. e.Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel per la
letteratura nel 1959.
XIV.19
Gennaio 1944
Ti leggo dolci versi d’un antico,
e le parole nate fra le vigne,
le tende, in riva ai fiumi delle terre
dell’est, come ora ricadono lugubri
e desolate in questa profondissima
notte di guerra, in cui nessuno corre
il cielo degli angeli di morte,
e s’ode il vento con rombo di crollo
se scuote le lamiere che qui in alto
dividono le logge, e la malinconia
sale dei cani che urlano dagli orti
ai colpi di moschetto delle ronde
per la vie deserte. Qualcuno vive.
Forse qualcuno vive. Ma noi, qui,
chiusi in ascolto dell’antica voce,
cerchiamo un segno che superi la vita,
l’oscuro sortilegio della terra,
dove anche fra le tombe di macerie
l’erba maligna solleva il suo fiore.
Giorno dopo giorno(1947)
La poesia di Quasimodo -lo abbiamo scoperto - come faceva osservare
giustamente il suo traduttore francese Michel Costagutto,
è una poesia piena di vento.
giustamente il suo traduttore francese Michel Costagutto,
è una poesia piena di vento.
Tracce inoltre di haiku,come abbiamo già notato, nella
poesia di
Salvatore Quasimodo .E quel vento che si mescola ad armi
da guerra
(il moschetto) e non stimola la memoria, ma si collega
ad una realtà
tragica e presente. Più tardi, nell’ultima raccolta Dare e avere, il vento
tornerà ad essere fatto dell’io privato per
accompagnare un momento
di congetture personali. Per questo si ritrovano nella
silloge versi che
echeggiano
quelli contenuti in Varvàra Alexandrovna: “[…] Di notte
a Siberia stacca il suo vento / lucente sul vetro di
schiuma, una trama
di corde astratte nella mente. ”.
La situazione storica era di nuovo cambiata e con essa
il pensiero del
poeta: caduto l’entusiasmo della ricostruzione del
dopoguerra, perduta
l’idea di ‘rifare l’uomo’, restava l’amarezza per una
società consumistica
e meccanizzata che Quasimodo non riconosceva, per la
constatazione
che l’uomo non era stato ‘rifatto’. Si passa allora da
una poesia che si
era fatta corale dopo la guerra, ad un nuovo
ripiegamento su sé stessi,
dal ‘noi’ all’ ‘io’.Da questa rapidissima rassegna è
emerso dunque un
vento polifunzionale, la cui assenza
può anche generare solitudine:
‘e il vento, il fresco non versa / telai di suoni e chiarità
improvvise, /
e quando anche
il cielo è solo’. Strada di
Agrigentum .
Altre volte
avvia segreti impulsi dell’anima: ‘e io fingo timore a chi non sa /
che profondo m’ha cercato’. O può essere anche un interlocutore
concreto con cui dialogare.
La poesia “Strada di
Agrigentum”,lo abbiamo visto, è emblematica di
uno dei motivi della poesia di
Quasimodo: la trasfigurazione della Sicilia,
attraverso il ricordo (sottolineo il primo verso), in un paradiso perduto
(tante sono le immagini di una
natura che sembra paradisiaca) che
acquista tanto più fascino
quando il poeta si pone come “esiliato”.
Questo suo esilio rende la
terra natia lontana nello spazio come
nel
tempo, pertanto,tipicamente
ermetica. La lirica si presenta come
una nostalgica rievocazione
che, seppure con riferimenti autobiografici,
conserva qualcosa di etereo: i paesaggi, gli animali e
le cose sembrano
remotamente lontani, immagini
che appaiono in un sogno, dal movimento
lento,per poi svanire perché altre si sovrappongono. L’anima del
poeta
sembra incarnare attraverso il
ricordo tutta la storia (è «antica») e la
nostalgia (grigia) della sua
terra. Il ricordo della bellezza di quell’isola
fa riflettere il poeta sulla
sua solitudine attuale .Eccolo evocare allora
immagini tipiche della sua
Sicilia: il marranzano e un uomo che spinge
il carretto. Il recupero
della tradizione, storica e letteraria, era per
Quasimodo un mezzo per
resistere alla barbarie nazifascista.
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