mercoledì 3 febbraio 2016

Dino Campana.3.Zoé su Campana

Sibilla Aleramo Dino Campana Agosto 1916


        È uno splendido tardo pomeriggio estivo, di quelli che piacevano
a Henry  James. Grazie al cielo, il ponentino ha diradato e alleggerito 
l’afa delle ore  precedenti, e Zoé sta aspettando seduta su un masso di 
marmo antico,ssorta nei suoi pensieri, ma con quel suo inconfondibile
sorriso ironico.Improvvisamente, l’ombra di Gordon, appena arrivato
accanto,la avvolge e la sovrasta per intero: -Un penny per i tuoi pensieri!
-  le dice - Insomma eccomi!.. sorry, mi sono addormentato sul giornale...
questo è per te. ..Anche per…-Salve!Ben alzato, allora!.. Stavo pensando...
mi sembrava di sentire  voci del lontano passato venire da quelle rovine
 laggiù … e invece,poi, è sgusciato fuori un finto gladiatore!... Ohhh! 
Cos’è? Grazie!... Dino Campana[1]  !
       Attraversano il Foro, salgono verso Palazzo dei Conservatori,e
intanto parlano dell’amore di Dino Campana e Sibilla Aleramo[11]
Gordon le ha donato,infatti, un  libro con la raccolta delle opere 
del poeta e con  il carteggio completo di questi con la scrittrice.
       A metà strada si fermano un po’ e Gordon  approfitta per 
cercare nel libro una poesia di Cloche[2]. - Senti questa. Non 
è forse bella come “Donna Genovese”,[3] ma lo stile è il suo,
ed è dedicata proprio a lei,la donna di cui rimarrà “sempre
 orribilmente innamorato”[4]:

 In un momento[5]
Sono sfiorite le rose
petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose
P.S. E così dimenticammo le rose.
                                (per Sibilla Aleramo)

       È vero, Gordon ha ragione. Anche in questi versi,lo stile è quello
del poeta italiano del periodo  più in sintonia con i movimenti poetici
 europei. Un poeta che, testardamente impegnato nella “stilizzazione
 del caos”[6], dovrebbe essere particolarmente caro a Zoé per le sue 
immagini visionarie, le sue ossessive tensioni espressionistiche, che 
inanellano una logica a balzi, con ritorni a spirale, a cui la sintassi, 
continuamente rotta da ellissi, imprime un andamento verbale assimilabile
 a quello musicale della fuga. Un “orfico cantare”[7] l’eterno viaggio con 
l’ inquietudine e il furore di chi aspira invano a superare il disagio di civiltà.
          Gordon è bravo a vendere il prodotto e continua a stuzzicare
 amichevolmente Zoé: -Well,visto che sei un’esperta di amore in poesia,
che ne dici? Ecco un poeta ingenuamente stupito della fragilità
 e della brevità dell’amore-rosa, di cui ormai rimangono solo  
petali-ricordi a terra. Come in una quête’[8] del Santo Graal, 
l’amore unisce gli amanti nelle tristezze e nelle sofferenze, nella 
passione che consuma e nei momenti di smarrimento. Essi  si  amano
 fino al momento in cui i desideri dell’uno sono gli stessi dell’altro. 
Fino al momento in cui … se ne dimenticheranno!
       - Gordon! Rovini la poesia, così!
       - Beh, allora sarò più serio!! Sono quattordici versi in un sonetto 
a tema amoroso, ma in verso e metrica libera: dunque, non è un sonetto.
      -E allora? Cosa vuoi dimostrare?
      -Voglio dire che tutto sembra qualcosa e qualcos’altro allo stesso 
tempo. Anche in una poesia così semplice, così come nell’amore. 
La rosa è simbolo d’amore, mistico e profano, ma qui le rose sono fragili, 
 dunque non sono un simbolo da poeta visionario, ma  sembrano 
un’immagine molto concreta del desiderio d’amore. Ma, quale amore?
E, inoltre,  la parola rose  viene ripetuta  undici volte.
      -Cioè?
      -Beh,  l’undici è un numero inquietante: è considerato la dozzina 
del diavolo come un dodici imperfetto; è il numero dell’eccesso, 
del conflitto e del martirio .. e qui si parla di rovi …
     - Mais, c’est dingue! Gordon e la Cabala!
     - … L’undici è dopo il dieci che è il numero della pienezza e 
completezza, quindi è considerato il numero dell’esagerazione,
 della sopraffazione e del peccato. Dunque, temo che si parli, 
attraverso la grazia delle rose, di un amore perverso e doloroso, 
di una passione...
      Zoé è felice , lo provoca, ma è solo un gioco.  - Allora, 
adesso tocca a te ascoltare: questa dell’Aleramo[9] me la ricordo
 a memoria. E ho paura che siano le stesse rose di cui parlava
Campana! Ascolta:

LX.Rose calpestava nel suo delirio
E il corpo bianco che amava.
Ad ogni lividura più mi prostravo,
oh singhiozzo, invano, oh creatura!
Rose calpestava, s’abbatteva il pugno,
e folle lo sputo su la fronte che adorava.

