Venne la
notte e fu compita la conquista dell’ancella. Il suo corpo ambrato la sua bocca
vorace i suoi ispidi neri capelli a tratti la rivelazione dei suoi occhi
atterriti di voluttà intricarono una fantastica vicenda. Mentre più dolce, già
presso a spegnersi ancora regnava nella lontananza il ricordo di Lei, la
matrona suadente, la regina ancora ne la sua linea classica tra le sue grandi
sorelle del ricordo: poi che Michelangiolo aveva ripiegato sulle sue ginocchia
stanche di cammino colei che piega, che piega e non posa, regina barbara sotto
il peso di tutto il sogno umano, e lo sbattere delle pose arcane e violente
delle barbare travolte regine antiche aveva udito Dante spegnersi nel grido di
Francesca là sulle rive dei fiumi che stanchi di guerra mettono foce, nel
mentre sulle loro rive si ricrea la pena eterna dell’amore. E l’ancella,
l’ingenua Maddalena dai capelli ispidi e dagli occhi brillanti chiedeva in
sussulti dal suo corpo sterile e dorato, crudo e selvaggio, dolcemente chiuso
nell’umiltà del suo mistero. La lunga notte piena degli inganni delle varie
immagini.
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