c.José Hierro
José Hierro è un poeta
spagnolo del secolo scorso,nato a Madrid nel 1922 e qui morì ottant'anni
dopo.Quando questo accadde la stampa del suo paese lo salutò come
"l'ultimo dei poeti del siglo de oro". Dall'età di due
anni visse con la sua famiglia fino all'adolescenza a Santander, in
Cantabria, per poi ritornarvi da adulto,e il mare di quella città affacciata
sul golfo di Biscaglia ha una grande importanza nella sua poesia: il mare
come metafora dell'eternità, il mare che accoglie le sofferenze dell'uomo, le
placa e restituisce la gioia di vivere, di "rinascere" al mondo
("Adesso saremo felici,quando non c'è niente da sperare").José
(detto Pepe) Hierro è abbastanza noto in Italia,presente nelle varie
antologie dedicate alla poesia spagnola, a partire da quella più famosa
curata da Oscar Macrì (Poesia spagnola del '900, 1ª edizione 1952),
che a lui dedica pagine molto belle, eppure non si trovano traduzioni delle
sue opere, ed è un peccato. Tanto più meritevole, allora, la pubblicazione
delle Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli),nella collana
"Poesia contemporanea" diretta da Gianfranco Lauretano della casa
editrice Raffaelli.Qui si trova uno spaccato del lavoro poetico di Hierro,
che fu più intenso che esteso, visto
che a un certo punto il poeta spagnolo decise di prendersi una pausa, che dal
1964 (anno di pubblicazione del Libro de las alucinaciones)
arrivò al 1991 (in cui esce Agenda, una sorta di
autoantologia,con molti testi già pubblicati).Ventisette anni di silenzio, ma
d'intensa riflessione sulla poesia e sull'uomo, che si riverserà nel suo
ultimo libro Cuaderno de Nueva York, pubblicato nel 1998 (lo stesso
anno in cui Hierro riceve il prestigioso "Premio Cervantes") e
considerato dalla critica come una delle più alte opere della poesia
contemporanea. Di questa raccolta nelle Poesie scelte c'è
la traduzione del bellissimo monologo dedicato a Pound: Dal dolore
irresistibile nascono questi ultimi canti. I più intensi che mai potei
sognare. Qualcuno - non so chi – li capirà. Forse T.S. Eliot li correggerà e li depurerà come io corressi i suoi
primi. La gabbia. Ma dentro. Fuori scrivo gli ultimi canti che strappai alla
vita. Li scrivo dentro la gabbia della mia vita. Non potrei scriverli nella
mia memoria, come con un dito, sul vetro appannato dal freddo del fuori, ho
bisogno di vederli,non solo ricordarli. Averli presenti davanti ai miei
occhi,non come naufraghi, relitti sulla sabbia. I miei salvatori.Le Poesie
scelte prendono avvio con una selezione dai due libri che segnarono
l'esordio, avvenuto nel 1947,di Hierro. Libri maturi nonostante la giovane
età dell'autore, tesi e intensi: Tierra sin osotros e Alegría,dove
appaiono con evidenza i legami con la poesia di Ramón Jiménez e di Gerardo
Diego, che il giovane poeta considera suo padre spirituale:
I.Tocca la vita le sue palme
e suona i suoi strumenti. Forse incendia la sua musica solo per farci dimenticare. Ma ci sono cose che non muoiono e altre che mai vissero. E ce ne sono che riempiono tutto il nostro universo.
Nella traduzione si perde la musicalità del verso di Hierro, una
caratteristica decisiva del suo canto, che tende a esprimersi non solo con i
versi ma anche con la "musica" generata dall'incontro di alcune
parole o frasi. Netto però appare quel "doppio binario" che
contraddistingue la sua poesia: quello
sociale, con testi quasi narrativi, dal linguaggio chiaro (che l'autore
chiamava "reportajes") e quello visionario, dove il problema
esistenziale della vita e della morte è così acceso e profondo che i testi
appaiono come delle
"allucinazioni".Spesso però i due percorsi s'intrecciano,si
fondono e l'esperienza personale, la piena partecipazione alla sofferenza
dell'uomo
contemporaneo, la preoccupazione per la sua patria e la sua terra,si
accostano e si fondono a una forte tensione spirituale.
