martedì 31 dicembre 2019

22.SPAGNA.c.José Hierro.V.ALLUCINAZIONE






c.Hierro
José Hierro è un poeta spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come "l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo ("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José (detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952), che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana "Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro, che fu più intenso  che esteso, visto che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal 1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones) arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte  c'è la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:
José Hierro è un poeta spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come "l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo ("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José (detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952), che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana "Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro, che fu più intenso  che esteso, visto che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal 1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones) arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte  c'è la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:


V.ALLUCINAZIONE

Mi ricordo degli alberi di Dublino.
(Immaginare e ricordare
si sovrappongono e confondono;
popolano, intrecciate, un istante
vuoto con identica emozione.
Immaginare e ricordare...)
Mi ricordo degli alberi di Dublino...
Qualcuno li vide e li ricordo io.
Dagli alberi cadono foglie dorate
sull'asfalto di Madrid.
Frusciano sotto i miei piedi, sulle mie spalle,
accarezzano le mie mani,
vorrebbero spremermi il cuore.
Non so se ci riescono...
Immaginare e ricordare...
C'è un momento che non è mio,
non so se nel passato, nel futuro,
se nell'impossibile... E lo accarezzo, lo faccio
presente, ardente, con la poesia.
Non so se lo ricordo o l'immagino.
(Immaginare e ricordare mi riempiono
l'istante vuoto.)
Mi affaccio alla finestra.
Fuori non è Dublino ciò che vedo,
bensì Madrid. E, dentro, un uomo
senza nostalgia, senza vino, senza azione,
colpendo la porta.
È uno spettro
che insegue un altro spettro del passato:
lo spettro del vento, del mare,
del fuoco - sapete bene di quello che parlo -,spettro
che può far che canti, far che vibri
il suo cuore, per sentirsi vivo.
(traduzione Alessandro Ghignoli, da Libro de las alucinaciones, 1964)


ALUCINACIÓN
Me acuerdo de los árboles de Dublin.
(Imaginar y recordar
se superponen y confunden;
pueblan, entrelazados, un instante
vacío con idéntica emoción.
Imaginar y recordar...)
Me acuerdo de los árboles de Dublin...
Alguien los vive y los recuerdo yo.
De los árboles caen hojas doradas
sobre el asfalto de Madrid.
Crujen bajo mis pies, sobre mis hombros,
acarician mi manos,
quisieran exprimirme el corazón.
No sé si lo consiguen...
Imaginar y recordar...
Hay un momento que no es mío,
no sé si en el pasado, en el futuro,
si en lo imposible... Y lo acaricio, lo hago
presente, ardiente, con la poesía.
No sé si lo recuerdo o lo imagino.
(Imaginar y recordar me llenan
el instante vacío.)
Me asomo a la ventana.
Fuera no es Dublin lo que veo,
sino Madrid. Y, dentro, un hombre
sin nostalgia, sin vino, sin acción,
golpeando la puerta.
                            Es un espectro
que persigue a otro espectro del pasado:
el spectro del viento, de la mar,
del fuego - ya sabéis de qué hablo -, espectro
que pueda hacer que cante, hacer que vibre
su corazón, para sentirse vivo.
*********
Inútilmente interrogas.
Tus ojos miran al cielo.
Buscas detrás de las nubes,
huellas que se llevó el viento.
Buscas las manos calientes,
los rostros de los que fueron,
el círculo donde yerran
tocando sus instrumentos.
Nubes que eran ritmo, canto
sin final y sin comienzo,
campanas de espumas pálidas
volteando su secreto,
palmas de mármol, criaturas
girando al compás del tiempo,
imitándole la vida
su perpetuo movimiento.
Inútilmente interrogas
desde tus párpados ciegos.
¿Qué haces mirando a las nubes,
José Hierro?

