martedì 2 novembre 2021

108 . Ingrid de Kok sembra , soprattutto rappresentiare la globalizzazione della lotta delle donne per una condizione paritaria,

 

Donna allo specchio[1]

 

Non sono la donna del treno

che si infila tra le gambe la tua mano

e poi guarda fuori dal finestrino

 

 Non sono la donna con i capelli color henné

in una strada di città, che senza una parola

ti chiama con un cenno, ti chiama.

 

e neppure la donna allo specchio

che ti guarda mentre la guardi

e il vetro  si appanna di fumo.

 

non sono la donna che ti stringe

mentre invochi i nomi di amanti perdute

come farai col mio.

 

Quella donna:

ripiegata, che ti offre il sesso

come una testa d’aglio, in cambio di niente;

quella che non lascia impronte,

che si nasconde nell’amuleto della tua protezione;

quella circondata dai fotografi

che stampano il suo duttile sorriso, la sua pelle:

quella donna.

 

Mi  metto da parte e la osservo,

vergine – vedova, bruciare sulla tua pira.

Acrobata che cade in una rete di cenere

tra le fiamme la sua bocca gocciola cera,

le sopracciglia si scorticano

il sesso scuce i suoi specchietti

 

La tua donna: cugina, sorella gemella.

tu vuoi che bruci, distante, muta.

io voglio salvarle la lingua, strapparla.

 

             Con  Ingrid de Kok  infine sembra di poter concludere su una dimensione culturale che, più che africana o occidentale, rappresenti  la globalizzazione della lotta delle donne per una condizione paritaria, la sensibilità  poetica di un autore che, più che della linfa della sua terra o delle sue esperienze esistenziali oltre i suoi confini, si sia nutrita delle sofferenze e  maturata con le tensioni del suo genere, gettando fertili semi di parole nel campo della storia per un futuro in cui  tutti i generi possano raccogliere frutti più dignitosi e maturi.



[1] Ingrid de Kok,”Donna allo specchio”, da Mappe del corpo , a cura di Paola Splendore, Donzelli, 2008.

 

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