venerdì 31 marzo 2017

Quasimodo.Dalla rocca di Bergamo alta

DALLA ROCCA DI BERGAMO ALTA


Hai udito il grido del gallo nell'aria
di là dalle murate,oltre le torri
gelide d'una luce che ignoravi,
grido fulmineo di vita,e stormire
di voci dentro le celle,e il richiamo
d'uccello della ronda avanti l'alba.
E non hai detto parole per te
eri nel cerchio ormai di breve raggio:
e tacquero l'antilope e l'airone
persi in un soffio di fumo maligno,
talismanid'un mondo appena nato.
E passava la luna di febbraio
aperta sulla terra,ma a te forma
nella memoria ,accesa al suo silenzio.
Anche tu fra i cipressi della Rocca
ora vai senza rumore;e qui l'ira
si quieta al verde dei giovani morti,
e la pietà lontana è quasi gioia.


                                         (Giorno dopo giorno)

giovedì 30 marzo 2017

Quasimodo.Già la pioggia è con noi

GIA' LA  PIOGGIA E'  CON NOI


Già la pioggia è con noi,
scuote l'aria silenziosa.
Le rondini sfiorano le acque spente
presso i laghetti lombardi,
volano come gabbiani sui piccoli pesci;
il fieno odora oltre i recinti degli orti.

Ancora un anno è bruciato,
senza un lamento,senza un grido
levato a vincere d'improvviso un giorno.
                       (Ed è subito sera)

mercoledì 29 marzo 2017

Quasimodo .In luce di cieli

IN LUCE DI CIELI


Dagli stagni salgono nuvole beate;
finirà anche il fuoco dell'aria
nel fermo cuore.

Cara giovinezza;è tardi .
Ma posso amare tutto della terra
in luce di cieli in tenebra di vento;
e, su ogni parvenza, la donna
che mi venne non è gran tempo
al cui riso mi specchio,
che amore chiamava,sua verde salute.

Così solo,numeri di perduto bene
mi narravo,e giorni,
e,splendenti in remote aure,
acque di selve ed erbe.
nell'isola morta,
lasciato da ogni cuore
che udiva la mia voce,
posso restare murato.
                         (Erato e Apollion) 

martedì 28 marzo 2017

Quasimodo.Imitazione della gioia

IMITAZIONE DELLA GIOIA


Dove gli alberi ancora
abbandonata più fanno la sera,
come indolente
è svanito l'ultimo tuo passo,
che appare appena il fiore
sui tigli e insiste alla sua sorte.

Una ragione cerchi agli affetti,
provi il silenzio nella tua vita.
altra ventura a me rivela
il tempo specchiato.Addolora
come la morte,bellezza ormai
in altri volti fulminea.
Perduto ho ogni cosa innocente,
anche in questa voce,superstite
a imitare la gioia.

                  (Ed è subito sera)

lunedì 27 marzo 2017

Quasimodo.Salina d'inverno

SALINA D'INVERNO.

Dolcezza,mai dentro mi dormi,
e un  giorno fingi di limpida luce
in cui le cose muovano
in limiti precisi:
a fuoco suoni l'albero nel cielo,
e il caro ridere di creature umane.
Salina gelida.già fu nel tempo
un segno espresso
il mutarsi dell'acqua
in forma incorruttibile;
alla sua legge trovarsi in armonia.

Ecco, s'acerba sisumano il transito
d'uccelli di palude nell'aria vuota
pianto di nuovi nati.

Tra muschi grami,a supplizio
splende la pietra livida:
deriva sull'acqua
una radice naufraga,
una foglia ancor verde
superflua alla terra.

                      (Erato e Apollion)

sabato 25 marzo 2017

SALVATORE QUASIMODO.Riflessioni.

Il poeta moderno non è un saggio;anzi;ma per lui "tutto è chiaro e deciso".

