Gordon e Zoé possono
finalmente lasciarsi andare ai loro consueti duetti, seduti al tavolo di un piccolo ristorante delle
Ramblas, di fronte a una paella
davvero sontuosa.
È una selezione molto
interessante quella che le Donne di Carta hanno presentato. Ha saputo affiancare
a modelli di riferimento, come le poesie di Antonio Machado e di quei maestri, che
frequentarono quella particolarissima comunità di artisti senza leader che fu
la “Casa de los Chopos”[1],i testi delle personalità più originali della
“Generazione del ‘27”.Uno strano raggruppamento di
poeti, pittori, cineasti,musicisti e architetti che condividevano la tensione per
il rinnovamento. Nei poeti, in particolare, è evidente una spinta comune alla
revisione dello stile barocco, all’antiretorica, per poi finire, però, per
imprimere ciascuno alla propria produzione direzioni diverse.
- Gordie, ora bisogna fare
un altro brindisi!-prorompe Zoé, appena conquistato il loro tavolo - Che gioia,
e che fatica contenerla tutta durante
l’esibizione! Avevo dimenticato la grandezza del “Secolo d’argento delle
lettere spagnole.[2]
-Mi sono chiesto davvero
come fosse possibile vederti tanto a lungo in silenzio … -interviene Gordon -
Dai! Scherzavo! Come siamo suscettibili,
però … Non prendertela, non è il caso di fare quell’espressione imbronciata!
Allora, su, brindiamo alla Spagna, ai suoi grandi poeti e a Sant Jordi! - e poi
continua - Penso poi che abbia molto contribuito la forza comunicativa, quella
meravigliosa capacità di trasmettere emozione delle Donne di Carta, non credi? Proprio brave! Così diverse, ma tutte
possedute da quella tensione, da quella concentrazione assoluta che crea, su di
te che ascolti, un legame così intenso, una sorta di filo invisibile che si
tende fra i due poli, una sorta di effetto calamita che consente la piena
condivisione del piacere di ogni rivisitazione. Penso proprio che la Donna di
Carta quando dice il suo pezzo diventi il poeta, anzi di più: si identifichi e
faccia percepire con il suo corpo e la sua voce
il testo stesso da lei scelto e amato.
In realtà ci fa assistere alla
sua piena immersione nella vocalità del testo: c’è un misterioso ponte gettato
tra la scrittura e la voce … Anche là dove un testo non nasce per essere accompagnato
da strumenti musicali, diventa tuttavia materia
musicale, nel momento in cui viene detto in un certo modo …
- Come al solito, molto
profonda la sua riflessione, Mr Fisher, unita a molta galanteria! Nei miei
confronti e nei confronti delle belle Donne di Carta!-replica ironica Zoé-
Comunque, anche io ho apprezzato la loro capacità di mettersi in relazione col
pubblico, che, mi sembra, abbia anche saputo cogliere l’occasione.
Un’opportunità, del resto, per tornare alle origini, Omero, i Troubadours … Io
, però, se permette, Mr Fisher, io ho provato qualche preferenza. Ho apprezzato in modo particolare il risultato
del lavoro del ” poeta per grazia di Dio (e del diavolo)”, devoto “
della tecnica e dello sforzo”[3] nel suo madrigale.
Come sottrarsi al sortilegio di quel bacio succoso e intenso
come una “melagrana profonda e
spalancata “sulla sua bocca, pur delicata e fragile come una rosa di carta!
- Dai –la interrompe Gordon premuroso - ora mangia piuttosto questi succosi
frutti di mare, se la paella si raffredda
non ti piacerà e sarà un vero peccato! Comunque hai ragione. Lo sai come sono
sensibile all’eterno femminino … Ma non è solo questo. La poesia è l’arte del “dictare”, è quasi retorica, più che letteratura: ricordati Dante. La
poesia nasce come arte orale e lo è sempre rimasta. Il tratto in cui non lo è
stata più è davvero infinitesimale. La dimensione vocale è fondamentale nel
testo scritto. Sai già come la penso: il metro, il ritmo sostengono la
struttura e finiscono per costituire l’impianto, l’impalcatura delle figure, perfino nel tuo adorato Rimbaud! Considera, ad
esempio, come quella voce di velluto ha
reso davvero unici quei versi di Federico Garcia Lorca! E inoltre, che invidia intravvedere quel paradiso
in terra, costruito semplicemente con un campo silenzioso dove scorre con
discrezione un fiume, dove è una piccola fonte e dove i baci degli innamorati
sono “sonori nèi nell’eco”. Un vero “Paradiso perduto”! Se poi pensi alla sua
vita, all’esilio, alla fucilazione … Che crudele, dannato contrasto!..
