sabato 15 agosto 2020

XXI.NORVEGIA.47.lav Olav Håkonson Hauge .a.Non navighiamo sullo stesso mare




XXI.NORVEGIA

47.lav Olav Håkonson Hauge 

(18 agosto 1908-23 maggio 1994) è stato un poeta norvegese
 E 'nato a Ulvik ,un piccolo comune della Norvegia,
all'interno del  Hardangerfjord, dove è vissuto per tutta la sua vita
e dove è morto il 23 maggio 1994.. La natura di questo fiordo,
molto profondo e ramificato, gioca un ruolo estremamente importante
non solo nell’opera di Hauge, ma anche nella generalità
dell'arte e della letteratura norvegesi. Un esempio ne è il dipinto
“Matrimonio nel Hardanger”, diventato una sorta di icona nazionale.
Ha vissuto lì  tutta la sua vita, lavorando come giardiniere nel proprio frutteto .
Le prime poesie di Hauge sono state pubblicate nel 1946,
La sua opera completa l’8 apr 2013.
Fin da bambino Hauge aveva avuto una vera passione per la lettura:
frequentava la biblioteca del paese,e  si faceva così un’ idea dei libri
prima di acquistarli, facendosi  consigliare dal bibliotecario.
A scuola studiò l’inglese ed il tedesco, mentre il francese lo imparò da autodidatta.
Lavorò come giardiniere e frutticoltore dopo aver frequentato corsi appositi,
e nonostante le difficoltà economiche, riuscì a mettere insieme
una vasta biblioteca personale che comprendeva, oltre a testi nelle lingue
scandinave, anche libri in francese, inglese e tedesco.
Un altro interesse di Hauge era la letteratura asiatica,
in particolare la poesia classica cinese e gli haiku giapponesi.
Oltre a scrivere poesie, Hauge le traduceva dalle lingue che aveva studiato.
Tradusse, fra gli altri, Hölderlin, Blake, Tennyson, Browning,
Verlaine, Rimbaud, Mallarmé, Trakl, Brecht, Plath, Celan.
Per la propria poesia scelse il nynorsk, la variante del norvegese
basata sui dialetti,alternativa al riskmål, la “lingua di stato”.
Hauge ebbe spesso problemi di salute e frequenti ricoveri
in un ospedale psichiatrico.
Visse da solo, nella casa dei suoi genitori, fino a quando, nel 1975,
all’età di 67 anni,decise di iniziare una convivenza con Bodil Cappelen.
Nel 2000 sono stati pubblicati i suoi diari,
che cominciò a tenere fin dall’età di quindici anni.

a.Non navighiamo sullo stesso mare

Non navighiamo sullo stesso mare,
eppure cosí sembra.
Grossi tronchi e ferro in coperta,
sabbia e cemento nella stiva,
io resto nel profondo, io avanzo con lentezza,
a fatica nella tempesta,
urlo nella nebbia.
Tu veleggi in una barca di carta,
e il sogno sospinge l’azzurra vela,
cosí dolce è il vento, cosí delicata l’onda.

Olav H. Hauge

Traduzione di Fulvio Ferrari)
da “La terra azzurra”, Crocetti Editore, 2008

∗∗∗

Me sigler ikkje same havet
Me sigler ikkje same havet,
endå det ser so ut.
Grovt timber og jam på dekk,
sand og sement i romet,
djupt ligg eg, seint sig eg,
stampar i broddsjø,
uler i skodde.
Du sigler i ein papirbåt,
og draumen ber det blå seglet,
so linn er vinden, so var er bylgja.

Olav H. Hauge
da “Dagbok 1924-1994”, Samlaget, 2000


Con l'allitterazione (io resto/ io avanzo/ urlo) il poeta riesce
a  mettere in evidenza la difficoltà della navigazione.... f
orse per rappresentare il contrasto fra  le difficoltà dell'adulto(IO)
rispetto alla vita dei bambini ( tu veleggi) dipinta in quella barca di carta
che è opera solo dei fanciulli. L'autore non lo disillude,
anzi,subito nell'incipit, afferma che il proprio mare non è lo stesso,
che trasporta lui.Non si dice che cosa trasporti,anzi la si descrive vuota,
è sospinta dalla forza del sogno e allora tutto diventa dolce,delicato.
L’altra invece non ha nome, si sa solo che cosa trasporta...
Tutte cose pesanti…”grossi tronchi e ferro in coperta"
quindi un carico pesante nel presente (in coperta)
e "sabbia e cemento nella stiva" qualcosa che lo appesantisce
e lo lega al passato (la stiva).
E che sia proprio il passato quel profondo che ci propone subito dopo,
quello in cui è radicato?
Quindi una riflessione-denuncia della difficoltà della sua vita
espressa nella metafora della navigazione
e  quell ’aggiungere quell'urlo nella nebbia
è un elemento davvero inquietante.
Il contrario la scelta di quel verbo veleggiare molto aereo e leggero,
molto più positivo rispetto al comune navigare c
che già da solo ci rende l'immagine maestosa di una grande
(ed improba) impresa.




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