Conosce la guerra e la povertà (che c'entra il populismo o l'istanza soiale?) conosce la sua condizione umana e crede nella morte,teme la morte. e vuole ogni cosa qui,sulla terra E difende  la sua giornata d'amore o di dolore.Troviamo quest'uomo nelle precedenti generazioni poetiche?
In questo senso va intesa la presenza dell'uomo nella poesia contemporanea:
è una costante di corrispondenze con il mondo esterno costituitouna secca posizione antiromantica,antiidealistica,dove i rapportisono di natura razionale,
le domande tradiscono le rese concettuali. Parlo della poesia  di lingua inglese,di lingua italiana,spagnola,francese:di tutta la poesia del mondo
moderno,anche di quello che ancora poco conosciamo,ad oriente della
Europa,che ha basi uniche con la civiltà dell' Occidente. E' avvenuto qualcosa intorno al 1945 nel campo della poesia:una drammatica
distuzione dei "contenuti" ereditati da un idealismo indifferente e
dei linguaggi poetici fino a quel tempo fertili in ogni singola nazione
battuta dalla guerra. Non è polemica questa, ripeto,ma diretta constatazione: esiste anche un documentario non visivodei fatti
dello spirito,rintracciabile  nelle parole "misurate"degli uomini
che non abbiamo ancora vergogna a chiamare poeti. il poeta si
è trovato improvvisamente gettato fuori dalla sua storia interna:
nell'odore del sangue bruciato,la sua  intelligenza particolare
aveva lo stesso valore di quella proletaria e collettiva che sapeva
di e no contare i pesci del miraolo cristiano. Il problema del
"perché indella vita s'era trasformato nel "come" si vive,o se
vogliamo in quello del "perché" si vive in un dato modo anzi
 che in un altro che non coltivi continuamente la morte quale protagonista della consolazione illimitata. Nasceva così una
nuova estetica:e certo dovremoridimensionare l'idea di poesia : comunque la tradizione  ci aiuta poco,soprattutto qui in Italia ,
dove l'uomo s'è permesso di parlare agli altri uomini in casi
singolari,nelle forme dei poemi lontani dalla loro storia
immediata ,dalla storia dei poeti,dico. Il discorso privato
(lirico) ha avuto uno sviluppo inconsueto(pensiamo anche
all'ultima poesia italiana ,quella di oggi,piena di numeri alti
nella quantità e nella qualità, ,anche se non ha voci forti
ancora, pedali indispensabili per definirsi  come"persona"),
s'è fatto corale:la poesia lirica s'è contaminata con l'elegia
e l'epica (forme già industriosamente fuse nella poesia
della lingua inglese ,per esempio ) . Ora non si pensi a una giustificazione di "forme" (questa parola è sempre equivoca
e la adoperiamo per approssimazione) che sono state
indicate dalla critica delle altre generazione come
provenienti da "linguaggi tradotti"per arrivare ad
ammettere poi una sorta di "internazionale della poesia"
come è avvenuto per la musica e la pittura. La pittura
e la musica sono arti che fino ad oggi hanno definito
 immediatamente un secolo nella sua natura più profonda
di oganizzazionecivile,di costume,di preferenza verso una
"poetica"; la poesia invece,è il nostro caso,non può
sfuggire alle lotte con la propria tradizione fondamentale
alle costruzioni e modulazioni della propria lingua non
può nemmeno aprirsi una vita senza un linguaggio particolare,
perché non è inutile riaffermarlo, soltanto nel linguaggio
è consegnata  la possibilità di scrivere poesia.

venerdì 24 marzo 2017

MONTALE. Giorno e notte

GIORNO E NOTTE

Anche una piuma che vola può disegnare
la tua figura , o il raggioche gioca a rimpiattino
tra i mobili, il rimando dello specchio
di un bambino, dai tetti. Sul giro delle mura
strascichi di vapore prolungano le guglie
dei pioppi e giù sul trespolo s'arruffa il pappagallo
dell'arrotino. Poi la notte afosa

sulla piazzola,ei passi,e sempre questa dura
fatica di affondare per risorere eguali
da secoli,o da istanti,d'incubo che non possono
ritrovare la luce dei tuoi occhi nell'antro
incandescente - e ancora le stesse grida e i lunghi
pianti sulla veranda
se rimbomba  i mprovviso il colpo che t'arrossa
la gola e schianta l'ali o perigliosa
annunziatrice dell'alba
e si destano i chiostri e gli ospedali
a un lacerìo di trombe ...