Zoé si è interrotta un
attimo per bere un sorso, ma tesa, subito aggiunge- Certo, penso che fosse
inevitabile l’esilio negli anni della dittatura franchista per uomini capaci di
immagini impalpabili e libere, perciò tanto affascinanti. Pensa a quelle di Rafael Alberti coi suoi ”valzer del
cielo” che i venti suonano nei capelli di lei, mentre la prima luna degli
innamorati fa capolino dietro al suo
ventaglio. Che sapiente capacità di collegarsi con i fervori innovativi delle
avanguardie europee e, nello stesso tempo, rendere omaggio ai maestri, come
Béquer,[4], di sapere insomma trovare il punto di equilibrio
e di sintesi che permette di recuperare una vena neo-popolare, di essere il
poeta di tutti, rifiutando ogni odore di accademia, e tuttavia raggiungere con
naturalezza e semplicità una eleganza e una raffinatezza estreme. Quanto a ritmo, metro, lo sai,io preferisco
privilegiare i termini armonia
/disarmonia . Credo che in certi testi una certa disarmonia insistita, a
volte aggressiva, addirittura corrosiva, è il vero supporto alla efficacia
figurale. In questo senso posso condividere il tuo modo di sottolineare la
musicalità di un testo poetico. Ma … Ancora
una curiosità. Hai colto anche tu
qualcosa di diverso, di più autentico e diretto in questa, non saprei come
chiamarla esattamente, performance in rapporto alle altre esperienze in cui l’ attore
dice o legge poesie?
- Allora, andiamo con ordine- riprende Gordon
- Prima un’osservazione sui maestri spagnoli: il punto di equilibrio tra
opposti,appunto,mi sembra anche l’elemento comune delle personalità,per altri
versi, molto differenti, dei componenti di questo gruppo straordinario di
intellettuali. La sintesi che Lorca seppe trovare tra tradizione colta e
popolare, tra avanguardia e tradizione è quella che io ritrovo nella poesia pura
di Pedro Salinas intessuta di intelligenza e di sentimenti senza mai scadere in
sentimentalismi e, tantomeno, in intellettualismi. Piuttosto, un rifuggire
dalla retorica, una ricerca severa del
linguaggio, essenziale, spoglio, che ti riporta ai valori essenziali
dell’essere, alla nudità vera dei pronomi. ” La voce a te dovuta “ è davvero
magnifica, non sei d’accordo?
- Sì, certo-concorda Zoé, ribattendo però
subito dopo- Ma è proprio qui che risiede il loro fascino. Pensa alla loro
ammirazione per Antonio Machado, appena una generazione precedente alla loro,
e, tuttavia, con la forza di creare un modo originale per esprimere la propria
preoccupazione per i problemi dell’Uomo . Io penso a Vicente Aleixandre e alla
sua “Figlia del mare ”, alla “ generosa
presenza” della sua “bellezza irresponsabile”, alla sua ”innocenza offerta ad
occhi savi” come una “conchiglia lasciata dalle onde”, come la “spuma che resta
quando la riva si ritrae”. Quanto lontano il sogno, quanto fondate le
inquietudini …
- È vero-continua Gordon - Come il grande
Machado che accenna a qualche mistero, improvviso ed etereo, come la storia
d’amore che s’incardina nel cuore del poeta che ricorda come nella vita c’è molto di incompreso e che è pronto
tuttavia ad afferrare il ritmo nuovo dello spazio, impresso dalla mano di lei
che si posa sul suo braccio, l’imprecisa cosa felice che la brezza dice sui
rami senza saperlo, che fa riapparire il
quadro della sua vita nella quieta piazzetta tra le acacie fiorite e la limpida
fonte o la dorata assenza incantata o infine quell’amore che nel confuso
specchio rompe gli scenari dei suoi crepuscoli antichi. Aleixandre si lascia
trafiggere dagli occhi azzurri della figlia del mare che raggiano e si lascia
legare al caldo nodo della sua presenza. Devo confessarti che sono stato
conquistato dalle movenze, in sintonia con il movimento del mare, e dallo
sguardo incantato e luminoso della suadente Donna di Carta che l’ha rievocata
per noi - e, dopo una rapida occhiata preoccupata alla sua interlocutrice, prosegue:
- Aleixandre è un poeta legato al suo mare, ma con un forte legame anche con la
sua terra: la sua originalità non si lascia contaminare dalle scosse
sismiche delle avanguardie europee, ma
affonda le sue radici nella tradizione
del suo paese che non abbandonò neppure per l’esilio. La sua poesia angosciata
ed esistenzialista è testimonianza
alta della durissima guerra che
fu vissuta dal suo popolo...
