mercoledì 5 giugno 2013

Poesia delle Indiane d'America.(16)







Wendy Rose














Wendy Rose.16.



“Una mezzosangue va da una mezza casa all’altra”,dice Wendy Rose nella poesia qui di seguito il cui titolo allude già alla costruzione delle proprie radici,ad immaginare un suo kachina personale  -  una specie di spirito benigno – che la segua nel suo itinerario forzatamente al di fuori della comunità. Ed ecco che l’antropologia diviene per l’antropologo indiano testimonianza dolorosamente viva con la quale egli si identifica e di cui riconosce il legame con il presente.
Da qui il denso spessore metaforico  della immagine ricorrente di ossa,proposte nella nudità del loro biancore,affioranti o nascoste sotto la terra,ma non come simbolo di morte,ma sempre come materia viva,
condivisione genealogica. E Wendy Rose estende il suo senso di comunione anche nel testo precedente quando fa coprire la vasta distesa desertica da un metaforico manto funebre fatto della pelle di tanti Indiani massacrati,incorporando,una volta ridiventata terra ,il colore del sangue  che fa fiammeggiare i tramonti del sudovest.



Builder Kachina[1]:andando a casa
                                                                                                                       
   

                                                                                   Hotevilla[2],Arizona



Trent’anni fa
un brandello di cotone marrone volò via
dai pioppi
di Hotevilla;il cielo si rischiarò
per aprirgli un varco verso l’occidente.
Ricordo:un solitario Hopi
riuscì a raggiungere il mare. Era il 1947
ma le cicatrici sono ancora vive
dentro di me .Parlano nella mia carne,raschiano e mi scuotono le ossa,
ma accerchiano l’anima
come poiane.

                                           Devo spiegare perchè
                                           i canti si levano contratti e fievoli?
                                           E’ così: già troppo clamore
                                            su di me
                                            da trascinare così
                                           mio rumore stonato.
                                           la California muove la mia  penna
                                           ma Hotevilla si dibatte    nel mio sangue
                                           come un’immensa
                                            libellula impazzita.

Con cura
così come noi piantiamo il granturco
in singoli pezzetti di terra,in ogni pezzetto
un buco della grandezza di un  dito.
Così costruiremo le vostre
radici. Disse questo  
mentre i tassi tracciavano linee
parallele sulla sua pelle,
ognuna un segno del clan,
mentre Builder Kachina
chiurlava al suo fianco,invisibile
eppure bloccandomi tutta
col suo grido.
Ciò che non possiamo trovare
lo costruiremo ma
lentamente,
lentamente.

Dopo tutto questo
stiamo ancora
sfuggendo la siccità .
Le case cambiano, le strade
trascinate via.
La siccità è una cosa stagionale
misurata in secoli
non dal sonno;
il tempo non è mai
senza casa.
Qui è dove io ricordo
che sono un’ Anazasi,antica
abitatrice delle rocce,evento
che si è fermato sulla faccia del mondo
tutto questo tempo.

                                        Qui non c’è niente di gran valore.
                                        Solo la mia storia. Un mezzosangue va
                                         da una  mezza casa all’altra;   
                                         file di mezze case
                                          per tutto il mondo.
                                         Ognuna è un suono
                                         che scuote la forza
                                            del silenzio.
                                            Soluzione. che possa il tuono  
                                             spingermi a nord col suo rullio! Che io salga,
                                             ogni parola un appiglio,alla Casa dei Kachina! Che possa trovare                                             
                                             la Gente della Nuvola!

         Del resto già in Paula Gunn Allen l’immagine ricorrente delle “ombre”,indica certamente una dimensione mitico -religiosa,ma  rappresenta  anche  la metafora di una zona limite,lo spazio ibrido fra due tradizioni ,percorso dal mezzosangue a rappresentare recupero,scontro,mediazione.

                                                                       (continua)



[1]Le identità e i ruoli  del Sacro Popolo Kachina sono tradizionalmente flessibili,questo non fa parte della tradizione Hopi,ma dell’immaginazione dell’autrice.
[2] Villaggio  hopi sulla mesa* più occidentale.

[*]mesa,altopiano.





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