domenica 2 agosto 2020

XIV.CILE38.Neruda b.È come una marea .





XIV.CILE


38.Neruda

Pablo Neruda, pseudonimo di Neftalì Ricardo Reyes Basoalto,
nasce a Parral nel 1904; poeta e diplomatico cileno,
impegnato politicamente, alla fine degli anni ’40 fuggì in esilio
in Argentina, per poi raggiungere l’Europa e viaggiare
in varie parti del  mondo. Tornò in Cile alla fine degli anni ’60
e fu insignito, nel 1971, del Premio Nobel per la letteratura.
Mentre attende il permesso di espatrio per il Messico, muore,
ufficialmente di cancro alla prostata, nel 1973.


b.È come una marea

È come una marea, quando lei fissa su me
i suoi occhi neri,
quando sento il suo corpo di creta bianca e mobile
tendersi a palpitare presso il mio,
è come una marea, quando lei è al mio fianco.
Disteso davanti ai mari del Sud ho visto
arrotolarsi le acque ed espandersi
incontenibilmente
fatalmente
nelle mattine e nei tramonti.
Acqua delle risacche sulle vecchie orme,
sulle vecchie tracce, sulle vecchie cose,
acqua delle risacche che dalle stelle
s'apre come una rosa immensa,
acqua che va avanzando sulle spiagge come una

mano ardita sotto una veste,
acqua che s'inoltra in mezzo alle scogliere,
acqua che s'infrange sulle rocce,
e come gli assassini silenziosa,
acqua implacabile come i vendicatori
acqua delle notti sinistre
sotto i moli come una vena spezzata,
o come il cuore del mare
in una irradiazione tremante e mostruosa.
È qualcosa che dentro mi trasporta e mi cresce
immensamente vicino, quando lei è al mio fianco,
è come una marea che s'infrange nei suoi occhi
e che bacia la sua bocca, i suoi seni, le mani.
Tenerezza di dolore e dolore d'impossibile,
ala dei terribili
che si muove nella notte della mia carne e della sua
come un'acuminata forza di frecce nel cielo.
Qualcosa d'immensa fuga,
che non se ne va, che graffia dentro,
qualcosa che nelle parole scava pozzi tremendi,
qualcosa che, contro tutto s'infrange, contro tutto,
come i prigionieri contro le celle!
Lei, scolpita nel cuore della notte,
dall'inquietudine dei miei occhi allucinati:
lei, incisa nei legni del bosco
dai coltelli delle mie mani,
lei, il suo piacere unito al mio,
lei, gli occhi suoi neri,
lei, il suo cuore, farfalla insanguinata
che con le due antenne d'istinto m'ha toccato!
Non sta in questo stretto altopiano della mia vita!
È come un vento scatenato!
Se le mie parole trapassano appena come aghi
dovrebbero straziare come spade o come aratri!
È come una marea che mi trascina e mi piega,
è come una marea, quando lei è al mio fianco!
                    
Pablo Neruda,”È come una marea”, da Poesia, 1924-1964,

traduzione di Roberto Paoli, BUR, Milano, 1996

Ecco, allora,la grande e perfetta similitudine di Pablo Neruda
in cui la forza degli elementi naturali si amalgama con la luce,
il colore e i grandi spazi della sua terra:
Silenziosa e implacabile l’acqua della marea avanza
“come una mano ardita sotto una veste”.L’amore,la passione
e il desiderio  crescono  “incontenibilmente, fatalmente” come
la marea sotto il suo sguardo,per la vicinanza del suo duttile corpo,
e hanno in loro qualcosa di mostruoso perché incontrollabili,
“come un’ acuminata forza di frecce”che graffia.La similitudine,
che si articola nelle diverse immagini,è sostenuta da una sapiente
organizzazione del numero dei versi di ogni  strofa,che aumenta
fino al verso 24, trova il suo climax nei versi successivi - con le
immagini delle mani-coltello, di sapore surrealista, e il cuore
“farfalla insanguinata”-  per, poi, defluire nel finale. Il tono è
rinforzato  allo stesso tempo da un uso sofisticato di sonorità,
come il ripetersi di alcune parole come vecchio/ acqua/ risacche,
il martellante acqua/ lei ad inizio verso, e altre consonanze.
             L’elemento naturale, dunque, la terra come radicamento,
identificazione e coinvolgimento emozionale. Gli ambienti
diversissimi che caratterizzano il paesaggio del continente –
i monti , le vallate, le foreste tropicali, le nevi eterne,
i bacini fluviali, le pampas sconfinate, gli altipiani andini,
i deserti cileni, le grandi città e le favelas- diventano,
dunque, metafore di sentimenti, desideri o ricordi
(per esempio: “lo stretto altopiano della mia vita” del v. 47
in “È come una marea”). Come Walt Whitman[1], Neruda,
che ne fu il traduttore, insegna “a vedere con occhi nuovi
e a denominare quanto in precedenza non era stato visto
o nominato**” Il dovere del poeta in Sudamerica
“consiste nell’esprimere l’inudito”***.
          
*Walter (Walt) Whitman (1819-1892) grande poeta statunitense,
cantore della democrazia e dell’uomo comune, fu molto amato
da Neruda. Giornalista errante scoprì la vastità e la bellezza
del continente americano, insieme all’energia innovatrice
dei suoi pionieri. Sperimentando un senso di estatica unione
con la natura, assorbì i dettagli del mondo esterno nell’Io poetico
(corpo-anima) e si espresse attraverso un linguaggio nuovo
e una metrica non convenzionale. La sua opera più conosciuta
è Foglie d’erba, una sorta di autobiografia interiore in versi.
** Da  Harold Bloom, Il canone occidentale, Bompiani, 1996/2005;
a cura di F.Saba Sardi. Pag 425.
*** Da un’intervista di Robert Bly a Neruda (1966), citata in Harold Bloom,
Il canone occidentale,Bompiani, 1996/2005; a cura di F.Saba Sardi








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