venerdì 31 maggio 2019

24.Lunario.Forugh Farrokhzad.7



ASIA

IRAN

La luna in Forugh Farrokhzad
Ancora un notturno ci regala Forugh che apre una
finestra per ammirare il cuore della terra,la sua vasta
tenerezza che colma di doni le mani della solitudine.
una finestra necessaria e sufficiente per crescere dopo
un’infanzia di carta che una scuola dannosa le ha dato,
dopo che la giustizia ha imposto una benda nera agli occhi
ingenui del suo amore insegnandole il suo dovere cogente
di amare follemente. Una finestra determinante e
fondamentale verso l’attimo di conoscenza. Le esplosioni,
le nuvole contaminate non sono altro che l’eco dei versetti
dei profeti. Bisogna far sapere alla luna della strage dei fiori.
 Non resta che l’istante,con il desiderio di sentirsi viva
donando la tenerezza di un corpo alle carezze di uno sconosciuto
 e chiedendogli una parola di conforto.



24. Forugh Farrokhzad
Nasce il 29 dicembre 1934 a Tehran,Iran.
Forugh  Farrokhzâd : sfidando le autorità religiose e i letterati
conservatori, Farrokhzad espresse con fermezza sensazioni  e
sentimenti della situazione femminile nella società iraniana
degli anni ‘50/’60, contribuendo in modo decisivo al rinnovamento
 della letteratura persiana del '900. Il ruolo  della donna nel
matrimonio convenzionale, le libertà prevaricanti del ruolo di madre
 e donna libera, il rapporto conflittuale dell'essere donna e non poter
 godere del proprio corpo liberamente, le diedero la forza di combattere,
 ma le impedirono di godere di una vita normale.
E’ morta a Darband ,Tehran,il 13 febbraio 1967 in un incidente stradale,
di ritorno da una visita alla madre.


Una Finestra


Una finestra per vedere
una finestra per sentire
una finestra che come il cerchio di un pozzo
raggiunge,nella sua estremità,il cuore della terra
e si apre verso la vastità di questa tenerezza
azzurra e ripetuta
una finestra che colma
di doni notturni dal profumo di stelle generose
le piccole mani della solitudine

E da lì
si può ospitare il sole
alla nostalgia dei gerani,
una finestra mi basta
Io , vengo dal paese delle bambole
dall’ombra degli alberi di carta
nel giardino di un libro illustrato,
da aride stagioni di sterili esperienze
d’amore e d’amicizia
nelle stradine polverose di infanzia
vengo dagli anni in cui crescevano
pallide lettere dell’alfabeto
dietro i banchi di una scuola infetta,
e dall’istante in cui gli alunni
potevano scrivere sulla lavagna la parola “pietra”
e gli stormi spaventati volavano via dal vecchio albero

io vengo da radici di piante carnivore
e il mio cervello risuona ancora
del grido della farfalla,
crocifissa a un album con uno spillo

Quando la mia fiducia
pendeva dalle fragili corde della giustizia
e in tutta la città
si frantumava il cuore delle mille luci
quando bendavano
col fazzoletto nero della legge
gli occhi ingenui del mio amore
e delle tempie pulsanti del mio desiderio
schizzavano getti di sangue
quando la mia vita ormai
non era altro che il ticchettio dell’orologio,
capii che dovevo,dovevo
dovevo follemente amare.

Una finestra verso l’attimo di conoscenza ,sguardo,quiete
ora il noce è cresciuto abbastanza
da spiegare alle tenere foglie
il perché della presenza del muro
chiedi allo specchio
il nome del tuo redentore
la terra che trema sotto i tuoi piedi
non è forse più sola di te?
I profeti portarono al nostro secolo
l’annuncio della devastazione
e queste esplosioni continue
queste nuvole contaminate
non sono forse l’eco dei loro versetti sacri?
O amico,o fratello,o consanguineo
quando arrivi sulla luna
scrivi la data della strage dei fiori.

I sogni sempre
precipitano dall’alto della loro ingenuità
e si infrangono
sento il profumo del quadrifoglio
che è cresciuto sulla tomba degli antichi significati
era forse la mia giovinezza
la donna,sepolta nel sudario della virtù e dell’attesa?
salirò forse ancora
per le scale della curiosità a salutare
il buon Dio che passeggia sul tetto?

Sento che il mio tempo è finito
sento che “l’istante”solo
è la mia parte delle pagine della storia
Sento che il tavolo
e le mani di questo triste sconosciuto

Dimmi qualcosa
chi ti dona la tenerezza di un corpo vivo
cos’altro desidera da te

se non sentirsi vivo?

Dimmi qualcosa
Al riparo della mia finestra
io,sono amica del sole


Da FORUGH FARROKHZAD,”E’solo la voce che resta”,Aliberti  ed.2009.
 




[1] Il suono dei campanelli,legati alle ginocchia dei cammelli,è il segno della carovana in cammino.








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