-Sei proprio un incorreggibile maschio -lo interrompe Zoé-
e non solo britannico! Ma quanto charme
in quel sondare le profondità dell’essere e della storia … Confessa
che lo fai apposta per sottolineare la
mia natura compulsiva che ti disturba. E, ora, la mia piccola curiosità … sono
sempre in attesa …
-Oh! Basta coi
battibecchi e le sfide scherzose -propone Gordon sorridendole- Ognuno è come è.
Sono d’accordo con Salinas. L’ideale sarebbe esserlo senza maschere e senza
orpelli, ma è utopico. Se vuoi il mio parere, dunque, sì, è proprio vero. Se
devo essere sincero, ho provato spesso un certo fastidio, quando mi sono
trovato di fronte a un attore dalla forte personalità, specialmente se interpretava
un poeta che conoscevo bene e che amavo particolarmente. Non mi piaceva che la
sua visione del mondo soffocasse quella
che secondo me era del poeta. Oggi, invece, la donna che era corpo
in scena, che diceva versi era riconoscibile per la verità che stava in quel
momento dicendo, che sgorgava direttamente dal testo; mi è sembrata, di volta
in volta, un corpo-voce prestato al corpo-voce del testo poetico, la sua strada
autentica per interpretare il mondo.
Insomma, secondo me, nella Donna di Carta (che non è un attore che recita poesie)
il suo ego non traspare, totalmente cancellato per l’immedesimazione piena con
la verità carismatica del poeta. Ecco
perché ci sono particolarmente piaciute. Eccola, secondo me, la natura del
rapporto diretto, che però è frutto di amore e di attenta ricerca. Ora però -
aggiunge pomposamente- è tempo per la conclusione degna di una serata così
intensamente ricca di emozioni diverse; lasciami allora chiudere adeguatamente,
imprimendo ancora un segno all’atmosfera festosa che ci circonda e alzando insieme i bicchieri di un’abbondante
e robusta sangria … Il sigillo di un
momento prezioso di sogno!
È proprio vero! Gordon ha ragione. I poeti, questi artigiani
capaci di dominare le parole e ricavarne incantesimi, sanno bene che la più
ricca delle esperienze umane è anche la più limitata nei suoi mezzi
d’espressione e che le parole possono uccidere l’amore. Forse è dunque perché
conoscono questa verità che spesso scelgono, per cantarlo, la via del
sogno, sfruttando i tesori dell’immaginazione, sfalsando i piani di quel mare
agitato delle emozioni illogiche, confuse del desiderio e finiscono così per
arredare la nostra memoria con i particolari più leggeri, scorrevoli e
splendenti che arricchiranno per sempre la realtà dei nostri rapporti.
Che cos’è che rompe nello specchio
confuso gli scenari dei crepuscoli antichi dell’amore: il tempo vano di una
sera inutile, la dorata assenza, la sembianza liquida o semplicemente l’alba
vera che si è accesa tra i monti?
È solo l’incantesimo del
sogno che può cancellare tutti i connotati e permettere di
ritrovarci in allegria liberi e puri per amarci nell’universo spoglio e
sano dei pronomi, per quel che essenzialmente siamo,IO e TE.