A questo punto però occorre spendere qualche parola sulla biografia di Hierro,
che fu segnata in modo permanente dalla guerra civile spagnola, alla quale
partecipò (praticamente da bambino) nelle file repubblicane. Nel 1939,
diciassettenne, viene arrestato (il padre era già dentro) e nelle carceri
fasciste vi resterà per cinque anni. Lo stesso anno in cui il poeta viene
liberato (1944) muore il padre:lutto gravissimo che va ad aggiungersi a
quelli dei compagni caduti durante la guerra o per le torture subite.
Ha inizio il periodo delle gravi difficoltà economiche, dei mille lavori
saltuari in giro per la
franchista,visto che la guerra gli aveva impedito di completare gli
studi.Hierro torna in modo percussivo nei suoi testi sul dolore,sulla morte
dei compagni, sui sogni bruciati, sulla sofferenza fisica e spirituale. Temi
che costituiscono l'ossatura della sua poesia che resterà segnata dalla
presenza della morte e dell'odio, dallo smarrimento,dall'angoscia di
perdersi, di ritrovarsi a essere e sentirsi un altro. Questo lo porterà
lontano da un concetto di poesia come appartenenza a una "scuola",
a un "gruppo" o della poesia vista come mestiere o carriera
letteraria.
Fu durante gli anni di dura reclusione che il giovane Hierro si accosta
alla poesia: studiandola e scrivendola,leggendola ai compagni detenuti. Anche
per questo i suoi lavori poetici conserveranno per sempre un tono
antiestetico e antiretorico e un'apertura totale e partecipe ai temi sociali.
Stilisticamente le sue scelte si risolvono
in testi poetici colloquiali, tendenzialmente chiari ed espliciti.
Accanto però non mancheranno mai le poesie più intimiste e brevi, tese a una
riflessione sull'esistenza,sulla necessità della fede (sotto l'influsso
soprattutto di Miguel de Unamuno, visto anche come maestro di coerenza, di
scelte radicali, d'impegno etico e sociale). Necessità della fede che in
Hierro rimane tensione e ricerca, non si scioglie in convinta e totale
adesione,perché in lui non c'è la certezza di Dio. Da qui il suo
riconoscibile accento crepuscolare, il dubbio, il pessimismo di fondo, la
costante presenza d'una gioia contenuta, d'una speranza rude, e quella sua
voce sicura e sonora, ma rauca e mite:Parlo
con l'umiltà,con la delusione, la gratitudine di chi visse dell'elemosina
della vita.Con la tristezza di chi cerca una povera verità a cui appoggiarsi
e riposare.L'elemosina fu bella - esseri, sogni, successi,amore-dono
gratuito, perché nulla meritai.Oltre al pensiero di Miguel de Unamuno
la riflessione poetica di Hierro sembra accostarsi anche a quello di María
Zambrano, soprattutto per quanto riguarda il significato dell'esistenza, i
grandi temi della relazione dell'uomo con il divino, della morte, della
nascita che si protrae ogni giorno, i sentimenti (il cuore) che devono
alimentare ed espandere il pensiero conoscitivo. Come sottolinea
Alessandro Ghignoli nel saggio introduttivo alle "Poesie scelte",
in José Hierro si fondono le due fondamentali inclinazioni della poesia
spagnola del secolo scorso: quella filosofica e temporale di Antonio Machado
(la poesia come luogo "puro" e insieme contaminato dalla Storia) e
l'austera ricerca di Juan Ramón Jiménez, tesa a una conoscenza quasi ascetica
dell'espressione poetica.
José Hierro, Poesie scelte (a cura di Alessandro Ghignoli,Raffaelli Editore, Rimini 2003, pp. 92, euro 9,00) Alessandro Ghignoli è nato a Pesaro nel 1967, ma vive a Madrid. È professore di Filología italiana all'Universitàdi Alcalá de Henares. |
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