martedì 24 marzo 2020

Salvatore Quasimodo.13- 19 Gennaio 1944.







. e.Salvatore Quasimodo
Modica,(20 agosto1901) –
Napoli (14 giugno1968)
E’ stato un poeta e traduttore italiano,
esponente di rilievo dell’ermetismo
Ha contribuito alla traduzione di vari
componimenti dell’età classica ,
soprattutto liriche greche,ma anche
di opere teatrali di Molière e di
William Shakespeare.
E’ stato vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1959.

XIV.19 Gennaio 1944
Ti leggo dolci versi d’un antico,
e le parole nate fra le vigne,
le tende, in riva ai fiumi delle terre
dell’est, come ora ricadono lugubri
e desolate in questa profondissima
notte di guerra, in cui nessuno corre
il cielo degli angeli di morte,
e s’ode il vento  con rombo di crollo
se scuote le lamiere che qui in alto
dividono le logge, e la malinconia
sale dei cani che urlano dagli orti
ai colpi di moschetto delle ronde
per la vie deserte. Qualcuno vive.
Forse qualcuno vive. Ma noi, qui,
chiusi in ascolto dell’antica voce,
cerchiamo un segno che superi la vita,
l’oscuro sortilegio della terra,
dove anche fra le tombe di macerie
l’erba maligna solleva il suo fiore.

Giorno dopo giorno(1947)


La poesia di Quasimodo -lo  abbiamo  scoperto - come faceva osservare
 giustamente il suo traduttore francese Michel Costagutto,
 è una poesia piena di vento.
Tracce inoltre di haiku,come abbiamo già notato, nella poesia di
Salvatore Quasimodo .E quel vento che  si mescola ad armi da guerra
(il moschetto) e non stimola la memoria, ma si collega ad una realtà
tragica e presente. Più tardi, nell’ultima raccolta Dare e avere, il vento
tornerà ad essere fatto dell’io privato per accompagnare un momento
di congetture personali. Per questo si ritrovano nella silloge versi che
echeggiano  quelli contenuti in Varvàra Alexandrovna: “[…] Di notte
a Siberia stacca il suo vento  / lucente sul vetro di schiuma, una trama
di corde astratte nella mente. ”.
La situazione storica era di nuovo cambiata e con essa il pensiero del
poeta: caduto l’entusiasmo della ricostruzione del dopoguerra, perduta
l’idea di ‘rifare l’uomo’, restava l’amarezza per una società consumistica
e meccanizzata che Quasimodo non riconosceva, per la constatazione
che l’uomo non era stato ‘rifatto’. Si passa allora da una poesia che si
era fatta corale dopo la guerra, ad un nuovo ripiegamento su sé stessi,
dal ‘noi’ all’ ‘io’.Da questa rapidissima rassegna è emerso dunque un
vento  polifunzionale, la cui assenza può anche generare solitudine:
‘e il  vento, il fresco  non versa / telai di suoni e chiarità improvvise, /
e quando  anche il cielo è solo’. Strada di Agrigentum . Altre volte
avvia segreti impulsi dell’anima: ‘e io fingo timore a chi non sa /
che  profondo m’ha cercato’. O può essere anche un interlocutore
concreto con cui dialogare.
La poesia “Strada di Agrigentum”,lo abbiamo visto, è emblematica di
uno dei motivi della poesia di Quasimodo: la trasfigurazione della Sicilia,
 attraverso il ricordo (sottolineo  il primo verso), in un paradiso perduto
(tante sono le immagini di una natura che sembra paradisiaca) che
acquista tanto più fascino quando il poeta si pone come “esiliato”.
Questo suo esilio rende la terra natia lontana  nello spazio come nel
tempo, pertanto,tipicamente ermetica.  La lirica si presenta come
una nostalgica rievocazione che, seppure con riferimenti autobiografici,
conserva  qualcosa di etereo: i paesaggi, gli animali e le cose sembrano
remotamente lontani, immagini che appaiono in un sogno, dal movimento
 lento,per poi svanire  perché altre si sovrappongono. L’anima del poeta
sembra incarnare attraverso il ricordo tutta la storia (è «antica») e la
nostalgia (grigia) della sua terra.  Il ricordo della bellezza di quell’isola
fa riflettere il poeta sulla sua solitudine attuale .Eccolo evocare allora
immagini tipiche della sua Sicilia: il marranzano e un uomo che spinge
il carretto.  Il recupero della tradizione, storica e letteraria, era per
Quasimodo un mezzo per resistere alla barbarie nazifascista.

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