giovedì 23 marzo 2017

MONTALE.L'arca

L'ARCA

La tempesta di primavera ha sconvolto
l?ombrello del salice,
al turbine d'aprile
s'è impigliato nell'orto il vello d'oro
che nasconde i miei morti,
i miei cani fidati,le mie vecchie
serve - quaanti da allora
(quando il salce  era biondo e io ne stroncavo
le anelle con la fionda ) son calati,
vivi nel trabocchetto. La tempesta
certo li riunirà sotto quel tetto
di prima, ma lontano, più lontano
di questa terra   folgorata dove
bollono calce e sangue nell'improntanolia
del piede umano. Fuma il ramaiolo
in cucina, un suo tondo di riflessi
accentra i volti ossuti,i musi aguzzi
e li protegge in fondo la magnolia
 se un soffio ve la getta.La tempesta
primaverile scuote  d'un latrato
di fedeltà  la mia arca, o perduti ...
                                              ( La Bufera e altro)

mercoledì 22 marzo 2017

MONTALE.Su una lettera non scritta

SU UNA LETTERA NON SCRITTA.

Per un formicolio d'albe, per pochi
fili su cui s'impigli
il fiocco della vita  e s'incollani
in ore e in anni, oggi i delfini a coppie
capriolano coi figli? Oh ch'io non oda
nulla di te, ch'io fugga dal bagliore
dei tuoi cigli. Ben altro è sulla terra.

Sparir non so né riaffacciarmi: tarda
la fucina vermiglia
della notte, la sera si fa lungs ,
la preghiera è supplizio e non ancora
tra le rocce che sorgono t'è giunta
la bottiglia dal mare. L'onda,vuota,
si rompe sulla punta,a Finisterre.
                                      (La Bufera e altro)

martedì 21 marzo 2017

MONTALE.Sotto la pioggia

SOTTO LA PIOGGIA

Un murmure;e la tua casa s'appanna
come nella bruma del ricordo
e lacrima la palma ora che sordo
preme il disfacimento che itiene
nel'lafa delle serre  anche le nude
speranze ed il pensiero che rimorde.

"Per amor de la fiebre" ...mi conduce
un vortice con te. Raggia vermiglia
una tenda,una finestra si rinchiude.
Sulla rampa  materna ora cannina,
guscio d'uovo che va tra la fanghiglia,
poca vita tra sbatter d'ombra e luce.


                                                           

Strideva Adiòs muxhachcs,compañeros
de mi vida il tuo disco dalla cort:e:
e m'è cara la maschera se ancora
di là dal mulinello della sorte
mi rimane il sobbalzo che riporta
al tuo sentiero.
Seguo i lucidi strosci e in fondo,a nembi,
il fumo strascicato d'una nave -
Si punteggia uno squarcio ...
                                             Per te intrndo
ciò che osa la cicogna quando alzato
il volo dalla cuspide nebbosa
rémiga verso la Città del capo.
                                      (Le Occasioni)






lunedì 20 marzo 2017

MONTALE. Bassa marea

BASSA MAREA


Sere di gridi, quando l'altalena
oscilla nella pergola d' allora
e un oscuro vapore vela appena
la fissità del mare.
Non più quel trmpo.Varcano ora il muro
rapidi voli obliqui,ladiscesa
di tutto non s'arresta  e si confonde
sulla proda scocesa anche lo scoglio
che ti portò primo sull'onde.

Viene col soffio della primavera
un lugubre risucchio
d'assorbite esistenze; e nella sera,
negro vilucchio,solo il tuo ricordo
s'attorce e si difende.

S'alza sulle spallette,sul tunnel più lunge
dove il treno lentissimo s'imbuca.
una mandria lunare sopraggiunge
poi sui colli,invisibile,e li bruca.

                                    ( Le Occasioni)

domenica 19 marzo 2017

Montale.La casa dei doganieri

LA CASA DEI DOGANIERI

Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulls scogliera:
desolata t'attende dalla sera
in cui v'entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.

Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all'avventura
e il calcolo dei dadi più non torna .
Tu non ricordi; alto tempo frastorna
la tua memoria; un filo s'addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s'allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell'oscurità.


Oh! L'orizzonte in fuga, dove s'accende
rara la luce della petroliera !
Il varco è qui?(Ripullula il frangente
ancora sulla balza che scoscende ...)
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va  e chi resta.
                                          (Le Occasioni)

sabato 18 marzo 2017

MONTALE.Ripenso il tuo sorriso...

