giovedì 30 luglio 2020

XIII.MESSICO 38.Octavio Paz,a.I tuoi occhi





XIII.MESSICO

38. Octavio Paz,

Poeta, saggista e diplomatico,
nasce a Città del Messico nel 1914
e muore a Città del Mesico nel 1998.
Gli viene conferito il Premio Nobel
per la Letteratura nel 1990.

a. I tuoi occhi.[1]

I tuoi occhi sono la patria del lampo e della lacrima
silenzio che parla
tempesta senza vento, mare senz'onde,
uccelli prigionieri, dorate fiere addormentate,
topazi crudeli come la verità
autunno in una radura del bosco dove la luce canta su
l'omero di un albero e sono uccelli  tutte le foglie
spiaggia che  il mattino trova costellata d'occhi,
cesto di frutti di fuoco,
menzogna che alimenta
specchi di questo mondo, porte dell'aldilà,
palpito tranquillo del mare a mezzogiorno,
assoluto che ammicca,
altopiano deserto.

Octavio Paz,”I tuoi occhi”,
da La libertà sulla parola, Guanda, Parma, 1965

   Con Rafael Alberti eravamo evidentemente
tornati di nuovo in Europa, le sue immagini così
 suggestive mi fanno venire  in mente però un poeta
 che sa immergersi nella cultura del continente Europa,
anche se per nascita  appartiene al continente America
e sa cantare con passione anche le tradizioni del suo paese.
Dalla natura attinge però sempre a piene mani,
per illuminare di folgoranti similitudini i suoi versi.
 Alludo all’ operazione  che ritrovo anche nel componimento
di Octavio Paz[2], che ho deciso di proporre oggi
dove ha saputo innestare nella tradizione
del sentimento esuberante della natura della sua  terra
i frutti delle avanguardie europee ed ha saputo ottenere così
immagini che sono schegge di cristallo, puri bagliori di luce.
L'importanza che assume l'immagine nei versi di Octavio Paz
mi ricorda a sua volta un altro poeta europeo come Paul Eluard.
Due poeti e la loro tecnica metaforica che consente palpiti
di straordinaria intensità ed effetti di bellezza
sorprendenti e imprevedibili, sono infatti caratteristiche
comuni ad entrambi.Il flusso delle immagini talora incalza
con un ritmo percussorio,martellante ed echeggia
 la forza trascinante di una cascata torrenziale.
Può assumere le sembianze di un vortice incontenibile
perché l'esigenza espressiva dei due poeti  è  insita
nella natura stessa dell'immagine- universo,
nell'immagine- assoluto che domina la loro opera.
I vari tipi di similitudine, metafora, analogia,
che trasformano le immagini in surrealtà sensibili,
ora accostando ora fondendo fenomeni diversi,
consentono di ottenere effetti di folgorante concentrazione.
Essi tendono a sconvolgere i rapporti logici del discorso
per crearne di nuovi, talora con effetto polivalente.
 Dalla foresta di parole sanno scegliere avvicinamenti
 che seguono traiettorie inusuali.
    Ecco allora lo scambio dell'astratto con il concreto,
la fusione o l'approssimarsi di sensazioni o fenomeni
contrastanti come "gli occhi che rivelano la mente"
o "il fresco dell'estate" e "il tepore dell'inverno" in Paul Eluard
 oppure "il silenzio che parla", "le tempeste senza vento",
 "il mare senz'onde", "gli uccelli prigionieri" e
"le dorate fiere addormentate" di Octavio Paz.
Uno scrigno davvero elettrizzante, pieno di "diamanti del cuore"[3].’






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