Nella traduzione,è evidente, si perde la musicalità del verso di Hierro, una caratteristica decisiva del suo canto, che tende a esprimersi non solo con i versi ma anche con la "musica" generata dall'incontro di alcune parole o frasi. Netto però appare quel "doppio binario" che contraddistingue la sua poesia: quello sociale, con testi quasi narrativi, dal linguaggio chiaro (che l'autore chiamava "reportajes") e quello visionario, dove il problema esistenziale della vita e della morte è così acceso e profondo che i testi appaiono come delle
"allucinazioni".Spesso però i due percorsi s'intrecciano,si fondono e l'esperienza personale, la piena partecipazione alla sofferenza dell'uomo
contemporaneo, la preoccupazione per la sua patria e la sua terra,si accostano e si fondono a una forte tensione spirituale.
A questo punto però occorre spendere qualche parola sulla biografia di Hierro, che fu segnata in modo permanente dalla guerra civile spagnola, alla quale partecipò (praticamente da bambino) nelle file repubblicane. Nel 1939, diciassettenne, viene arrestato (il padre era già dentro) e nelle carceri fasciste vi resterà per cinque anni. Lo stesso anno in cui il poeta viene liberato (1944) muore il padre:lutto gravissimo che va ad aggiungersi a quelli dei compagni caduti durante la guerra o per le torture subite.
Ha inizio il periodo delle gravi difficoltà economiche, dei mille lavori saltuari in giro per la  franchista,visto che la guerra gli aveva impedito di completare gli studi.Hierro torna in modo percussivo nei suoi testi sul dolore,sulla morte dei compagni, sui sogni bruciati, sulla sofferenza fisica e spirituale. Temi che costituiscono l'ossatura della sua poesia che resterà segnata dalla presenza della morte e dell'odio, dallo smarrimento,dall'angoscia di perdersi, di ritrovarsi a essere e sentirsi un altro. Questo lo porterà lontano da un concetto di poesia come appartenenza a una "scuola", a un "gruppo" o della poesia vista come mestiere o carriera letteraria.
Fu durante gli anni di dura reclusione che il giovane Hierro si accosta alla poesia: studiandola e scrivendola,leggendola ai compagni detenuti. Anche per questo i suoi lavori poetici conserveranno per sempre un tono antiestetico e antiretorico e un'apertura totale e partecipe ai temi sociali. Stilisticamente le sue scelte si risolvono  in testi poetici colloquiali, tendenzialmente chiari ed espliciti. Accanto però non mancheranno mai le poesie più intimiste e brevi, tese a una riflessione sull'esistenza,sulla necessità della fede (sotto l'influsso soprattutto di Miguel de Unamuno, visto anche come maestro di coerenza, di scelte radicali, d'impegno etico e sociale). Necessità della fede che in Hierro rimane tensione e ricerca, non si scioglie in convinta e totale adesione,perché in lui non c'è la certezza di Dio. Da qui il suo riconoscibile accento crepuscolare, il dubbio, il pessimismo di fondo, la costante presenza d'una gioia contenuta, d'una speranza rude, e quella sua voce sicura e sonora, ma rauca e mite:Parlo con l'umiltà,con la delusione, la gratitudine di chi visse dell'elemosina della vita.Con la tristezza di chi cerca una povera verità a cui appoggiarsi e riposare.L'elemosina fu bella - esseri, sogni, successi,amore-dono gratuito, perché nulla meritai.Oltre al pensiero di Miguel de Unamuno la riflessione poetica di Hierro sembra accostarsi anche a quello di María Zambrano, soprattutto per quanto riguarda il significato dell'esistenza, i grandi temi della relazione dell'uomo con il divino, della morte, della nascita che si protrae ogni giorno, i sentimenti (il cuore) che devono
alimentare ed espandere il pensiero conoscitivo. Come sottolinea Alessandro Ghignoli nel saggio introduttivo alle "Poesie scelte", in José Hierro si fondono le due fondamentali inclinazioni della poesia spagnola del secolo scorso: quella filosofica e temporale di Antonio Machado (la poesia come luogo "puro" e insieme contaminato dalla Storia) e l'austera ricerca di Juan Ramón Jiménez, tesa a una conoscenza quasi ascetica
dell'espressione poetica.

José Hierro, Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli,
Raffaelli Editore, Rimini 2003, pp. 92, euro 9,00)
Alessandro Ghignoli è nato a Pesaro nel 1967, ma vive a Madrid. È professore di Filología italiana all'Universitàdi Alcalá de Henares.

