lunedì 30 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.8



                                              Ecco tu entri nel betulleto ...                         

Mughetti

Afa sin dal mattino. Ma tu scosta
i cespugli, e  d’un colpo il meriggio pesante
con tutta la sua massa rovinerà alle tue spalle,
schiantandosi sotto il diamante.

crollerà con gli spigoli e coi raggi,
con faccette di tremuli barbagli,
come una cassa di vetro deposta
per terra da una spalla sudata.

coprendosi d’una tettoia di tenebre,
qui la bianchezza si annerisce di carbone.
Con una novità che non ha pari
la primavera è qui fiabesca come Ùglič.

La strage spietata dell’afa
qui non penetrerà dal margine del bosco.
Ed ecco tu entri nel betulleto,
voi vi guardate l’un l’altra.

Ma tu sei già preavvisato.
Qualcuno vi osserva dal basso:
l’umido burrone d’una pioggia secca
di rugiadosi mughetti è tempestato.

Esso si distacca e si solleva,
sospeso in grappoli di goccine,
a un dito,a due da una foglia
a un dito e mezzo dal rizoma.

Frusciando sommesse a mo’ di broccato,
come pelle di daino aderiscono le sue pannocchie.
tutta insieme l’oscurità del boschetto
le disgiunge per farsene dei guanti.
                                                           1927



                                       L umido burrone d’una pioggia secca  di rugiadosi mughetti è tempestato...





domenica 29 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.7.







Primavera.

Primavera,io vengo dalla via,dove  il pioppo è stupito,
dove la lontananza sbigottisce,dove la casa teme di crollare,
dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria
di colui che è dimesso dall’ospedale!

dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
lasciato da una stella senza continuazione
per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
insondabili e privi di espressione.
                                                                                               1918.


Pioppeta a primavera

sabato 28 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.6


Borìs Pasternàk





















Per superstizione

Scatola con una rossa melarancia
è la mia cameretta.
Oh,non imbrattarsi nelle stanze d’albergo
sino alla bara,sino all’obitorio!
Mi sono qui stabilito di nuovo
per superstizione.
Il colore dei parati è marrone come una quercia
e mi canta la porta.

Non mi lasciavo sfuggire di mano i  nottolini,
tu sgusciavi,
e il mio ciuffo sfiorava la tua bizzarra frangetta
e le labbra,le viole.

Oh!,vezzosa,in nome di quelli di prima
anche questa volta il tuo
abbigliamento cinguetta come un bucaneve
“Buon giorno!” all’aprile.

E’ peccato pensare che tu non sia una vestale:
sei entrata con una sedia,
hai preso la mia vita come da uno scaffale
e ne hai soffiata la polvere.
                                                                  1917

venerdì 27 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.5

...asperso e irrorato da un milione
di azzurre lacrime...





Nel vento.

Nel  vento che prova con  un  ramoscello
se per gli uccelli sia tempo di cantare,
sei intriso d’acqua come un passerotto,
ramo di lillà!

Le gocciole hanno il peso dei bottoni
e il giardino è abbagliante come un meandro,
asperso e irrorato da un milione
di azzurre lacrime.

allevato dalla mia tristezza
e da te coperto di spine,
è rinato stanotte,
pieno di borbottio,di fragranze.

Picchiò tutta la notte alla finestra,
e le imposte tintinnavano,
d’un tratto un umido soffio di rancido
scorse per il mio abito.

Svegliato da questa sequela incantevole
di tempi e di soprannomi,
posa il giorno presente
gli occhi addosso agli anemoni.
                                                1917.

Le gocciole hanno il peso dei bottoni...

giovedì 26 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.4





Il giardino piangente

Orrendo! Gocciola e ascolta
se è sempre solo al mondo,
- brancica  un ramoscello alla finestra come un merletto –
oppure se c’è un testimonio.

Ma è chiaro che soffoca dal peso
delle enfiature la terra porosa
e si sente che lungi,come in agosto,
la mezzanotte matura nei campi.

Non un suono. Non c’è nessuno a spiare.
Accertandosi della solitudine,
si appiglia alle vecchie maniere,si voltola
sul tetto,al di là della gronda e attraverso.

Lo porterò alle labbra per ascoltare
se sono sempre solo al mondo,
pronto ai singhiozzi ove occorra, -
oppure se c’è un testimonio.

Ma quiete. Nemmeno una foglia si muove.
Nemmeno l’ombra di un indizio, tranne
sgomente voli sorsi e guazzar di pianelle
e lacrime e sospiri nello spazio.
                                                            1917        



mercoledì 25 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.3





Dopo la pioggia

Dietro le finestre un pigia pigia,s’affolla il fogliame,
e il cielo caduto non è  raccolto dalle strade.
Ogni cosa s’è calmata. Ma che c’era prima!
Ora il discorso non è più quello ed è bonario.

All’inizio ogni cosa a rompicollo,alla rinfusa
irruppe nel recinto per dischiomare gli alberi,
e attraverso il parco calpestato, dall’ acquazzone alla grandine.
Poi dalle rimesse alla terrazza di travi.

Non potrai respirare lungamente questa forza densa.
E poiché al pioppo sono scoppiate le vene,
l’aria del giardino,come un infuso di soda,
frizza a mo’ di gazosa per l’amaro del pioppo.

