Rimasta sola, Zoé è ancora
immersa nelle suggestioni che la lettura
delle poesie del grande poeta surrealista ha saputo creare. E decide, dunque,
di prolungare quello stato di grazia andando a curiosare fra i testi di un
poeta a lui contemporaneo, anche lui surrealista e militante politico nelle
stesse file, ma che si propone, se ricorda bene, in modo molto diverso. E, poi,
si chiede, dopo i grandi dell’avanguardia surrealista - come appunto
Paul Eluard e Louis Aragon[1], il compagno di strada antagonista - che ne è stato dello sperimentalismo nelle
generazioni successive dei poeti francesi?
E qual è il genere di
sperimentazione che si pratica oggi in Francia?
Questi gli interrogativi che Zoé intende soddisfare, per i quali si mette subito a scartabellare sollecita nei ripiani della sua libreria.
Ed è con grande
soddisfazione che alla fine della serata può consegnare alla memoria del suo
fedele PC il bilancio consuntivo delle sue appassionate ricerche:
·:Aragon e la sua immersione nel concreto quotidiano.
Aragon, un poeta per il quale il mondo esiste, esterno e reale anche quando
è surrealista. Un poeta con la vocazione ad essere presente nel mondo dove
abita, come attore consapevole. Se nel suo universo l’incanto, il simbolo
appaiono spesso, essi affiorano tuttavia al termine del suo percorso sulla
terra concreta, quotidiana, immediata.[2]
·
La
metabolizzazione della tradizione.
Anche nelle avanguardie, come nella poesia della tradizione, coesistono due
famiglie di poeti. Se Eluard è acqua
sorgiva, primigenia e purissima, Aragon è invece acqua generosa e abbondante,
che scorre, raccogliendo quello che incontra nel lungo cammino, e lo metabolizza.
È lo stesso poeta che ci dice: ”Cerco di perseguire con la poesia
contemporanea, ricca di tutta l’eredità
francese dei secoli, questa esperienza di linguaggio divino – Io canto».[3] È abile,
insomma, nell’imitare, nel prendere a prestito, nel fabbricare pastiches,
sa attingere alle fonti più pure del passato e trarne preziosa originalità con
esercizio paziente. Poesia è per lui quella combinazione di parole concepite
per ingannare, afferrare, catturare l’emozione del lettore. Un’implacabile
miscela di sentimenti, di immagini, di idee, di parole, di ritmi, di rime, che
si scolpisce indelebile nella sua memoria. I suoi elementi di forza sono dunque
il respiro, gli accordi, l’assemblaggio di giochi di parole, il ritorno
regolare di frasi, la caduta attesa, ritardata, elusa e tuttavia prevedibile di
un ritornello, elementi fissi ai quali la memoria si abitua, che sottintende e
sostiene l’architettura del testo poetico. Sa fare insomma oggetti lirici di
quegli oggetti quotidiani che la realtà contemporanea propone.
·
La riscoperta
della rima.
La poesia di Aragon è capace delle parole più dolci e della musicalità più
soave. Già altri surrealisti[4] avevano rivelato elementi di contraddizione,
decretando la morte della rima e dedicandosi poi a giochi ritmici, dove si
assiste alla penetrazione della rima nel verso intero. In realtà la riflessione
sulla rima era cominciata già con Verlaine[5]. Si notava che ormai erano tutte conosciute, che
era impossibile inventarne di nuove, che in esse dunque era insito l’obbligo di plagio, di
imitazione, di recupero dell’eco sbiadita di versi precedenti. Apollinaire[6],
poi, aveva individuato la malattia della rima nell’abuso per un fine di mera ginnastica
e aveva cercato di guarirne.
Aragon sostiene invece che non può
esser vero che non esistano rime nuove, quando viviamo in un mondo nuovo.[7]E attribuisce alla rima una nuova dignità,
erigendola a strumento che introduce cose nuove nell’antico e nobile linguaggio
che ha in sé il suo fine e che si chiama
poesia. La rima cessa di essere derisione e partecipa alla necessità del mondo
reale, in quanto anello che lega le cose alla canzone e fa sì che le cose
cantino”.[8]
·
L’amore
assoluto.
Nelle poesie per Elsa, Aragon si serve di parole semplici e essenziali,
dove ogni particella è tuttavia lava incandescente, meteora del
vocabolario. Le parole d’amore intorno a
un volto incrociano acuti ed ebbrezze, laceranti lamenti e vortici di canzoni e
Aragon manifesta la sua genialità in ogni verso, in ogni accento.Il regno
dell’amore, dove debolezze e rinunce si affiancano ai pretesti e alle occasioni per esaltare il meglio
dell’uomo, raramente si addice al genio poetico. Cuore/amore è ormai una rima terribilmente usurata.
Ma qui Elsa porta con sé ricordi, analogie, tradizioni, simboli, rifiuti,
speranze. Una magnifica mitologia concreta
che i legami irragionevoli e sacri -
costruiti dagli amanti tra loro e i loro destini- intessono. Ogni sentimento, ogni sofferenza
del poeta, ogni sua volontà, ogni sua
intuizione costituiscono il tramite di quest’amore che lo lega al mondo intero e che lui a quella vasta dimensione sa
estendere. Non esiste che un amore e tutto quel che si ama, un volto solo lo
riassume, il volto di Elsa. Creazione di un’immagine magnifica dell’amore
completo, totale che può arrivare a rinunciare a se stesso se si tratta di
salvare quel che esso abbraccia al di
fuori di sé. “La poesia di Aragon fa
uscir fuori quella falce d’oro nel campo delle stelle che va a falciare
il respiro del lettore e a rapirlo”[9]
[1] Louis Aragon nasce a Paris nel 1897 e muore a
Saint-Arnoult-en Yvelines, nel 1982.
[2] Cfr.Claude Roy in Aragon,
Pierre Seghers éd.,Coll.Poètes
d’aujourd’hui, 1945,Paris.
[3] Ibidem.
[4] Come Robert Desnos. Suo
il celebre distico :”Gal, amant de la
Reine, alla (tour magnanime)/galamment de l’arène à la Tour Magne, à Nîmes ”(« Gal, amante della
Regina, andò (giro magnanimo) galantemente dall’arena alla Tour Magne a Nîmes), Cfr. Louis
Aragon: La Rime en 1940».In
Le crève-coeur e Le nouveau
crève-coeur , NRF, Poésie /Gallimard, Paris, 1941.
[5] Cfr. Paul Verlaine ”Art Poétique” , op.cit.
[6] Guillame Apollinaire (Wilehlm de
Kostrowitsky) nasce a Roma in una casa non più esistente nei pressi di piazza
Mastai a Trastevere nel 1880 da Angelica de Kostrowitsky, di origine polacca ma
cresciuta a Roma, e da un italiano, forse un ufficiale borbonico, molto più
anziano. Dopo brevi soggiorni a Monaco, Cannes, Aix-en-Provence, Lione, madre e
figli i trasferiscono a Parigi nel 1889. Il giovane deve lavorare come
precettore in Germania, mentre pubblica i primi versi. Al ritorno a Parigi si
lega agli ambienti artistici (è amico di Picasso), scrive analisi sui Salons. Nel 1913, ha successo con “Alcools” e pubblica anche “Pittori
cubisti”. Nel 1914 si arruola per la Grande Guerra. Ferito alla testa, muore
nel 1918 per febbre spagnola.
[7] Louis Aragon, La Rime en 1940 ; nella rivista Poètes Casqués 40 del 20 aprile 1940.Trad. di Maria Gabriella Bruni.
[8] Ibidem.
[9]Claude Roy, in Aragon, op.cit.
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