 Feroce il suo male più di tutto il mio martirio.
Ma, or che son fuggita, ch’io muoia del suo male.’[10]

     -Che ne dici?
     -Eppure c’è una chiusa di rimpianto! Ma,comunque, hai ragione:  
 è stata una storia di amore, passione, botte e abbandoni- ammette Gordon.
     Quando arrivano in cima a Piazza del Campidoglio,per un po’
smettono di parlare. Si sentono improvvisamente presi dalla 
bellezza del luogo e dall’atmosfera sospesa del tardo pomeriggio. 
Poi,si  affacciano sui Fori ormai vuoti di turisti e tornati ad essere,
 al calare della sera, regno assoluto di gatti sornioni.
      -Dunque, vuoi parlare di Campana. Non sei venuto per farmi
 i complimenti per la presentazione di ieri sera … - E, nel dirlo, Zoé 
appoggia distrattamente la mano su quella di Gordon. Zoé arrossisce 
nel far questo, ma se gli chiedessero perché non saprebbe rispondere. 
-Mi ha fatto piacere vederti lì ieri sera...- gli dice.
     -Anche a me. Sei stata fantastica,  sei riuscita a sistemare logicamente 
tutto quel fluire di immagini e parole e a farcele  gustare e capire … 
Ma, sai cosa disse Campana all’Aleramo, lui che fino  ad allora 
aveva avuto solo la compagnia di donne di malaffare? Disse: 
 “Non mi parli del suo impegno sociale, non mi racconti del socialismo. 
Mi interessa lei. La passione e niente altro, tutto il resto è fuori, tutto
 il resto viene dopo, non importa quando.
       Zoé lo guarda interrogativa, poi un po’ imbarazzato Gordon 
aggiunge: - Dai, continuiamo a camminare fino a … e andiamo a mangiare …
        (dall'e.book di Maria Gabriella Bruni e Isabella Nicchiarelli
        "326 poesie dal mondo per una storia d'amore"ONYX ed.)


[1] Dino Campana nasce a Marradi,Firenze, nel 1885 e muore a Scandicci nel 1932.
[2]Così Campana amava firmarsi nelle lettere all’Aleramo.
[3] Poesia di Dino Campana pubblicata postuma.
[4] Cfr .Lettera a Carrà,1917.
[5] Testo del 1917,da:Dino Campana – Carmelo Bene,”Canti Orfici”. A cura di Aldo Nove. Bompiani: 1999
[6] Pier Vincenzo Mengaldo:”Poeti italiani del ‘900”.Oscar Mondadori.2003.
[7] Edoardo Sanguineti:”Poesia italiana del Novecento”.Einaudi Editore.2007.
[8]‘ Ricerca:’(termine di particolare uso letterario.)
[9] Sibilla Aleramo:pseudonimo di Rina Faccio,nasce ad Alessandria nel 1876 e muore a Roma nel 1960.
[10] LX (Sorrento,8 Dicembre 1916),frammento di foglio(Archivio Aleramo)da Sibilla Aleramo,Dino Campana,Bruna Conti,”Un viaggio chiamato amore:lettere 1916-1918”,Feltrinelli Editore,2000.
[11]Durante la prima guerra mondiale Dino incontrò Sibilla Aleramo  che con lui iniziò una relazione complessa e tormentata.
Ella lo amò per il suo talento, per la verità che le ispirava, incapace, alla fine, di contenere tanto dolore. L’amore nei poeti
è linfa vitale, per la natura, per la donna, per il cosmo, per lui è stata fame divorante.Campana fu riconosciuto poeta dopo l’internamento definitivo in manicomio e sopratutto dopo la morte. Dalla sua follia di poeta emergono visioni notturne,
 di un giorno che precipita rapidamente nella malinconia della sera, nel tremore notturno, nel buio dello spirito. La purezza
deriva a Campana da un’infantile, mancata mediazione con la realtà che lo circonda. Il solo strumento è la parola, incompresa, rigettata, nascosta (il manoscritto smarrito, i suoi versi ricomparsiin una soffitta nel 1971) che rimane incontaminata proprio
 perché non usata, non sfruttata. Perla di un’ostrica che il fato ha voluto isolare, rinchiudere. La poesia non tollera reclusioni,
 il canto è liberazione dagli affanni, è desiderio, è sogno, ricordanza, avvenire che fluisce eallora la parola costretta al silenzio
 di Dino Campana, si sprigiona e s’innalza come urlo, come lama, come luna elettrica, come pura energia poetica.La poesia 
si svolge in un "eterno presente", incapace di storicizzare la vita interiore, il Poeta, dal primo all’ultimo verso, rivela un’eguale grandezza e tensione. Le esperienze non riescono a collocarsi, a integrarsi sopra un fondale certo e sicuro, sono vissute separatamente, come lampi di luce, schegge di dolore. I frammenti della poetica sono intessuti, tenuti insieme dal sublime
 linguaggio, quasi forza primigenia che li contiene, con armonia.

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