sottigliezza di ritmo, di squisitezza intraducibile di colore, di invenzione metrica,esprimono una concezione  del mondo che ho sempre sognato. Esprimono il lavoro di una grande  cultura,rappresentano ancor più la crescita del terreno comune come l'erba e i giunchi. Una tradizione, dove poesia e religione sono la stessa cosa, ha attraversato i secoli, raccolta dalle metafore elaborate dal linguaggio del popolo e portata nuovamente alla moltitudine nell'elaborazione del pensiero dello studioso e del nobile. Se la civiltà del Bengala rimane intatta,quella mente comune che attraversa tutto,  in poche generazioni,saprà tornare al mendicante sulle strade. In Inghilterra, Chaucer ha scritto il suo "Troilo e Cressida" perché fosse letto fuori,pubblicamente,cantato da menestrelli. Rabindranath Tagore, come i  precursori di Chaucer, scrive musica per le sue parole, e si capisce in ogni momento che lui è così abbondante, così spontaneo, così audace nella sua passione, così pieno di sorpresa, perché sta facendo qualcosa che non è  mai sembrato strano, innaturale o che ha bisogno di difesa. Questi versi non si trovano nei libri che le signore sfogliano con indolenza ,sospirando senza intenderne il significato nè sono trasportati dagli studenti dell'Università per essere accantonati quando inizia per loro il lavoro della vita.Ma,attraverso le generazioni,saranno umili viandanti,naviganti fluviali, amanti ,che, mentre si attendono l'un l'altro, devono trovare, in sè, questo amore di Dio che consente di rinnovare la propria giovinezza. Ad ogni istante il cuore di questo poeta fluisce verso l'esterno a tutti loro rivolto, senza deroga né condiscendenza[..] 
 Il viaggiatore ,la cui lettura celi la polvere che si è depositata sui suoi modesti abiti,la ragazza che cerca nel suo letto i petali caduti dalla corona del suo amante,il servo la sposa in attesa sono le sue situazioni del cuore.Fiori e fiumi, il soffio di gusci di conchiglia, la pioggia pesante del luglio indiano o gli umori di quel cuore in unione o in separazione; e un uomo seduto in una barca su un fiume che suona il liuto, come una di quelle figure piene di significato misterioso sono Dio stesso.
Un intero popolo, un'intera civiltà, incommensurabilmente lontana da noi, sembra che siano stati interpretati da  questa immaginazione; e forse,per la prima volta in letteratura,invece di essere disorientati da tanta stranezza,ci sembra di ascoltare la nostra voce come in un sogno.



Tu  sei la nuvola

della sera

che vaga nel cielo

dei miei sogni.

Io ti dipingo

e ti  modello

con i miei desideri d’amore.

Tu sei mia,

solo mia,

l’abitatrice dei miei

sogni infiniti!

I tuoi piedi

sono rosso-rosati

per la vampa

del mio desiderio,

spigolatrice

dei miei canti

al tramonto!

Le tue labbra

sono dolci-amare

del sapore del mio

vino di dolore.

Tu sei mia,

solo mia,abitatrice dei miei

sogni solitari!

Ho oscurato

i tuoi occhi

con l’ombra

della mia passione,

frequentatrice

della profondità

del mio sguardo!

T’ho presa e ti stringo,

amore mio,

nella rete

della mia musica.

Tu sei mia,

solo mia,

abitatrice dei miei

sogni immortali!

- da  Il Giardiniere -

sabato 27 dicembre 2014

Una pioggia di stelle.Tagore.1.

