XIII.MESSICO
38. Octavio Paz,
Poeta, saggista e diplomatico,
nasce a Città
del Messico nel 1914
e muore a Città del Mesico nel 1998.
Gli viene conferito il Premio Nobel
per la Letteratura nel 1990.
a. I tuoi occhi.[1]
I tuoi occhi sono la patria del lampo e
della lacrima
silenzio che parla
tempesta senza vento, mare senz'onde,
uccelli prigionieri, dorate fiere
addormentate,
topazi crudeli come la verità
autunno in una radura del bosco dove la
luce canta su
l'omero di un albero e sono uccelli tutte le foglie
spiaggia che il mattino trova costellata d'occhi,
cesto di frutti di fuoco,
menzogna che alimenta
specchi di questo mondo, porte
dell'aldilà,
palpito tranquillo del mare a
mezzogiorno,
assoluto che ammicca,
altopiano deserto.
Octavio
Paz,”I tuoi occhi”,
da
La libertà sulla parola, Guanda,
Parma, 1965
Con
Rafael Alberti eravamo evidentemente
tornati
di nuovo in Europa, le sue immagini così
suggestive mi fanno venire in mente però un poeta
che sa immergersi nella cultura del continente
Europa,
anche
se per nascita appartiene al continente
America
e
sa cantare con passione anche le tradizioni del suo paese.
Dalla
natura attinge però sempre a piene mani,
per
illuminare di folgoranti similitudini i suoi versi.
Alludo all’ operazione che ritrovo anche nel componimento
di
Octavio Paz[2], che ho
deciso di proporre oggi
dove
ha saputo innestare nella tradizione
del
sentimento esuberante della natura della sua
terra
i
frutti delle avanguardie europee ed ha saputo ottenere così
immagini
che sono schegge di cristallo, puri bagliori di luce.
L'importanza che assume l'immagine nei versi di
Octavio Paz
mi ricorda a sua volta un altro poeta europeo come
Paul Eluard.
Due poeti e la loro tecnica metaforica che consente
palpiti
di straordinaria intensità ed effetti di bellezza
sorprendenti e imprevedibili, sono infatti
caratteristiche
comuni ad entrambi.Il flusso delle immagini talora
incalza
con un ritmo percussorio,martellante ed echeggia
la forza
trascinante di una cascata torrenziale.
Può assumere le sembianze di un vortice incontenibile
perché l'esigenza espressiva dei due poeti è
insita
nella natura stessa dell'immagine- universo,
nell'immagine- assoluto che domina la loro opera.
I vari tipi di similitudine, metafora, analogia,
che trasformano le immagini in surrealtà sensibili,
ora accostando ora fondendo fenomeni diversi,
consentono di ottenere effetti di folgorante
concentrazione.
Essi tendono a sconvolgere i rapporti logici del
discorso
per crearne di nuovi, talora con effetto polivalente.
Dalla foresta
di parole sanno scegliere avvicinamenti
che seguono
traiettorie inusuali.
Ecco allora
lo scambio dell'astratto con il concreto,
la fusione o l'approssimarsi di sensazioni o fenomeni
contrastanti come "gli occhi che rivelano la
mente"
o "il fresco dell'estate" e "il tepore
dell'inverno" in Paul Eluard
oppure "il
silenzio che parla", "le tempeste senza vento",
"il mare
senz'onde", "gli uccelli prigionieri" e
"le dorate fiere addormentate" di Octavio
Paz.
Uno scrigno davvero elettrizzante, pieno di "diamanti
del cuore"[3].’
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