domenica 29 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.18.Vicolo.





Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel
per la letteratura nel 1959.

XVIII. VICOLO
Mi richiama talvolta la tua voce,
e non so che cieli ed acque
mi si svegliano dentro:
una rete di sole che si smaglia
sui tuoi muri ch'erano a sera
un dondolìo di lampade
dalle botteghe tarde
piene di vento e di tristezza.
Altro tempo: un telaio batteva nel cortile,
e s'udiva la notte un pianto
di cuccioli e bambini.
Vicolo: una croce di case
che si chiamano piano,
e non sanno ch'è paura
di restare sole nel buio.
da “Acque e terre”-1930

Il poeta mentre rimpiange il tempo dell'infanzia, ne canta inoltre le contraddizioni: che sa riconoscere a distanza di anni; si identifica
quindi con la sua terra e, allo stesso tempo, se ne separa,come  in
Vicolo, un'altra lirica di Acque e terre.  La lirica rievoca evidentemente
un passato familiare al poeta, ma alla dimensione quasi mitica
dell'immagine iniziale, una «voce» capace di far rinascere «cieli
ed acque», segue immediatamente la scena, niente affatto consolatrice,
dei negozi aperti fino a tardi e tristemente vuoti. Nella seconda strofa,
introdotta da un doppio settenario, viene poi evocato un mondo di
credenze, di richiami misteriosi, un mondo non ben definito perché
tipico dell'infanzia, età che ancora non riesce a decifrare in modo esatto
le voci che giungono dal cortile e dalle strade vicine. La dimensione quasi
onirica che sottende al testo non annulla tuttavia gli elementi concreti di
un paesaggio e di una società.Il percorso costante di incanto della
memoria e presenza della realtà che ritroviamo nelle sue liriche.
Ancora la costante di una continua oscillazione tra il racconto della
propria storia e la sua trasfigurazione letteraria a caratterizzare la sua
produzione poetica.
Fin dal titolo della prima raccolta, Acque e terre del 1930, la poesia di
Salvatore Quasimodo ha espresso una tendenza all'universalità che
contiene l'aspirazione a esprimersi con  elementi contrapposti. La
conferma verrà dagli ossimori di molti titoli successivi -  da Il falso
e vero verde (1956) a Dare e avere (1966). L'intera esperienza letteraria
passa dunque attraverso la contraddizione, che,proprio mentre resta
irrisolta, testimonia una tenace vitalità. Sarà Quasimodo stesso ad
affermare: «Dalla mia prima poesia a quella più recente non c'è che
una maturazione verso la concretezza del linguaggio». Il poeta coglie
i cambiamenti della storia e della tradizione culturale, senza tuttavia
rinnegare la propria essenzialità che lo distingue. L'originalità di
Quasimodo va cercata appunto in una fedeltà a sé stesso rinnovata
dal contatto con le più varie sollecitazioni, rendendo così
pericolosamente non veritiera una definizione univoca della sua
poesia. In ambito critico la sua opera è stata spesso catalogata come
un percorso esemplare che, partendo dall'esperienza ermetica, giunge
ad una piena maturazione nelle opere del dopoguerra, con un impegno
civile e sociale ;non formulazioni, dovute certo all'intensità di quel tempo
storico ,ma anche all’impegno dell'intellettuale nella sua ricerca
approfondita e costante. In realtà la sua poesia presenta continui
ripensamenti e sempre nuovi apporti -  dai classici greci e latini ma
anche dai moderni, come Neruda - che la sua attività costante di
traduttore gli suggeriva . Costante, nel percorso che si cercherà di
delineare, è l'amore per l'espressione poetica, l'irrinunciabilità di
una voce che interpreti la storia e le vicissitudini degli uomini
attraverso la propria personalissima modulazione.
La Sicilia è per Quasimodo ,come abbiamo già visto,il punto di
partenza della composizione poetica, nel senso di un esilio che si
fa motivo autobiografico di molti componimenti e, al tempo stesso,
come origine culturale e matrice letteraria. In Vento a Tìndari l'antica
città, simbolo di un'armonia perduta e di un presente privo di gioia,
rimanda alla lontananza dalla terra natale e alla civiltà greca.
Il rapporto con l'isola veniva presentato nella duplice dimensione di
ricordo autobiografico ed eredità storica, favola della propria infanzia
e miraggio di una civiltà lontana. Da sottolineare inoltre la forte
musicalità- ad esempio nell'aggettivo sdrucciolo del secondo verso,
che conferisce una distesa solennità all'endecasillabo. Non mancano
versi più realistici, dove il ritmo si fa più spezzato e gli aggettivi si fanno particolarmente ricchi di significato... Il percorso poetico è su due piani
sfalsati: la suggestione dell'incanto si coniuga con  una conoscenza della
realtà che proprio qui, in Acque e terre, ha i suoi più autentici presupposti.
Il poeta non si limita a rimpiangere il tempo dell'infanzia, ma ne canta,
riconoscendole a distanza di anni,ancora una volta, le suggestive
contraddizioni: si identifica con la sua terra e, insieme, se ne distacca.
L’esempio scelto è stato Vicolo, una delle liriche di Acque e terre
( la prima raccolta di poesie di Salvatore Quasimodo, pubblicata  presso le edizioni Solaria.)



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