( Calcutta, 1861,Santiniketan,1941
.Nasce in  una famiglia nobile e ricca, illustre anche per tradizioni culturali e spirituali, Rabindranath Tagore - il cognome anglicizzato di Thákhur-(Il padre ,attribuendogli il nome,alla nascita,aveva esclamato,profetico:"Robindra,il Sole,come lui andrà per il mondo e il mondo ne sarà illuminato").
Studia tra le mura domestiche il bengali e la lingua inglese. Sin dall'infanzia legge i poeti bengalesi cominciando a comporre le prime poesie a otto anni.Adulto,il suo impegno  è totale,i suoi interessi molteplkici..
La  sua creatività artistica straordinaria  si rivolge alla musica, alla danza e  alla pittura.
Compone liriche che trasforma in canti ,li  traduce in inglese .Importante durante il suo primo soggiorno in Inghilterra l'apprezzamento e il sostegno di Yeats che poi scriverà la prefazione all'edizione in inglese di Gitanjali.Tutta la sua opera  sarà poi conosciuta anche in occidente. L'attività artistica di Tagore poeta, musicista, scrittore, drammaturgo, pittore, nonchè la sua personale visione filosofico-religiosa, avrà modo di essere conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Nel 1913 Rabindranath Tagore viene insignito - per la prima volta è un intellettuale orientale ad ottenerlo -  del premio Nobel  per la Letteratura
Nel 1877 era stato inviato nel Regno Unito dal padre - Debendranath Thákhur, noto riformatore indù e mistico - perchè potesse studiare Diritto.Qui il futuro poeta decide di anglicizzare il proprio nome. Nei suoi tre anni di soggiorno europeo ha modo di approfondire ed apprezzare la cultura occidentale. Nel 1880 viene richiamato in India dal padre. Tagore torna con la convinzione che gli Inglesi "sanno ben proteggere un'India bisognosa di protezione" e decide di dedicarsi all'amministrazione delle sue terre e alla sua arte.
Diversamente dal pensiero di Gandhi, il quale con la disobbedienza civile organizzò il nazionalismo indiano sino a scacciare gli Inglesi, Tagore si propone di conciliare e integrare in India le diverse culture. Tagore considera l'opera ardua; tuttavia gli è di sostegno l'esempio sociale del nonno, che nel 1928 aveva fondato il "Sodalizio dei credenti in Dio", integrando il monoteismo cristiano ed il politeismo induista. Per un lungo periodo Tagore viaggerà tra Oriente ed Occidente per tenere numerose conferenze e divulgare la propria filosofia.
Nel 1901 crea a Santiniketan (in hindi  significa "asilo di pace") ,a un centinaio di chilometri da Calcutta, una scuola dove attuare concretamente i propri ideali pedagogici: nella sua scuola gli alunni vivono liberamente, a stretto e immediato contatto con la natura; le lezioni consistono in conversazioni all'aperto, secondo l'uso dell'India antica. La scuola, dove lo stesso Tagore tiene conferenze di natura filosofica e religiosa, si fonda sugli antichi ideali dello Ashram (Santuario della foresta), affinché, come lui stesso afferma, «gli uomini possano riunirsi per il supremo fine della vita, nella pace della natura, dove la vita non sia solo meditativa, ma anche attiva».
L'invito a cercare il significato dell'esistenza nella riconciliazione con l'universale - e con l'essere supremo - percorre tutta la filosofia indiana; in questo contesto Tagore è stato uno dei maggiori maestri nel XX secolo.
Nelle sue liriche, come nella sua vita, Tagore esprime la propria passione, anche erotica, la sua convinta ricerca dell'armonia e della bellezza, nonostante ogni difficoltà, che comprende il dolore causato dai numerosi lutti che avrebbe sofferto.
Nella grande produzione letteraria del poeta indiano si trova anche l'autobiografia "Ricordi della mia vita", del 1912.
Per "la profonda sensibilità, per la freschezza e bellezza dei versi che, con consumata capacità, riesce a rendere nella sua poeticità, espressa attraverso il suo linguaggio inglese, parte della letteratura dell'ovest", la motivazione del  premio Nobel a lui conferito .
Alcune delle sue raccolte poetiche:

- Canti della sera (1882)
- Canti del mattino (1883)
- Il battello d'oro (1893)
- La luna crescente (1903-1904)

- L'offerta di frutta (1915)
- Offerta di canti : Gitanjali (1913)
- Il giardiniere (1913)

- Balaka (1916)
- Petali sulle ceneri (1917)
- Dono d'amore (1917)
- Passando all'altra riva (1918)
- Canti serali (1924)


                                                                 Amore,il mio cuore[...]



 Amore, il mio cuore

desidera giorno e notte

d’incontrarsi con te,

in un incontro simile

alla morte che tutto

consuma.

Abbattimi, come fa

la tempesta;

prendi tutto quello

che possiedo;

invadi il mio sonno

e ruba i miei sogni.

E in quella desolazione, nella nullità dello spirito,

uniamoci  nella bellezza.

Ahimè, che vano

desiderio!

Che speranza c’è

d’essere uniti

se non in te,  mio Dio?