L’offerta, particolarmente ricca e variata di questo capitolo, va a ringraziare soprattutto tutti i miei amici/he lettori/trici ispanofoni/e delle differenti regioni del pianeta.




lunedì 30 dicembre 2019

22.SPAGNA.c.José Hierro.IV. Le nuvole.





c.Hierro
José Hierro è un poeta spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come "l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo ("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José (detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952), che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana "Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro, che fu più intenso  che esteso, visto che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal 1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones) arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte  c'è la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:
José Hierro è un poeta spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come "l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo ("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José (detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952), che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana "Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro, che fu più intenso  che esteso, visto che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal 1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones) arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte  c'è la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:

IV. LE NUVOLE
Inutilmente interroghi.
I tuoi occhi guardano il cielo.
Cerchi, dietro le nuvole,
orme che si è portato via il vento .
Cerchi le mani calde,
i visi di quelli che sono stati,
il circolo dove marcano
suonando il loro strumenti.
Nuvole che erano ritmo, canto
senza fine e senza inizio,
campane di schiuma pallide
ribaltando il loro segreto,
palme di marmo, creature
che girano al ritmo del tempo,
imitando alla vita
il suo perpetuo movimento.
Inutilmente interroghi
dalle tue palpebre cieche.
Che fai guardando le nuvole
José Hierro?
(traduzione Alessandro Ghignoli, da Cuanto sé de mi, 1957)
LAS NUBES
Inútilmente interrogas.
Tus ojos miran al cielo.
Buscas detrás de las nubes,
huellas que se llevó el viento.
Buscas las manos calientes,
los rostros de los que fueron,
el círculo donde yerran
tocando sus instrumentos.
Nubes que eran ritmo, canto
sin final y sin comienzo,
campanas de espumas pálidas
volteando su secreto,
palmas de mármol, criaturas
girando al compás del tiempo,
imitándole la vida
su perpetuo movimiento.
Inútilmente interrogas
desde tus párpados ciegos.
¿Qué haces mirando a las nubes,
José Hierro?

Nella traduzione,è evidente, si perde la musicalità del verso di Hierro, una caratteristica decisiva del suo canto, che tende a esprimersi non solo con i versi ma anche con la "musica" generata dall'incontro di alcune parole o frasi. Netto però appare quel "doppio binario" che contraddistingue la sua poesia: quello sociale, con testi quasi narrativi, dal linguaggio chiaro (che l'autore chiamava "reportajes") e quello visionario, dove il problema esistenziale della vita e della morte è così acceso e profondo che i testi appaiono come delle
"allucinazioni".Spesso però i due percorsi s'intrecciano,si fondono e l'esperienza personale, la piena partecipazione alla sofferenza dell'uomo
contemporaneo, la preoccupazione per la sua patria e la sua terra,si accostano e si fondono a una forte tensione spirituale.
A questo punto però occorre spendere qualche parola sulla biografia di Hierro, che fu segnata in modo permanente dalla guerra civile spagnola, alla quale partecipò (praticamente da bambino) nelle file repubblicane. Nel 1939, diciassettenne, viene arrestato (il padre era già dentro) e nelle carceri fasciste vi resterà per cinque anni. Lo stesso anno in cui il poeta viene liberato (1944) muore il padre:lutto gravissimo che va ad aggiungersi a quelli dei compagni caduti durante la guerra o per le torture subite.
Ha inizio il periodo delle gravi difficoltà economiche, dei mille lavori saltuari in giro per la  franchista,visto che la guerra gli aveva impedito di completare gli studi.Hierro torna in modo percussivo nei suoi testi sul dolore,sulla morte dei compagni, sui sogni bruciati, sulla sofferenza fisica e spirituale. Temi che costituiscono l'ossatura della sua poesia che resterà segnata dalla presenza della morte e dell'odio, dallo smarrimento,dall'angoscia di perdersi, di ritrovarsi a essere e sentirsi un altro. Questo lo porterà lontano da un concetto di poesia come appartenenza a una "scuola", a un "gruppo" o della poesia vista come mestiere o carriera letteraria.
Fu durante gli anni di dura reclusione che il giovane Hierro si accosta alla poesia: studiandola e scrivendola,leggendola ai compagni detenuti. Anche per questo i suoi lavori poetici conserveranno per sempre un tono antiestetico e antiretorico e un'apertura totale e partecipe ai temi sociali. Stilisticamente le sue scelte si risolvono  in testi poetici colloquiali, tendenzialmente chiari ed espliciti. Accanto però non mancheranno mai le poesie più intimiste e brevi, tese a una riflessione sull'esistenza,sulla necessità della fede (sotto l'influsso soprattutto di Miguel de Unamuno, visto anche come maestro di coerenza, di scelte radicali, d'impegno etico e sociale). Necessità della fede che in Hierro rimane tensione e ricerca, non si scioglie in convinta e totale adesione,perché in lui non c'è la certezza di Dio. Da qui il suo riconoscibile accento crepuscolare, il dubbio, il pessimismo di fondo, la costante presenza d'una gioia contenuta, d'una speranza rude, e quella sua voce sicura e sonora, ma rauca e mite:Parlo con l'umiltà,con la delusione, la gratitudine di chi visse dell'elemosina della vita.Con la tristezza di chi cerca una povera verità a cui appoggiarsi e riposare.L'elemosina fu bella - esseri, sogni, successi,amore-dono gratuito, perché nulla meritai.Oltre al pensiero di Miguel de Unamuno la riflessione poetica di Hierro sembra accostarsi anche a quello di María Zambrano, soprattutto per quanto riguarda il significato dell'esistenza, i grandi temi della relazione dell'uomo con il divino, della morte, della nascita che si protrae ogni giorno, i sentimenti (il cuore) che devono
alimentare ed espandere il pensiero conoscitivo. Come sottolinea Alessandro Ghignoli nel saggio introduttivo alle "Poesie scelte", in José Hierro si fondono le due fondamentali inclinazioni della poesia spagnola del secolo scorso: quella filosofica e temporale di Antonio Machado (la poesia come luogo "puro" e insieme contaminato dalla Storia) e l'austera ricerca di Juan Ramón Jiménez, tesa a una conoscenza quasi ascetica
dell'espressione poetica.

