Ed è particolarmente interessante constatare
come, in circa un decennio, la
nostalgia struggente e amara dell’Errante si sia nutrita dell’esperienza e si
sia fatta consapevole dell’arricchimento :
[…]
Vendo all’altro secolo[1]
gli errori del mio destino sinuoso
rivendico il doppio volto
della mia identità esplosa col tempo
lacero qui ed ora
l’atto di nascita delle frontiere
per battezzare il nuovo spazio da conquistare
Vergognati di rintanarmi
in quel pezzettino di terra
e di darmi il tam-tam da percuotere
prendi dunque la tua Negritudine vuota
portala come viatico
soprattutto non dimenticare la tua zagaglia
e ancor meno la tua stuoia
ti aspettiamo qui
vestito di pelle di leopardo
non ho per agganci
che la somma delle intersezioni
gli echi di Babele
ecco il mio cippo nel cuore di un nuovo territorio
l’adozione mi lega con radici
sepolte
nel più profondo di quell’essere
da costruire giorno per giorno
tienti la tua autenticità
vuota di senso
presta la tua voce al Maestro
e vendi il mio territorio
per una modica somma
è quel che ci si aspetta da te
prendo all’uccello
l’incertezza del prossimo cespuglio
non so che tempo sarà
dall’altra parte della migrazione
ma il mondo si apre davanti a me
ricco di incroci
che il volo mi porti
mi porti ancora
lontano dal clamore
lontano dal cortile
lontano dai galli
addestrati per il combattimento
non cambiare nome
ramificazione
restare uomo fino in
fondo
finché gli alberi si radicheranno
nella terra
[…]
[1] Alain Mabancku ,”Vendo all’altro secolo”, frammento da Tant
que les arbres s’enracineront dans la terre , op.cit. Trad. dal franc. di Maria Gabriella Bruni
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