- da Il Giardiniere -

venerdì 26 dicembre 2014

I grandi russi del '900.Marina Ivanovna Cvetaeva.5



 Non sempre il suo canto d'amore ci dice della sua serenità, della sua felicità[...]:

Scusate l’Amore – è un mendicante!
Se ne va con ciabatte scalcagnate,
e certe volte non ha nemmeno quelle!



[...]ma forse a riassumere il senso del suo discorso amoroso bastano i versi memorabili che abbiamo già incontrato:

[…] altro che ricompense
in cielo, se tra le braccia, sulla bocca
c’è la Vita: la felicità sfacciata
di dirti ciao ogni mattina!


Marina Ivanovna Cvetaeva

giovedì 25 dicembre 2014

I grandi russi del '900.Marina Ivanovna Cvetaeva.4.








 Scimitarra? Fiamma?
 Signori, quanta foga!
 È dolore, familiare, come agli occhi - le dita
 come a una mamma - il nome del proprio bambino.
                                                           1924.


Marina Ivanovna Cvetaeva

mercoledì 24 dicembre 2014

I grandi russi del '900.Marina Ivanovna Cvetaeva.3




Ciao!Né freccia né pietra:
io!-La più viva delle donne:
vita Tutte le mie carezze -
al sonno incompiuto.
Vieni qui!(vale a dire:
tienimi!-èquestione di senso)
Afferrami tutta così felice
e semplice come mi vedi!
Stringimi!-che oggi lontano navighiamo,
stringimi!- che sciamo!-con un filo di seta!

Oggi porto una pelle nuova:
quella dorata,la settima!

-Mio!-altro che ricompense
in cielo,se tra le braccia,sulla bocca
c'è la Vita: la felicità sfacciata
di dirti ciao ogni mattina!

Da Scusate l'Amore.Poesie,1915-1925

Marina Cvetaeva



martedì 23 dicembre 2014

I grandi russi del '900.Marina Ivanovna Cvetaeva.2





La sua straordinaria personalità artistica ha radici nel romanicismo tedesco, nel canto popolare russo e nella poesia di Puskin. Già le sue prime raccolte liriche  la decretano maestra del verso. La sua poesia, caratterizzata da uno stile secco e da un ritmo frenetico, rappresenta spesso temi di grande intensità emotiva senza scadere nel sentimentalismo. Le sue opere sono dominate da immagini violente e monumentali sui temi eterni della vita e dell'arte.

 Ecco ancora una finestra…

Ecco ancora una finestra,
dove ancora non dormono.
Forse – bevono vino,
forse – siedono così.
O semplicemente – le due
mani non staccano.
In ogni casa, amico,
c’è una finestra così.
Non candele o lampade hanno acceso il buio:
ma gli occhi insonni!
Grido di distacchi e d’incontri:
tu, finestra nella notte!
Forse, centinaia di candele,
forse, tre candele…
Non c’è, non c’è per la mia
mente quiete.
Anche nella mia casa
è entrata una cosa come questa.
Prega, amico, per la casa insonne,
per la finestra con la luce.
Dicembre 1916 
Marina Ivanovna Cvetaeva –


lunedì 22 dicembre 2014

I grandi russi del '900.Marina Ivanovna Cvetaeva.1





      Marina Ivanovna Cvetaeva
  1. Poetessa russa (Mosca 1892-Elabuga 1941).


Un’istintiva, una passionale, una donna che, convinta delle sue qualità artistiche, del suo bisogno d’amore, non rinuncerà a scrivere né ad amare pur in circostanze avverse. Tutta la sua vita sarà una disgrazia, una maledizione.Marito e figli ostili. Fuggirà dalla Russia per riparare a Berlino poi a Praga e a Parigi; rientrerà a Mosca e, finirà nell’ "oscura località" tatara di Elabuga.
Tutto  mentre in Russia si passa, attraverso gravi e sanguinosi disordini, dalla rivoluzione del 1905 alla rivoluzione bolscevica a Lenin, alla guerra civile, ai Soviet ,a Stalin ;e, in Europa , dalla prima guerra mondiale ai nazionalismi, alla seconda guerra mondiale.




Alla vita
Non prenderai il mio rossore
intenso - come le piene dei fiumi!
Sei il cacciatore, ma io non cederò,
sei l'inseguimento, ma io sono la fuga.

Non prenderai la mia anima viva!
Così, nel galoppo delle cacce -
si china - e morde
una vena il cavallo
arabo.
Marina Ivanovna Cvetaeva