José Hierro, Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli,
Raffaelli Editore, Rimini 2003, pp. 92, euro 9,00)
Alessandro Ghignoli è nato a Pesaro nel 1967, ma vive a Madrid. È professore di Filología italiana all'Universitàdi Alcalá de Henares.




domenica 29 dicembre 2019

22.SPAGNA.c.José Hierro.III Accanto al mare.







c.Hierro
José Hierro è un poeta spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come "l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo ("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José (detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952), che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana "Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro, che fu più intenso  che esteso, visto che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal 1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones) arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte  c'è la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:
José Hierro è un poeta spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come "l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo ("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José (detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952), che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana "Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro, che fu più intenso  che esteso, visto che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal 1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones) arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte  c'è la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:

III. ACCANTO AL MARE
Se muoio, che mi mettano nudo,
nudo accanto al mare.
Saranno le acque grigie il mio scudo
e non si dovrà lottare.
Se muoio che mi lascino da solo.
Il mare è il mio giardino.
Non può, chi amava le onde,
desiderare un'altra fine.
Sentirò la melodia del vento ,
la misteriosa voce.
Sarà finalmente vinto il momento
che miete come falce.
Che miete incubi. E quando
la notte inizierà ad ardere,
sognando, singhiozzando, cantando,
io nascerò di nuovo.
(traduzione Alessandro Ghignoli,
 in "Quinta del 42", 1953)

JUNTO AL MAR
Si muero, que me pongan desnudo,
desnudo junto al mar.
Serán las aguas grises mi escudo
y no habrá que luchar.
Si muero que me dejen a solas.
El mar es mi jardín.
No puede, quien amaba las olas,
desear otro fin.
Oiré la melodía del viento,
la misteriosa voz.
Será por fin vencido el momento
que siega como hoz.
Que siega pesadumbres. Y cuando
la noche empiece a arder,
soñando, sollazando, cantando,
yo volveré a nacer.

