giovedì 16 aprile 2015

Octavio Paz in italiano.44

Octavio Paz



















Tratto da "Versante est" (1962 - 1968)

IL BALCONE


Quieta
nel colmo della notte
non alla deriva dei secoli
non distesa
inchiodata
come un'idea fissa
nel centro dell'incandescenza
Delhi
Due sillabe alte
circondate da sabbia e insonnia
A voce bassa le dico
Nulla si muove
eppure l'ora cresce
si dilata
È l'estate
marea che si sparge
Odo la vibrazione del cielo basso
sulle pianure in letargo
Enormi masse osceni conclavi
nubi piene d'insetti
schiacciano
nane sagome incerte
(Domani avranno un nome
si ergeranno e saranno case
saranno alberi domani)

Nulla si muove
L'ora è più grande
io più solo
infisso
nel centro del vortice
Se stendo la mano
corpo soffice l'aria
essere promiscuo senza volto
Appoggiato al balcone
vedo
(Non appoggiarti,
se sei solo, alla balaustra,
dice il poeta cinese)

Non è l'altezza né la notte e la sua luna
o gli infiniti che si offrono alla vista
è la memoria e le sue vertigini
Questo che vedo
questo che gira
sono le insidie le trappole
dietro non c'è nulla
sono le date e i loro turbini
(Trono d'osso
trono del mezzogiorno
quell'isola
Nei suoi bordi lionati
per un attimo vidi la vita vera
Aveva il volto della morte
erano lo stesso viso
dissolto
nello stesso mare scintillante)
Ciò che vivesti oggi ti disvive
non sei là
qui
sono qui
nel mio principio
Non mi rinnego
mi reggo
Appoggiato al balcone
vedo
nuvoloni e un pezzo di luna
ciò che è visibile qui
case gente
il reale presente
vinto dall'ora
ciò che è qui
invisibile
il mio orizzonte
Se questo inizio è un inizio
non comincia con me
con lui cominciò
in lui mi perpetuo
Appoggiato al balcone
vedo
questa lontananza così vicina
Non so come chiamarla
benché la tocchi col pensiero
La notte che va a picco
la città come un monte franato
bianche luci azzurre gialle
fari improvvisi muri d'infamia
e i grappoli terribili
mucchi d'uomini e bestie per terra
e l'intrico dei loro sogni intrecciati
Vecchia Delhi fetida Delhi
viuzze piazzuole moschee
come un corpo accoltellato
un giardino sotterrato
Piove polvere da secoli
il tuo manto turbini di polvere
un mattone spezzato il tuo guanciale
Su una foglia di fico
mangi gli avanzi delle tue divinità
i templi tuoi sono bordelli di condannati a non guarire
sei coperta di formiche
recinto abbandonato
mausoleo sgretolato
sei nuda
come un cadavere profanato
ti strapparono sudario e gioielli
Eri coperta di poesie
tutto il tuo corpo era scrittura
ricordati
riacquista la parola
sei bella
sai parlare cantare ballare
Delhi
due torri
piantate nella pianura
due sillabe alte
A voce bassa le dico
appoggiato al balcone
infisso
non nel suolo
nel suo vortice
nel centro dell'incandescenza
Sono stato là
non so dove
Sono qua
Il non so è il dove
Non la terra
il tempo
nelle sue mani vuote mi sostiene
Notte e luna
movimenti di nubi
tremore d'alberi
stupore dello spazio
infinito e violenza nell'aria
polvere iraconda che si sveglia
luci s'accendono all'aeroporto
mormorio di canti lungo il Forte Rosso
Lontananze
passi d'un pellegrino sono errante
su questo fragile ponte di parole
L'ora m'innalza
fame d'incarnazione patisce il tempo
Oltre me stesso
in qualche luogo attendo il mio arrivo.

1 commento:

  1. Nel mio blog su viaggi reali e immaginari gabysouk,è iniziata la pubblicazione della serie di post su un "Viaggio sul teatro francofono contemporaneo in quattro continenti:Europa,Francia,Jean Tardieu,Oswald e Zenaide-Africa,Congo,Sony Tabou Tansi,Monologo d'oro e nozze d'argento." Io sono molto coinvolta in questa ricerca. Penso potrebbe essere intrigante anche per i miei amici lettori di questo blog sui poeti contemporanei del mondo curiosare attraverso gli umori di continenti,tanto diversi e tuttavia percorsi da analoghi fremiti,urgenze,spinte sintoniche al cambiamento

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