RIPENSO IL TUO SORRISO,
ED E' PER ME UN'ACQUA LIMPIDA

                                                              a  K.

Ripenso il tuo sorriso ed è per me acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d'un greto,
esiguo specchio in cui guardi un'ellera i suoi corimbi;
e su tutto l'abbraccio d'un bianco cielo quieto.

 Codesto è l mio ricordo;non saprei dire o lontano,
se dal tuo volto s'esprime libera un'anima ingenua,
 o vero tu sei dei raminghi che il male del mondo estenua
 e recano il loro soffrire  con sé come un talismano

Ma questo posso dirti,che la tua pensata effigie
sommerge i crucci estrosi in un'ondata di calma,
e che il tuo aspetto s'insinua nella mia memoria grigia
schietto come la cima d'una giovinetta palma...

                                              (Ossi di seppia)

venerdì 17 marzo 2017

MONTALE,Intervista immaginaria.

                                                      
                      
                     
                        
                           
                          
                             

giovedì 16 marzo 2017

UNGARETTI.Memoria d'Ofelia d'Alba



MEMORIA D'OFELIA D'ALBA.


Troppo presto
Tutta la luce vana fu bevuta,
Begli occhi sazi nelle chiuse palpebre
Ormai prive di peso,
E in voi immortali
Le cose che tra dubbi prematuri
Seguiste ardendo del loro mutare,
Cercano pace,
E a fondo in breve del vostro silenzio

Si fermeranno,
Cose consumate:
Emblemi eterni,nomi,
Evocazioni pure ...
               ( Sentimento del tempo)

mercoledì 15 marzo 2017

UNGARETTI.Non gridate più.




NON GRIDATE PIU'.


Cessate d'uccidere i morti,
Non gridate più, non gridate
Se li volete ancora udire ,
Se sperate di non perire.

Hanno l'impercettibile sussurro,
Non fanno più rumore
Del crescere dell'erba,
Lieta dove non passa l'uomo.

                         (Il Dolore)

martedì 14 marzo 2017

UNGARETTI.Nascita d'Aurora.



NASCITA D'AURORA.

Nel suo docile manto e nell'aureola,
Dal seno,fuggitiva,
Deridendo,e pare inviti,
Un fiore di pallida brace
Si toglie e getta,la nubile notte.

E' l'oraa che disgiunge il primo chiaro
Dall'ultimo tremore.

Dal cielo all'orlo,il gorgo livida apre.

Con dita smeraldine
Ambigui moti tessono
Un lino.

E d'oro le ombre,tacitando alacri
Inconsapevoli sospiri,
I solchi mutano in labili rivi.

                                                 (Sentimento del tempo)

lunedì 13 marzo 2017

UNGARETTI.O notte



O NOTTE


Dall'ampia ansia dell'alba
Svelata alberatura.

Dolorosi risvegli.

Foglie,sorelle foglie,
Vi ascolto nellamento.

Autunni,
Morbide dolcezze.

O gioventù,
Passata è appena l'ora del distacco.

Cieli alti della gioventù,
Libero slancio.

E già sono deserto.
Perso in questa curva malinconia.

Ma la notte sperde le lontananze.

Oceanici silenzi,
Astrali nidi d'illusione,

O notte.

                                    (Sentimento del tempo)

domenica 12 marzo 2017

UNGARETTI.San Martino del Carso

SAN MARTINO DEL CARSO.

Di queste case
non è rimasto
che qualche
brandello di muro

Di tanti
che mi corrispondevano
non è rimasto
neppure tanto

ma nel cuore
nessuna croce manca

E' il mio cuore
il paese più straziato

Valloncello dell'Albero Isolato,il 27 agosto 1916     (L'Allegria)

