Esiste tuttavia una coscienza
poetica panafricana per cui il poeta è sempre qualcuno dotato di veggenza e
che emana l’essenza del popolo.
Senza ombra di dubbio prima della
scrittura viene la parola e gran parte del patrimonio letterario africano è
fondato sulla potenza e sulla
bellezza della parola.
A Gibuti Omar Gode Bouh[1]canta in somalo
le sue storie:
Siddeed sano …[2]
Sono otto anni, Siraad, che ho perso il sonno
La sera non posso addormentarmi o mi sveglio di soprassalto
Se mi volgo alla preghiera la tua immagine si impone ai miei occhi
Tutte le donne non sono per me qualunque siano le loro qualità
fra le donne di questo secolo tu brilli come Sulekhaad
Non saprei dire se mi sarai salutare
Solo gli angeli in cielo e Dio lo sanno
Dio solleva gli ostacoli per chi pazienta
Noi seguiremo lo stesso cammino o tu hai un altro segreto
Dopo questo periodo sinistro ti porrò la domanda.
[1]Omar Gode Bouh nasce intorno al
1930 a Gibuti. Poeta e cantastorie. Si esprime in somalo.
[2] Omar Gode Bouh,”Siddeed sano”(in somalo) (”Sono otto anni“ in italiano), in Bulletin
des études africaines Vol.IX, 1992, INALCO (Paris). Trad. in franc. di
Susanne Lilius in Poésie d’Afrique au
sud du Sahara , Op. Cit. trad. dal franc . di Maria Gabriella Bruni.
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