mercoledì 2 ottobre 2019

Il vento nella poesia dei cinque continenti.





                                       IL VENTO



Il vento nei versi di poeti di differenti generazioni e di genere differente, rappresentanti differenti culture nei cinque continenti




   I poeti impiegano la lingua della poesia: alcune immagini rimangono fisse nella memoria e così, con naturali variazioni,
si ripresentano costantemente nella mente e nel cuore di autori
e lettori: i grandi temi della riflessione sulla vita, sul destino e
sulle possibilità di un esistenziale riscatto.
   Ed io ho qui cercato di individuare le diverse interpretazioni 
che uomini e donne di differenti regioni del mondo ,appartenenti
a diverse  generazioni,circondati da elementi naturali che fanno parte della vita di tutti noi,danno anche di questi elementi. In 
questa raccolta, in particolare, mi sono occupata del vento .
Ed ho voluto risalire fino all’uso ancestrale di questo mitema,
elemento della natura che ha affascinato l’uomo di ogni 
cultura fin da quella orale.

   Gli etnologi e in genere tutti gli studiosi di folclore sono 
concordi nell'affermare che i racconti popolari, così come le 
fiabe di magia, abbiano una funzione sociale. La tradizione è 
infatti nel suo significato più profondo un immenso serbatoio 
di immagini e di simboli attinenti ad un mondo arcaico e primitivo, di cui il racconto fiabesco  conserva ancora una fievole eco. Secondo  Mircéa Eliade, la letteratura orale si confonde sin dalle origini con la religione perché ne propaga i miti che, nelle società arcaiche, raccontano realmente la storia del mondo e degli eroi. La letteratura orale «raccoglie tradizioni e credenze, assicura, modificandoli profondamente,nel senso che il ricordo di fatti salienti e il culto degli eroi o degli dei, fissa il vero e crea il meraviglioso. È insomma il prodotto di innumerevoli coscienze
 che si interrogano e vogliono spiegare il mondo». L'universo delle fiabe e delle narrazioni magiche popolari non sarebbe quindi solo la semplice iridescenza di pure e semplice fantasie, ma la inevitabile, necessaria denaturazione per opera del tempo di antichissimi miti e rituali che caratterizzavano gli aspetti magico - religiosi dei popoli ai primi stadi della civiltà umana. Analogamente al mito greco di Danae, scoviamo per esempio nella fiaba russa di Ivan Vieter (Ivan il Vento) il residuo evanescente dell'antica credenza del potere autofecondante della donna, dove una principessa, rinchiusa in un'alta torre, passando accanto ad una fessura tra i mattoni, s'impregna della forza di un elemento straordinario, il vento appunto, e resta incinta. La fiaba sembra voler dimostrare, mascherata sotto l'aspetto magico della rappresentazione, una 
sorta di fissità ideologica nel ritenere il maschio, o più elegantemente il principio virile generatore, un aspetto del 
tutto privo di valore all'interno delle credenze popolari antiche,
di cui  la fiaba s'incarica di raffigurare l'aspetto mitico sovrannaturale: non è un uomo infatti a trascendere la 
verginità della principessa reclusa, ma come in tutti i prodigi
 delle madri immacolate e dei figli divini il compito spetta ad
 un criterio esterno che per logica narrativa è del tutto inatteso,
 ad una specie di intervento miracoloso che s'insinua nella
storia attribuendole una valenza fantastica.


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