sabato 11 marzo 2017

Giuseppe Ungaretti.2




Alcuni anni fa,e precisamente nel 1950, mi domandò qualcuno quale fosse
a mia posizione di fronte a quegli scrittori che affermano di stabilire un
 equilibrio tra espressione artistica e attività sociale ...Risposi:"Non sono
 i fatti esterni che fanno lo scrittore:è lo scrittore che giudica,mediante la
 propria opera tali fatti dai quali,se è vero scrittore,non potrà mai essere
determinato. Certo , per natura, ogni uomo, elo scrittore, è nella storia e
non fuori dalla storia; ma se uno scrittore non riesce nella propria opera
ad esprimerla,la storia,infondendole il soffio e dandole l'impronta del
proprio personale esistere, è uno scrittore secondario del quale la storia
non terrà affatto conto. uno scrittore, un poeta, è sempre ,s econdo me,
impegnato a fare ritrovare all'uomo le fonti della vita morale che le
strutture sociali di qualsiasi costituzione siano,hanno sempre tendenza a
corrompere,a distaccare."
   In altri termini ,volevo suggerire  che il poeta è difatti,quando riesca  ad
esprimersi,radicato nella storia ,non potendo,se è poeta,non accorgersi
della sofferenza umana che lo circonda; ma volevo soprattutto suggerire
che al poeta ,e per le vie che gli sono proprie e non possono essergli
dettate,è i possibile,se riesca ad esprimersi,non sentirsi naturalmente
portato a dare alle proprie parole un significato di rottura  dei limiti della
storia , di liberazione dalle condizioni  e dalledeterminazioni della storia.
L'anelito a libertà è nell'essenza stessa della poesia, e mi sarà in proposito
d'aiuto a farmi meglio capire la citazione del passo certamente più bello
del Dialogo di Timandroe Eleandro di Leopardi."Se alcun libro morale
potesse giovare,io penso che gioverebbero massimamente i poetici: dico
i poetici prendendo questo largamente: cioè libri destinati a muovere
 l'immaginazione:e intendo non meno di prose he di versi. Ora io fo
poca stima di quella poesia  che letta e meditata non lascia al lettore
nell'animo un tale sentimento nobile che,per mezz'ora, gl'impedisca di
 ammettere un pensiero vile  e di fare un'azione indegna." In questo
pensiero del Leopardi è definito esattamente il potere di liberazione cui
alludevo  e che ritengo possegga la poesia, la vera.
Un altro punto, legato anch'esso  a mie personali convinzioni,è il seguente:
è errore parlare di decadentismo riferendosi all'arte di oggi in Occidente..
Quelle ricerche di linguaggio si chiudono col Coup de dés di Mallarmé e
con le ultime pitture di Cézanne dove appare il cubismo:si chiudono aprendo
la strada a nuove ricerche. Le ricerche nimate dal sentimento della decadenza
 risalgono alla seconda metà del Settecento. Il sentimento della decadenza è
un sentimento che si lega quasi esclusivamente ai sensi,un sentimento che
sà peso determinante alla storia ,all'invecchiamento cui anche la storia è
soggetta,alla storia intesa biologicamente.
Oggi nell'arte d'Occidente è il sentimento di invecchiamento della materia
che costituisce la leva  dell'ispirazione. Si sente che la materia ci soverchia,
e che i mezzi di sempre più paurosamente crescente potenza che il sapere
dell'uomo trae incessanemente dalla materia, anch'essi ci soverchiano, ci
fanno ogni giorno più soverchiante la materia. Nelle sue ricerche di linguaggio
è parso al poeta di doversi dedicare a trovare forme nelle quali un equilibrio
di liberazione, un equilibrio morale enisse ragionto rispetto all'opposizione
della  materia.  Non m'addentrerò a dire in quali modi in Occidente la musica
e la poesia  e la pittura abbiano nelle loro ricerche cercato di risolvere tanta
straordinaria crisi di linguaggio. Anche del resto nella scienza mi pare che
il liguaggio non si dibatta in minore crisi,e potremmo parlare,per esempio,
del colpo inferto alle matematiche classiche dalla microfisica per cui, chi ha
seguito le tappe e gli sviluppi della disputa  detta del determinismo che da
cinquant'anni ormai dura  e a cui hanno partecipato o partecipano insigni
uomini come Bohr, e Heisenberg,Einstein e Schroedinger,louis de Broglie
 e Max Born,per cui i sa che le matematiche classiche , e con esse il
determinismo ammesso dall'antica fisica e che era legato alla possiibilità
che avevamo di darci un'immagine precisa  della realtà fisica nel quadro
dello spazio e del tempo,sono divenuti  strumenti di sogni  inattuabili in realtà.
Quel monumento di logica ,onore della mente umana,che erano le matematiche
classiche, sarebbe dunque crollato? Oh! è uno strumento che renderà ancora
prodigiosi  serdvizi,e mi pare rimanga,pre quanto approssimativo possa essere
divenuto in dati casi, linguaggio di cui, dovendo esprimersi,non possono ancora
 privarsi nemmeno i culori di microfisica. .
In ogni caso non si tratterebbe di crisi della scienza,sarebbe cosa inconcepibile,
sarebbe semmai in crisi il linguagio scientifico necessario a dare modo di ragionare
con precisione su dati di cui sia in possesso il sapere sperimentale, oggi.
Il linguaggio non è la scienza,e non è neanche, il linguaggio,la poesia, e, in
poesi, l'uscita dalla crisi, la liberazione avviene di continuo,ogni giorno, anche
oggi. Crisi di linguaggio ci sono sempre state, non forse mai sconcertantii come
 quella attuale, la crisi è continua , e continua , in poesia, può essere la liberazione.
In poesia il linguaggio è in continua formazione, e di continuo fruttifica poesia.
C'è liberazione , frutto, quando in espressi modi o con arte, l'uomo, qualsiasi
uomo arrivi a tanto dominare moralmente il proprio tempo che,pure riflettendo
del proprio tempo gli aspetti terribili e gli aridi,pure riflettendone la cultura e le
polemiche che la cultura ingenera, il suo canto  si snodi tacitamente negli slanci
segreti d elcuore, o con un essenziale vocabolario, con un ritmo individuale e dei
propri tempi che si possa commisurare al tradizionale ritmo. Così si risalgono in
un grido,addietro le ere sino alla remotissima origine della umana voce,così si
oltrepassanell'illuminazione di un attimo, la storia fattasi presente nel suo nascere,
 nei suoi fini, nel suo cerchio sino al suo chiudersi.
 
