Le nuove generazioni, successive a Senghor e Césaire, pur mantenendo la
negritudine come punto di riferimento imprescindibile,non sono sembrate più
unanimi nel fornire piena adesione.E,a questo proposito, abbiamo ben ascoltato
il punto di vista di Dereck Walcott. Ma questo era accaduto anche nel Continente
Africano,da subito,soprattutto in area anglofona,dove alcuni poeti come
Christopher Okibo, erano arrivati anche a criticare aspramente il movimento
della negritudine, visto come un mito con motivi pericolosi di retorica e
genericità. Anche lui ha, tuttavia, usato l’inglese per la sua produzione
poetica e si è impegnato politicamente fino alla morte in combattimento in
Biafra.[1]
Fanciulla marina [2]
OCCHI APERTI sul mare,
Occhi aperti, del
prodigo;
in alto verso lo
zampillo del cielo
da dove cadranno le
stelle.
Il segreto che non ho
detto a nessun orecchio,
salvo ad una buca a
terra, perché lo conservasse, non perché fosse sommerso -
il segreto che ho
piantato dentro la rena della spiaggia
ora si rompe
la bianca-salata cresta
dell’onda sulle rocce e su di me,
E GAMBERI E CONCHIGLIE
con un profumo denso
di iodio-
fanciulla del vuoto
salino,
compli-cremosa,
il cui segreto ho
coperto con la sabbia …
Ombra di pioggia sulla
spiaggia assolata,
ombra di pioggia
sull’uomo con la donna
FULGIDA
Con il bagliore
d’ascella di una leonessa
lei risponde,
tutta vestita di
bianca luce;
e le onde la scortano,
la mia leonessa,
coronata di luce
lunare.
UN’APPARIZIONE -
una miccia nel fiato
del vento -
Un’apparizione di
specchi.
Si tuffa …
Le onde la distillano;
messe d’oro
che sprofonda non
colta.
Fanciulla d’acqua del
vuoto salino,
cresciute sono le
spighe del segreto.
ED IO che son qui
abbandonato,
conto i granelli di
sabbia abbandonata dalla furia dell’onda,
conto la sua
benedizione, mia bianca regina.
Ma il mare che è
passato riflette
Sul suo volto pieno di
specchi
Non la mia regina,
un’ombra spezzata.
Così io che conto
nella mia isola i momenti,
conto le ore che mi
porteranno
nel vento con la
cenere degli angeli la mia perduta regina.
LE STELLE sono
scomparse,
il cielo con il
monocolo
sorveglia il mondo di
sotto
le stelle se ne sono
andate,
ed Io –dove sono Io?
Allungatevi,
allungatevi, o antenne,
per stringere forte
quest’ora,
riempiendo ogni
momento in una
spezzata monodia.
[1] Christopher Okigbo
nasce nel 1932 a Ojoto, Nigeria Orientale. Completa gli studi all’
Università di Ibadan. Prima insegnante, poi direttore di una casa editrice in
Nigeria, muore in Biafra in combattimento, nel 1967. La sua raccolta più nota, Heavensgate,
ruota intorno al sogno tumultuoso in cui si rivela “la mia leonessa”,
del verso 23 di “Fanciulla marina”. I
sentimenti si nascondono dietro il linguaggio oscuro che mostra l’influenza della poesia
modernista americana e europea, ma il
fascino delle sue liriche d’amore nasce soprattutto dal fatto che, dietro alla
lingua inglese da lui usata, si sente palpitare una vita in cui la mitologia
tribale africana si accompagna alla musica e ai ritmi nigeriani.
[2]Christopher Okigbo,”Fanciulla marina”, da Heavensgate(1961-62), in Voci d’Africa-poesia africana di lingua
inglese . A cura di Lucilla Sbicego; presentazione
di Carlo Izzo, Accademia-Sansoni ed., 197O.. Nei brevi versi liberi di ”Fanciulla marina”, l’inglese
è usato con musicalità insolita, e con frequenti
allitterazioni. Il ritmo presenta leggeri accenti di staccato africano e
l’intero componimento possiede una magica capacità evocativa. I riferimenti
all’acqua e alla luce lunare accostano la Fanciulla marina alla dea-madre Idoto
della religione Igbo, collegata a sua volta alla dea Iside, che aveva il titolo
di “Leonessa della Sacra assemblea”. Tutte le
poesie di Okigbo sono state pubblicate postume nella raccolta Labyrinth,
Heinemann, African Writers Series, 1971.
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