sabato 4 maggio 2013

Dedica ai miei amici lettori ucraini.V.Symonenko






Vasyl Symonenko   [1] 

Drammatica e sentita poesia di un poeta appartenente ad un paese tormentato come l’Ucraina. Giornalista, attivista e dissidente politico è considerato una della più importanti figure della letteratura di questo Paese alla fine degli anni sessanta. La sua poesia qui scelta a rappresentare il suo Paese è una delle poesie più tristi che siano mai state scritte. L'Ukraina è stato al centro del primo stato slavo orientale il quale nei secoli X e XI fu uno dei maggiori stati europei. Il toponimo Ucraina deriva dallo Slavo Antico Orientale ukraina, formato da u cioè "vicino, presso" e la radice slava kraj, cioè "territorio". Pertanto, "ukraina" significa "periferia". In ucraino "krajina" significa semplicemente "paese, terra". L'Ucraina, con i suoi 603700 km² di estensione è la seconda nazione più grande d'Europa, dopo la Russia europea e prima della Francia metropolitana. L'Ukraina è una repubblica semi-presidenziale con la classica tripartizione dei poteri:legislativo, esecutivo e giudiziario. Il Presidente, eletto direttamente dal popolo, resta in carica 5 anni ed è formalmente il Capo dello Stato. La cultura ucraina è profondamente ancorata alle tradizioni del passato. Ancora oggi non è raro sentire cantare il dumy, una canzone storica popolare o sentire suonare il kobza, uno strumento molto popolare durante il XVI secolo. Il panorama culturale ucraino ha assistito anche ad una ripresa della poesia e delle canzoni dei cosacchi. Numerosi sono i giochi e le danze che intrattengono il popolo ucraino durante i giorni di festa. Le danze, in modo particolare, sono parte di tradizioni cosacche e si rifanno ad antichi culti ucraini. 



Solo

Spesso sono solo - come Crusoe
in cerca di navi all’orizzonte.
Il pensiero affonda lentamente
in una sacca vischiosa di parole.
Buco il cielo azzurro
a colpi d’occhi di rasoio;
sono avvolto in pelli
di speranze uccise.
- O, mio Venerdì, dove sei!
Orizzonti disperati fuoriescono dalla mia gola,
perdendosi in lontananza:
- Dammi, mio Dio, qualche nemico,
se mi neghi un amico!


[1] (1935-1963)









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