    Ottobre 1957.                                                                           Giuseppe Ungaretti.

venerdì 10 marzo 2017

Giuseppe Ungaretti.1

Non so se la poesia possa definirsi. Credo e professo che sia indefinibile,
e che essa si manifesti nel momento  della nostra espressione,nel quale le
 cose che ci stanno più a cuore ,che ci hanno agitato e tormentato di più
nei nostri pensieri,he più a fondo appartengono alla ragione stessa  della
nostra vita ,ci appaiono nella loro più umana verità; ma in una vibrazione
 che sembra  quasi oltrepassare la forza dell'uomo,e non possa mai essere
né conquista di tradizioni né di studio,sebbene dell'uno e dell'altro sia
sostanzialmente chiamata a nutrirsi.  La poesia è bene dunque un dono,
come comunemente è ritenuta,o meglio, essa è il frutto di un momento
di grazia,cui non sia stata estranea,specie nelle lingue di vecchia cultura,
una paziente,disperata sollecitazione.
Ciò mi porta anche a considerare che i modi della poesia  sono infiniti,
tanti quanti i poeti del passato e i poeti che verranno. sono innumerevoli
 modi anche se il discorso si limiti a considerare la poesia di cui venga ,
oralmente o per iscritto tramandato,a permanere traccia; altrimenti si
dovrebbe  dire che ogni persona umana ha i suoi momenti di effusione
poetica.
Ecco già  tre punti fissati:che la poesia è di tutti,ch'essa scaturisce da
un'esperienza strettamente personale,ch'essa quindi nella sua espressione
deve portare il segno inconfondibile dell'individualità di chi la esprime,e
deve avere nello stesso tempo quei caratteri d'anonimia per cui è poesia,
per cui non è estranea a nessun essere umano.
Erano i punti che si presentavano a costituire per me un proposito molto
chiaro,sino dagli inizi del mio lavoro. in quegli anni si svolgeva storicamente
un periodo di smarrimento e di confusione,e non dico che sia l'attuale più
ordinato e sicuro;ma ,nei suoi principi,oggi in Europa forse si sa meglio dove
 si incontri la poesia e quali possano esssere le sue mire.
Si aveva allora il sentimento tra i giovani che,dopo il Foscolo,il Leopardi e
 il Manzoni da noi non ci fossero più stati poeti,che si fosse rotta una tradizione,
che i poeti venuti dopo non avevano nulla a che fare ,se non a parole,con la
nostra civiltà. Si era ingiusti,si esagerava;ma è nell'ordine della natura che
i figli si affermino, ribellandosi ai padri.Ci  ripugnava in ogni caso fino alle
radici del sangue ,il decadentismo,quella scuola i cui maestri e i ridicoli
epigoni,si consideravano come gli ultimi superstiti d'una società da esaltare,
come la stessa vita,  con atteggiamenti neroniani.Ci renda bene conto di
 questo:era giusto che allora i giovani sentissero che il discorso fosse da
riprendere dall'abbici,e che tutto fosse da recuperare.I Futuristi in un certo
senso avrebbero potuto non ingannarsi se non avessero rivolto l'attenzione
ai mezzi forniti all'uomo dal suo progresso scientifico,invece che alla
coscienza dell'uomo che quei mezzi avrebbe dovuto moralmente dominare.
S'ingannarono soprattutto perché avevano fatto proprie le più assurde
illusioni derivate dal Decadentismo,immaginando che dalla guerra e dalla
distruzione potesse scaturire qualche forza  e qualche dignità. Così
immaginarono che anche la lingua fosse da mandare in rovina,per restituirle
qualche attività e qualche gloria.
Senza presumere troppo dell'importanza dei miei primi sforzi né svalutare i