Dai vetri dei balconi,come dalle anche e dalla schiena
di infreddolite bagnanti,rivoli di sudore.
Sfavilla congelato il cuneo delle fragole,
e i chicchi di grandine si stendono come sale da cucina.

Ecco un raggio,rotolando da una ragnatela,s’è nascosto
fra le ortiche,ma sembra che non per molto,
e non è lontano l’istante in cui il suo carboncino
divamperà nei cespugli,soffiando un arcobaleno.
                                                                        1915











martedì 24 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.2

Borìs Pasternàk
















Febbraio

Febbraio.  Prender l’inchiostro e piangere!
scrivere di febbraio a singhiozzi,
finché il tempo piovoso scrosciante
brucia come una fosca primavera.

Prendere una carrozza. Per sei soldi
fra scampanio e stridere di ruote
recarsi là dove la pioggia torrenziale
strepita più che lacrime e inchiostro.

Dove,come pere incenerite,
dagli alberi mille cornacchie
cadranno nelle pozze rovesciando
una secca mestizia sul fondo degli occhi.

Nereggiano di sotto gli spazi disgelati,
e il vento è solcato dai gridi,
e quanto più a caso,tanto più esattamente
si compongono i versi a singhiozzi.
                                             1912




lunedì 23 giugno 2014

Poeti russi del '900.B.Pasternàk.1

Borìs Pasternàk





BORÌS      PASTERNÀK

Fa  parte di quell’area futurista moderata  - il gruppo “Centrifuga”-  nel senso che mentre  condivide  con  quell’avanguardia  le ricerche  verbali , non rompe tuttavia con la tradizione. Diversamente da Majakovskij che si proclamava ”tredicesimo apostolo”o da Esènin che si autodefiniva “famoso poeta russo”, Pasternàk  è ritroso e modesto,appare costantemente alieno da ogni esibizione teatrale,non urla,si guarda dal declamare – come abitualmente faceva Majakovskij – strofe irruente e  tumultuose ,ma cesella con cura i suoi versi,nutriti delle memorie dell’infanzia,e riduce la troppo rumorosa realtà ad un sommesso fruscìo ,che evoca familiari colloqui .L’ambiente è quasi sempre una villa  alla periferia di Mosca. Anche qui ritroviamo oggetti ed arredi domestici osservati con l’attenzione che una lente può permettere. La natura è rappresentata  con  un lessico casalingo,familiare.
Nella natura il poeta si muove con un atteggiamento stupito. Sorpreso,sembra portare alla luce le cose per la prima volta ,quasi ad attribuire alla creazione che lo circonda l’incontaminazione delle origini .I suoi paesaggi sembrano  quadri ancora freschi di vernice ch’egli ha appena scoperto. Una natura peraltro avvolta in un mantello umido di pioggia e rugiada. Acquazzone è infatti l’immagine prediletta ,lo sfondo costante della sua poesia .Marina Cvetàeva chiamò la sua opera “luminoso acquazzone”(svetovòj lìven). Coinvolgendo perfino l’olfatto,con sapienti accorgimenti sonori riesce a esprimere i mutamenti dell’aria,i rovesci,i temporali,l’alternarsi di neve e bufere ,insomma tutta la possibile gamma dei maltempi che si scatenino intorno a sé. C’è una fragranza di pioggia  e di terra bagnata nelle sue liriche ,annotava Angelo Maria Ripellino,nessun poeta russo ha mai cantato con tanta bravura le variazioni atmosferiche,fino a intrecciarle con la sostanza stessa  della sua poesia.
Egli sminuzza le proprie rievocazioni in un tessuto  dove rappresenta i piccoli dettagli,fa sfilare  una vera  folla di ricordi personali,di notazioni  intime,di elementi biografici che rischiano di far perdere di vista il quadro d’insieme e di rendere complessa la sua comprensione. Ma il lettore paziente e  appassionato che sa penetrarla resta folgorato da quell’universo di parole gioiosamente luminoso,da cui sembra sgorgare un fluido dolcemente terapeutico. Uno stile,il suo,su cui la tecnica della musica sembra avere grande influe con il  trasferimento nella composizione dei versi ,le leggi e i modi specifici  di quella musicale .Frequente è l’uso del contrappunto di temi o metafore divergenti che si sviluppano in modo parallelo e dinamico su molteplici piani(per es. la sorprendente concatenazione ritmica  delle immagini intrecciate e sovrapposte di “Finestra,leggìo” e “Quando un giorno”). . Le sue trame poetiche procedono per scatti concettuali in un suggestivo,apparentemente disordinato balbettio, che è poi calcolata costruzione di stile.
Sempre inconsueto,imprevisto,nemico dei luoghi comuni come delle espressioni generiche scrive  tutto teso ad agglutinare le sue precise metafore  ,infilate spesso una dentro l’altra come i pezzi di un gioco di pazienza., funzionale alla rappresentazione del movimento e della crescita  delle sequenze del suo racconto e del mutamento  dei paesaggi via via delineati.
Un uomo che ha bisogno di solitudine,che vive un’epoca poco propensa al silenzio,alla quiete ,che sembra quasi volersi sottrarre ai legami con il proprio tempo,anche se quell’epoca è viva e presente nel contesto delle sue composizioni,anche se ,come dicono i  titoli dei suoi libri,ha cercato più volte di avvicinarsi ai motivi sociali,”oltre le barriere”,in una”seconda nascita”.