mercoledì 22 maggio 2019

15.Lunario.Matsuo Basho



ASIA

GIAPPONE




La luna di Matsuo Basho

Per consentire l'ammirazione della luna, perfino
le nubi hanno rispetto e consentono una tregua,
una breve interruzione della loro ingombrante presenza.

La luna è una delle indiscusse protagoniste di molti
versi della poesia del mondo,  non è certo una novità
quella di immaginarsela presenza amica, ma è il modo
a  fare la differenza.

15,Matsuo Bashō.
1644-Osaka, Ueno,28-11-1694: è stato un poeta giapponese del periodo Edo.Nome originale 
Matsuo Munefusa, probabilmente il massimo maestro giapponese della poesia haiku. Nato 
nella classe militare ed in seguito ordinato monaco in un monastero zen.Divenne poeta famoso
con una propria scuola ed allievi, col passare del tempo, sempre più numerosi. Viaggiatore instancabile, descrive spesso nella sua opera l'esperienza del viaggio. La sua estetica fa 
coincidere i dettami dello zen con una sensibilità nuova che caratterizza la società in 
evoluzione: dalla ricerca del vuoto, la semplicità scarna, la rappresentazione della natura,
fino ad essenziali ma vividi ritratti della vita quotidiana e popolare.
Il nome di famiglia del poeta era "Matsuo" ma usualmente lo si chiamava semplicemente "Basho", senza il cognome. Durante la vita assunse diversi nomi d'arte. Assunse il nome bashō, che significa banano, da un albero ricevuto da un allievo. Si dice che il clima fosse stato troppo rigido perché questo albero potesse portare frutto, e intendeva che lo pseudonimo evocasse l'idea di un poeta inutile, o almeno affezione per le cose inutili.
Nacque a Ueno, nella provincia di Iga, vicino a Kyoto.. Era il figlio di un samurai di basso livello e inizialmente lavorò al servizio del signore locale, che era solamente due anni più vecchio di lui. Entrambi si divertivano a scrivere haiku, e la prima opera conosciuta di Bashō risale al 1662. A partire dal 1664 le sue prime poesie furono pubblicate a Kyoto, e fu all'incirca in questo periodo che adottò il nome samurai di Munefusa. Il suo padrone morì nel 1666 e Bashō preferì andarsene di casa che servirne uno nuovo. Suo padre era morto nel 1656.
Tradizionalmente si crede che abbia vissuto a Kyoto per almeno parte dei sei anni seguenti; durante questo periodo pubblicò le proprie poesie in numerose antologie. Nel 1672 si spostò a Edo (ora  Tokyo). Continuò a scrivere, e dal 1676 era riconosciuto come un maestro dell'haikai, pubblicando un suo "libretto" e giudicando in gare di poesia. Acquisì un seguito di studenti, che costruirono per lui il primo rifugio "Basho" nell'inverno del 1680.
Bashō non trovò soddisfazione nel suo successo, e si rivolse alla meditazione Zen. Nell'inverno 
del 1682 il rifugio venne distrutto da un incendio, e sua madre morì prematuramente nel 1683. Nell'inverno 1683 i suoi discepoli lo omaggiarono di un secondo rifugio, ma rimase insoddisfatto. Nell'autunno del 1684 iniziò un viaggio che in seguito chiamò i ricordi di uno scheletro scosso 
dalle intemperie - il titolo di un giornale di viaggio con prose e poesie che compose al termine 
dello stesso. Il percorso lo condusse da Edo al monte Fuji, ad Ise, Ueno e Kyoto, prima di 
tornare a Edo nell'estate del 1685.
Il suo rapido incedere faceva pensare alcuni che Bashō potesse essere stato un ninja. I suoi 
lunghi viaggi gli permisero di osservare le condizioni nelle varie province e ascoltare le ultime notizie, informazioni di interesse al regnante shogunato Tokugawa., che impiegava dei ninja 
per queste attività. Il luogo di nascita di Basho, possedeva una ricca tradizione ninja e Bashō 
poteva essere stato una guardia del corpo per il suo signore,Todo Yoshitada ,anni prima. 
Comunque, pochi letterati considerano seriamente la possibilità che potesse essere stato una 
spia per lo shogunato Tokugawa.
Il viaggio sembrò giovargli, nell'allontanare alcuni dei suoi fantasmi, e i suoi scritti dei 
pochi anni seguenti raccontano della piacevole esperienza. Compì un breve viaggio a 