miei coetanei ,Futuristi ,Crepuscolari o Vociani,in mezzo ai quali feci quei
miei primi passi,non credo si possa contraddire ciò che la critica ha riconosciuto.
Mi apparve subito cioè come la parola dovesse chiamarsi a nascere da una
tensione espressiva che la colmasse della pienezza del suo significato.  La
parola che fosse travolta nelle pompose vuotaggini da un'oratoria ,o che si
gingillasse in vagheggiamenti decorativi  e estetizzanti,o che fosse
prevalentemente presa dal pittoresco bozzettistico,o da malinconie sensuali,
o da scopi non puramente soggettivi e universali,mi pareva che fallisse al
 suo scopo poetico. Ma fu durante la guerra,fu la vita mescolata all'enorme
sofferenza della guerra,fu quel primitivismo:sentimento immediato e senza
veli;spavento della natura e cordialità rifatta istintiva  dalla natura,spntanea
e inquieta immedesimazione nell'essenza cosmica delle cose; - fu quanto,
d'ogni soldato alle prese con la cecità delle cose, con il caos e con la morte
faceva un essere che in un lampo si ricapitolava  dalle origini,stretto a
risollevarsi  sconvolto a provare per i suoi simili uno sgomento  e un'ansia
smsurati e una solidarietà paterna ,- fu quello stato di estrema lucidità  e
d'estrema passione a precisare nel mio animo la bontà della missione già
intravvista ,se una missione avesse dovuto attribuirmi  e fossi stato atto a
compiere,nelle lettere nostre.
Se la parola fu nuda,se si formava a ogni cadenza del ritmo,a gni battito
 nella sua verità, era perchè in primo luogo l'uomo si sentiva uomo,
religiosamente uomo,e quella gli sembrava la rivoluzione che necessariamente
dovesse in quelle circostanze storiche muoversi dalle parole. Le
condizioni  della poesia nostra e degli altri paesi allora ,non reclamavano
del resto altre riforme,se non questa fondamentale..
Negli anni succeduti all'altra guerra  una strana teoria ebbe corso e fu
largamente accreditata.Furono gli scrittori ,i miei amici che s'incontravano
nella rivista La Ronda a sostenerla.. Per essi il verso  era morto e sepolto,
e la poesia moderna non poteva trovare la sua forma  se non in una prosa
numerosa . Rima si solo, e per quasi due lustri ,a dimostrare polemicamente,
e con le prove del mio lavoro,che il canto ancora  e sempre aveva esigenze
metriche molto piùrigorose. furono le mie preoccupazioni d'allora a portarmi
dalle ricerche di perfetta coincidenza tra la tensione ritmicadel vocabolo e la
sua qualità espressiva,mio principale tormento durante la formazione della
Allegria, a ricerche più complesse de unità verbale. Riconquistata dal ritmo
la sua funzione, mi parve potesse anche il verso riconquistare la sua come era
stata segnata a un orecchio italiano,dalla natura fonica delle nostre parole e
dalla tradizione sintattica e armonica  tramandata alle forme da secoli di una
esperienza impareggiabile. fu un lavoro difficilissimo e ostinato,tanto il nostro
orecchio era guasto.ma devo dire che non procedevo dall'esterno,che non si
trattava d'applicare alle parole uno schema metrici: si trattava di portare le
parole a prendere naturalmente quegli sviluppit del movimento ritmico che
le legasse metricamente in modo armonioso,cioè in modo che il loro senso
prendesse quanto più fosse loro possibile neanch'essa, è legata  potenza emotiva
e risalto di giustezza espressiva. la metrica non è accademica neanch'essa ,
è legata alla vita delle parole, e sappiamo da Dante a Petrarca, cioè nel giro
