62.Forugh Farrokhzad.*
Eterno crepuscolo.
-Giorno o notte?
-no, mio caro, è l'eterno crepuscolo
con due rondini nel vento
due bare bianche
voci lontane, incerte, smarrite
come il correre del vento
nelle piane distanti
-Bisogna dire qualcosa
sì, qualcosa
il mio cuore brama unirsi alle tenebre
bisogna dire qualcosa
Che greve oblio
cade una mela
i semi gialli di cotone si spezzano
sotto il becco dei miei canarini innamorati
il fiore delle fave ,
abbandona i suoi nervi azzurri
nell'inebriante brezza
per sfuggire all'ansia di un'ambigua metamorfosi
e qui, in me, nella mia testa?
Oh...
nella mia testa non c'è altro
che il denso turbinìo
delle particelle rosse
e il mio sguardo
come una menzogna
è timido e impaurito
-Io penso alla luna
-io alla parola in poesia
-io penso alle sorgenti
-io alle illusioni della terra
-io penso al profumo denso del grano
-io alla leggenda del pane
-io penso all'innocenza dei giochi
a quella stradina stretta e lunga
piena di alberi di acacia
-io al triste risveglio dopo il gioco
allo stupore oltre la stradina
e al lungo vuoto oltre il profumo delle acacie
- gli eroi?
-oh i cavalli soni vecchi e stanchi
-l'amore?
è solo , e dalla finestra abbassata guarda
i deserti senza Majnun*,il folle d'amore,
lungo il cammino che confuso ricorda
il lento e sensuale passare di una caviglia in armilla
-desideri?
-si perdono
nella congiura spietata di mille porte
-chiuse?
-sì, chiuse, sempre chiuse
ti stancherai
-io penso a una casa
con i torpidi respiri dell'edera
con le luci accese come luccichìo degli occhi
con le notti pigre, serene ,assorte
e un bimbo dal sorriso infinito
come cerchi ripetuti dell'acqua
e un corpo sanguigno come un grappolo d'uva
-io penso alle macerie
al saccheggio dei venti oscuri
a una luce sospetta
filtrare di notte dalla finestra
e a una tomba, piccola come il corpo di un bimbo
- e il lavoro?
- sì, ma dietro quell'enorme scrivania
si nasconde un nemico sospetto
che ti mastica lentamente
insieme al legno e alla carta
e mille altre inutili cose
e infine ti annegherai in una tazza di té
come una barca nello stagno
e non vedrai altro che il denso fumo delle sigarette
nella sbiadita e lontana linea dell'orizzonte
-una stella?
-sì, centinaia e centinaia,
tutte prigioniere oltre la notte
-un uccello?
-sì, centinaia e centinaia
e il loro futile orgoglio nel volare
nei nostri ricordi lontani
-io penso a un grido nel vicolo
-io a un topolino inerme
che ogni tanto passa sotto i muri
-bisogna dire qualcosa
sì, qualcosa
al chiarore del mattino, nell'attimo tremante
quando l'aria ,come il senso della pubertà,
d'un tratto si unisce a qualcosa d'ignoto
io vorrei arrendermi alla rivolta
vorrei piovere,
piovere da quella densa nube
vorrei dire no ,no, no...
-andiamo
-bisogna dire qualcosa
-bicchiere di vino, letto, sonno o solitudine?
-andiamo...
Un misticismo nuovo, tutto immerso nella natura che
ci propone una grande poetessa ,pur dell'Oriente, sia pur medio, Forugh Farrokhzad, iraniana. Una combattente,
morta tragicamente e prematuramente per un incidente stradale .
Qui un lungo canto esemplare a testimonianza della possente forza di rinnovamento che la anima e che ha saputo imprimere alla poesia iraniana, mentre conduceva instancabile la sua lotta per i diritti delle donne del suo paese.
*]Forugh Farrokhzad nasce a Tehran nel 1935 e perde la vita in un incidente d’auto nel 1967 a Tehran.
*da "E' solo la voce che resta" canti di una donna ribelle del novecento iraniano:
FORUGH FARROKHZAD
a cura di Faezeh Mardani,docente all'università di Bologna
*Il protagonista del celebre romanzo d'amore in versi Leyll e Majnun del poeta persiano
Nezìmi(1141-1209),simbolo della follia d'amore.
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