XIV.CILE
38.Neruda
Pablo Neruda, pseudonimo di Neftalì Ricardo Reyes
Basoalto,
nasce a Parral nel
1904; poeta e diplomatico cileno, impegnato
politicamente,
alla fine degli anni ’40 fuggì in esilio in Argentina,
per poi
raggiungere l’Europa e viaggiare in varie parti del mondo.
Tornò in Cile alla
fine degli anni ’60 e fu insignito, nel 1971,
del Premio Nobel per la letteratura. Mentre attende il
permesso
di espatrio per il
Messico, muore, ufficialmente di cancro
alla prostata, nel
1973.
d.Il
mare
Ho bisogno del mare perché m'insegna:
non so se imparo musica o coscienza:
non so se è onda sola o essere profondo
o sola roca voce o abbacinante
supposizione di pesci e di navigli.
Il fatto è che anche quando sono addormentato
circolo in qualche modo magnetico
nell'università delle acque.
Non sono solo le conchiglie triturate
come se qualche pianeta tremante
partecipasse lenta morte,
no, dal frammento ricostruisco il giorno,
da una raffica di sale le stalattiti
e da una cucchiaiata il dio immenso.
Ho bisogno del mare perché m'insegna:
non so se imparo musica o coscienza:
non so se è onda sola o essere profondo
o sola roca voce o abbacinante
supposizione di pesci e di navigli.
Il fatto è che anche quando sono addormentato
circolo in qualche modo magnetico
nell'università delle acque.
Non sono solo le conchiglie triturate
come se qualche pianeta tremante
partecipasse lenta morte,
no, dal frammento ricostruisco il giorno,
da una raffica di sale le stalattiti
e da una cucchiaiata il dio immenso.
Ciò che m'insegnò prima lo custodisco! È aria,
vento incessante, acqua e arena.
Sembra poca cosa per l'uomo giovane
che giunse a vivere qui con i suoi incendi,
e tuttavia il battito che saliva
e scendeva al suo abisso,
il freddo dell'azzurro che crepitava,
lo sgretolamento della stella,
il tenero dispiegarsi dell'onda
sperperando neve con schiuma,
il potere quieto, lì, determinato
come un trono di pietra nel profondo,
sostituì il recinto in cui crescevano
ostinata tristezza, oblio accumulato,
e bruscamente cambiò la mia esistenza:
diedi la mia adesione al puro movimento.
(Pablo Neruda, Memorial de Isla Negra)
vento incessante, acqua e arena.
Sembra poca cosa per l'uomo giovane
che giunse a vivere qui con i suoi incendi,
e tuttavia il battito che saliva
e scendeva al suo abisso,
il freddo dell'azzurro che crepitava,
lo sgretolamento della stella,
il tenero dispiegarsi dell'onda
sperperando neve con schiuma,
il potere quieto, lì, determinato
come un trono di pietra nel profondo,
sostituì il recinto in cui crescevano
ostinata tristezza, oblio accumulato,
e bruscamente cambiò la mia esistenza:
diedi la mia adesione al puro movimento.
(Pablo Neruda, Memorial de Isla Negra)
Da un punto di vista letterario, e in particolare poetico,
Pablo Neruda non mostra
mai alcuna esaltazione.
Non è un fanatico.
Neruda umanizza anche i suoi ideali, come se
il suo uomo
fosse fatto di pensiero
più che di corpo, o dovesse
convincere il corpo a
seguire i dettami dello spirito
razionalizzato. Coerentemente, la sua
espressione migliore
è fatta di leggerezza,
possiede quel suo tocco incantato,
lontano dal peso della
parola e del concetto a tutto tondo.
La sua eleganza espressiva
mantiene tuttavia una costante
consistenza lontana da banalizzazioni, da
vuota retorica.
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