Kashima nell'autunno del 1687, per osservare di là la luna piena in prossimità dell'equinozio,
anche se una volta arrivato scoprì che la luna non poteva essere scorta a causa del cattivo tempo.
 Di nuovo compose un resoconto dell'escursione: Una visita al Tempio Kashima.
Nell'inverno di quell'anno cominciò il suo seguente lungo viaggio, dopo essergli stato reso 
un arrivederci che "sembrava quello per un dignitario". Attraversò Ueno, Osaka,Suma,Akashi,Kyoto,Nagoya,le Alpi  giapponesi e Sarashina, dove vide il plenilunio equinoziale. Il viaggio da Edo a Akashi è raccontato nei Ricordi di un bagaglio consumato
nel quale espone il suo credo nell'haikai come una fondamentale forma artistica. Il viaggio
 di Sarashina per osservare la luna, che si diceva apparisse particolarmente bella ed elegante
lì, è descritto in Una visita al villaggio di Sarashina.
Verso la fine della primavera, nel 1689, cominciò delle escursioni più difficili verso le selve dell'Honshu del nord. Fermate in questo viaggio inclusero Nikko Toshogu, Matsushima,Kisagata 
e Kanazawa, attraversando nell'ultima parte di questo percorso l'isola di Sado. Di nuovo compose
 un diario di viaggio, Lo stretto sentiero verso il profondo Nord, che è dominato dal concetto di 
sabi: l'identificazione dell'uomo con la natura. Due ulteriori volumi svilupparono l'idea:Ricordi 
dei sette giorni e Conversazioni a Yamanaka. Dall'autunno 1689 in poi, Bashō trascorse due 
anni visitando amici e compiendo brevi viaggi attorno all'area di Kyoto e del lago Biwa. Durante questo periodo lavorò su una antologia che stava per essere compilata da alcuni dei suoi allievi, 
tra i quali, - L'impermeabile della scimmia ) - Nell'inverno del 1691 tornò a Edo per abitare nel 
suo terzo rifugio Basho, di nuovo omaggiatogli dal suo seguito. Comunque non rimase solo, 
accolse un nipote e un'amica, Jutei, entrambi di salute cagionevole, ed ebbe una grande 
quantità  di visitatori. Si lamentò in una lettera che questo lo aveva lasciato senza "pace 
della mente". Nell'autunno del 1693 rifiutò di vedere chiunque per un mese, adottando 
quindi il principio  di  leggerezza: una regola di non attaccamento che gli permetteva di 
vivere nel mondo ma di sollevarsi dalle frustrazioni.
Bashō lasciò Tokyo per l'ultima volta nell'estate del 1694, e passò del tempo a Ueno e
Kyoto  prima di andare ad Osaka. 
Lì morì per una malattia allo stomaco, dopo aver scritto il suo ultimo haiku.,
Gli haiku sono apparentemente una  delle più semplici  e sincere forme di poesia 
giapponese.In realtà la loro  riuscita risiede tutta nella grande capacità di sintesi
introspettiva.
Matsuo Basho ne è il grande maestro iniziatore.Sono componimenti nati in Giappone
nel XVII s.formati da 3 versi costituiti in totale da 17 more ,secondo lo schema 5-7-5.
Una more nella metrica classica era l'unità di misura della durata delle sillabe.Non è 
una sillaba (anche se spesso le viene equiparata)perché una sillaba può contenere anche
due more .
In sostanza - quanto agli haiku - si tratta di brevi componimenti poetici
che devono ubbidire a due caratteristiche fondamentali:la prima è
legata alla forma,sono brevissimi,la loro lunghezza stabilita in giapponese
è di 17 more(che corrispondono generalmente a 17 sillabe),la seconda
è la presenza  di un kigo,una parola cioè che per i giapponesi rimanda
chiaramente ad una specifica stagione,di solito attraverso un elemento
 naturale.A partire da questi due vincoli,la bravura di un autore consiste
proprio nel riuscire a racchiudere una sensazione,un'impressione limpida
in uno spazio tanto ridotto,e il primo a compiere con successo una seria
riflessione sulla possibilità e la difficoltà di condensare uno stato d'animo
in poche parole fu proprio Basho.


Le nubi di tanto in tanto

ci danno riposo

mentre guardiamo la luna.

       ***

All'uomo solo

ancora più amica

la luna.




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