Nella traduzione,è evidente, si perde la musicalità del verso di Hierro, una caratteristica decisiva del suo canto, che tende a esprimersi non solo con i versi ma anche con la "musica" generata dall'incontro di alcune parole o frasi. Netto però appare quel "doppio binario" che contraddistingue la sua poesia: quello sociale, con testi quasi narrativi, dal linguaggio chiaro (che l'autore chiamava "reportajes") e quello visionario, dove il problema esistenziale della vita e della morte è così acceso e profondo che i testi appaiono come delle
"allucinazioni".Spesso però i due percorsi s'intrecciano,si fondono e l'esperienza personale, la piena partecipazione alla sofferenza dell'uomo
contemporaneo, la preoccupazione per la sua patria e la sua terra,si accostano e si fondono a una forte tensione spirituale.
A questo punto però occorre spendere qualche parola sulla biografia di Hierro, che fu segnata in modo permanente dalla guerra civile spagnola, alla quale partecipò (praticamente da bambino) nelle file repubblicane. Nel 1939, diciassettenne, viene arrestato (il padre era già dentro) e nelle carceri fasciste vi resterà per cinque anni. Lo stesso anno in cui il poeta viene liberato (1944) muore il padre:lutto gravissimo che va ad aggiungersi a quelli dei compagni caduti durante la guerra o per le torture subite.
Ha inizio il periodo delle gravi difficoltà economiche, dei mille lavori saltuari in giro per la  franchista,visto che la guerra gli aveva impedito di completare gli studi.Hierro torna in modo percussivo nei suoi testi sul dolore,sulla morte dei compagni, sui sogni bruciati, sulla sofferenza fisica e spirituale. Temi che costituiscono l'ossatura della sua poesia che resterà segnata dalla presenza della morte e dell'odio, dallo smarrimento,dall'angoscia di perdersi, di ritrovarsi a essere e sentirsi un altro. Questo lo porterà lontano da un concetto di poesia come appartenenza a una "scuola", a un "gruppo" o della poesia vista come mestiere o carriera letteraria.
Fu durante gli anni di dura reclusione che il giovane Hierro si accosta alla poesia: studiandola e scrivendola,leggendola ai compagni detenuti. Anche per questo i suoi lavori poetici conserveranno per sempre un tono antiestetico e antiretorico e un'apertura totale e partecipe ai temi sociali. Stilisticamente le sue scelte si risolvono  in testi poetici colloquiali, tendenzialmente chiari ed espliciti. Accanto però non mancheranno mai le poesie più intimiste e brevi, tese a una riflessione sull'esistenza,sulla necessità della fede (sotto l'influsso soprattutto di Miguel de Unamuno, visto anche come maestro di coerenza, di scelte radicali, d'impegno etico e sociale). Necessità della fede che in Hierro rimane tensione e ricerca, non si scioglie in convinta e totale adesione,perché in lui non c'è la certezza di Dio. Da qui il suo riconoscibile accento crepuscolare, il dubbio, il pessimismo di fondo, la costante presenza d'una gioia contenuta, d'una speranza rude, e quella sua voce sicura e sonora, ma rauca e mite:Parlo con l'umiltà,con la delusione, la gratitudine di chi visse dell'elemosina della vita.Con la tristezza di chi cerca una povera verità a cui appoggiarsi e riposare.L'elemosina fu bella - esseri, sogni, successi,amore-dono gratuito, perché nulla meritai.Oltre al pensiero di Miguel de Unamuno la riflessione poetica di Hierro sembra accostarsi anche a quello di María Zambrano, soprattutto per quanto riguarda il significato dell'esistenza, i grandi temi della relazione dell'uomo con il divino, della morte, della nascita che si protrae ogni giorno, i sentimenti (il cuore) che devono
alimentare ed espandere il pensiero conoscitivo. Come sottolinea Alessandro Ghignoli nel saggio introduttivo alle "Poesie scelte", in José Hierro si fondono le due fondamentali inclinazioni della poesia spagnola del secolo scorso: quella filosofica e temporale di Antonio Machado (la poesia come luogo "puro" e insieme contaminato dalla Storia) e l'austera ricerca di Juan Ramón Jiménez, tesa a una conoscenza quasi ascetica
dell'espressione poetica.

José Hierro, Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli,Raffaelli Editore
, Rimini 2003, pp. 92, euro 9,00)
Alessandro Ghignoli è nato a Pesaro nel 1967, ma vive a Madrid. È professore di Filología italiana all'Universitàdi Alcalá de Henares.