Perché il poeta vorrebbe essere sabbia
e sole, dove lei si distende per riposare e lasciare poi l’impronta tenera e
tiepida del suo corpo, accarezzato dal
bacio lento di lui, vorrebbe essere vetro, tessuto, legno, materia che
conserva nello spazio e nel tempo colore e profumo, che sarebbe familiare al
tocco di lei, che, per abitudine, lei vedrebbe senza dover guardare. Vorrebbe essere la sua allegria e il suo
amore. Certo, proprio tutto questo il poeta sogna di offrire alla sua
innamorata, ma non può che offrirle che quello che nella realtà egli
semplicemente è.
Una
collana di grani, lievi come fiocchi di nuvole
e limpidi come gocce di cristallo, quella del sogno, dell’universo
impalpabile e paradisiaco tratteggiato dai grandi maestri spagnoli nei loro
versi appena ascoltati, in armoniosa sintonia con la tradizione della speciale
festa di Sant Jordi dedicata alle parole di inchiostro della poesia e
degli innamorati.
Una collana di parole che, per lo
spessore onirico e il sapore talora un
po’ sciamanico, hanno la forza di nutrire e rinvigorire quel sentimento, quella
passione, quel desiderio che il linguaggio verbale inadeguato del quotidiano
potrebbe fare appassire.
Più tardi, a bordo: -Domani sera, toccherà a te presentare “Versi di carne e
desiderio”.
-Sì, prima dello spettacolo di flamenco.
-Sarà un successo, ne sono certo.
Buonanotte, amore.
[1] La Residenza si poneva
il compito iniziale di supportare l’insegnamento universitario attraverso la
creazione di un ambiente intellettuale e di convivenza fra studenti e insegnanti, fra
gli uomini delle arti e quelli delle scienze, con un marcato stampo umanistico,
e di essere il centro di accoglienza
delle avanguardie europee. Lorca, Dalí e Buñuel furono tra i residenti più
prolifici. Lo scrittore Miguel de Unamuno, il compositore Manuel de Falla, i
poeti Juan Ramòn Jimènez, Pedro Salinas e Rafael Alberti, il filosofo Josè
Ortega y Gasset -per citarne solo alcuni- si potevano spesso incontrare agli
appuntamenti della strapiena agenda culturale della casa. Anche Albert
Einstein, Paul Valery, Marie Curie, Igor Stravinsky, John M. Keynes, Walter
Gropius, Henri Bergson, Le Courbusier vi passarono per scambiare conoscenze e
impressioni. La casa si trovava in una zona tranquilla di Madrid, su un colle
battezzato dai poeti come Colina de los Chopos (Colle dei Pioppi). Aveva
una cinquantina di camere, molto austere e semplici (letto di pino, vaso da
notte, libreria, scrivania e due sedie). Le occupavano giovani, dai 15 anni in
avanti per i quali i genitori, o loro stessi, avevano scelto una educazione
alternativa a quella dell’Università Centrale. La Residenza si finanziava con
gli affitti pagati dagli studenti, anche se dopo qualche anno una parte dei
fondi furono destinati a creare borse di studio per i meno agiati. Come unico
lusso, in mezzo a questo clima di silenzio e austerità, c’era un pianoforte nel
salotto del piano terra. Lo suonava spesso Lorca dopo la cena. Nella loro vita
quotidiana, gli studenti adottavano le abitudini inglesi, considerate più
adatte allo sviluppo della creatività, con pasti anticipati sugli usi spagnoli
e tè in giardino alle cinque di pomeriggio. La poesia è stata forse l’attività
che si è sviluppata tra quelle mura nel modo più bello e profondo. Raramente
era il centro della vita collettiva, tranne nella camera di Lorca, che invitava
spesso gli amici a letture di versi. Nella residenza nacque la cosiddetta
Generazione del ‘27, che raccoglieva un gruppo di poeti rinnovatori. Erano
giovani, quasi sempre colti, benestanti, repubblicani e di sinistra. Hanno
scritto una delle pagine più importanti della letteratura spagnola. È qui che
Lorca,Alberti e Salinas scrissero ‘El
Manifesto de la Colina’.
[2] Gli Spagnoli chiamano il Novecento il secolo d’argento delle lettere ” per distinguerlo
dal secolo d’oro di Cervantes.
[3]Definizione della condizione/del mestiere di poeta di
Federico Garcia Lorca.
[4] Poeta spagnolo del XIX secolo; un
frammento di un suo verso è in epigrafe della poesia di Rafael Alberti “Terzo ricordo”, vedi pagine precedenti.
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