di pochi anni,già quale profonda riforma dimostrasse. Sappiamo di più ,
sappiamo come per il Leopardi ,procedendo dalla Canzone Petrarchesca, si
presentasse il problema di dover scombussolare da capo a fondo il suo modello
se voleva, come , per esempio, gli riuscì nella Ginestra, raggiungere una eloquenza
che fosse quella ispirata  dal suo singolarissimo genio.
La metrica è un fatto di considerevole funzione in poesia;ma fatto rimarrà sempre ,
come qualsiasi altro rispetto al discorso umano,di valore subordinato. Il fatto capitale
nell'umano discorso sono le cose che si hanno da affermare, a edificazione di tutti,
per conoscere se stesso.. Se ebbi da allora da meditare sulla memoria ,fu meno
perché vi fossi avviato da tecnici progressi da conseguire   che per la pienezza
di significato ch'essa aveva compito di dare alla parola ,infondendole peso,
estendendone e rendendone profonde le prospettive. Una parola che ha vita di secoli
che in tanta storia riflette tante cose diverse,che ci rimette a colloquio con tante
persone la cui presenza carnale  è sulla terra scomparsa, ma non quella dello spirito
se in  noi operano ancora le loro parole; - una parola che può farci sentire, per il
nostro dolore o il nostro conforto,nella suo viva stoeia la millenaria vicenda dello
operoso e drammatico popolo al quale apparteniamo, - una tale parola  ,se aveva
, un Leopardi, poteva ancora suggerire a un poeta d'oggi la via migliore d'arricchirsi
e moralmente  e nelle sue lirich espansioni. Fu così che sentii che la mia poesia
dovesse sempre più compenetrarsi di memoria come del suo tema sostanziale.la
stessa antinomia dell'individuo nei confronti della società moderna,la stessa poszione
dell'uomo al cospetto di dio,la stessa umanità dell'uomo, d'un essere  per sua natura
e sua volontà così grande e così fragile, la stessa causalità e la stessa finalità che dal
principio alla consumazione dei secoli uniscono l'uomo nella stessa tragedia
innumerevolmente rpetuta dalle nascite e dalle morti e dall'inquietudine  e dall'odio
e dall'amore, - tutto mi si compendiava nella mia  meditazione sulla memoria.Gli
stessi paesaggi mi sianimavano alla lucedel ricordo. lo stesso presentmento di
 catastrofe  che mi avveniva d'avere riflettendo alla crisi poliutica e sociale dei
tempi e al'irrimediabile dissennatezza degli uomini ,lo stesso mio dibattito per
uscire dalle incertezze davanti all'idea del Soprannaturale,gli stessi miei passaggi
da un errore a un'illusione  d'intravvedere la verità suprema che tutto attesta , -
tutto attingeva impeto e sofferenza per me dalla facoltà di ricordare che ha
l'uomo, per la quale l'uomo è l'uomo.

Se, tuttavia,la memoria in sé non contenesse un'antitesi che la muove e la rende
nonostnte tutto cordiale e amabile,sarebbe disperazione e condurrebbe al suicidio
e non alla poesia. Conduce la memoria alla poesia,perchè essa porta l'uomo e
porta la parola a quell'atto di desiderio di rinnovamento dell'universo per il
quale l'umanità fa sulla terra il suo lungo viaggio d'espiazione. Estrema aspirazione
della poesia è compiere il miracolo nelle oarole d'un mondo di felicità. risuscitato
nella sua purezza originaria  e splendido di felicità. Toccano quasi qualche volta
le parole,nelle ore somme dei sommi poeti,quella bellezza perfetta che era l'idea
divina dell'uomo e del mondo nell'atto d'amore in cui vennero creati.   

                                                             cantinua