giovedì 5 dicembre 2019

17.ITALIA.g.Leopardi..I.Stralci dallo Zibaldone


g.Giacomo Leopardi .

Recanati,1798 – Napoli,1837.

Nacque da nobile famiglia,studiò voracemente nella biblioteca paterna
le scienze,la filosofia,e le lingue classiche,crebbe infelice nel corpo e
nello spirito. Ebbe in uggia la prigione provinciale nella quale era cresciuto,
odiò la grettezza e la meschinità,amò l’arte,la scienza,il pensiero illuminato,
la passione civile. Fu insigne filologo,amaro filosofo e altissimo poeta.
Cantò l’amore,il tempo che fugge,l’infelicità degli uomini,l’infinito e la luna
gli elementi provenienti dalla tradizione classica (notte, , mare) si mescolano a quelli tipicamente meridionali che richiede il componimento dedicato alla Sicilia (vele, reti dei pescatori, canti, monti aridi, mandrie e greggi); la serenità del quadro notturno contrasta però qui con la condizione del poeta che ,esule,

 Leopardi -  come poi potremo osservare , pur partendo da presupposti diversi,in  -  esprime bene i motivi di un effetto poetico in due passi dello Zibaldone:

…il poetico in uno o in altro modo, si trova sempre consistere nel lontano, nell’indefinito, nel vago…le parole notte, notturno ecc. le descrizioni della notte ecc. sono poeticissime, poiché la notte confondendo gli oggetti, l’animo non ne concepisce che un’immagine vaga, indistinta, incompleta, sia di essa che di quanto ella contiene. Così oscurità profondo ecc.» e ancora dopo aver analizzato il suono e i suoi effetti riguardo all’idea di infinito dice: «… udendo tali canti o suoni per la strada, massime di notte, si è più disposti a questi effetti, perché né l’udito né gli altri sensi non arrivano a determinare né circoscrivere la sensazione e le sue concomitanze … vedi in questo proposito Virgilio, Eneide VII v. 8 e segg. La notte o l’immagine della notte è la più propria ad aiutare o anche a cagionare detti effetti del suono. Virgilio da maestro l’ha adoperata. (Zibaldone, 1929-30, 16 ottobre 1821)
 In un altro passo dello Zibaldone viene ripresa la valenza emotiva del canto udito di notte da lontano; il silenzio notturno emerge per contrasto col canto e proprio il canto che attraversa il silenzio della notte suscita nell’animo del poeta il moto del ricordo che fa affiorare il passato e scatena l’effetto poetico:
 Dolor mio nel sentir a tarda notte seguente al giorno di qualche festa il canto notturno de’ villani passeggeri. Infinità del passato che mi veniva in mente, ripensando ai Romani così caduti dopo tanto romore e ai tanti avvenimenti ora passati ch’io paragonava dolorosamente con quella profonda quiete e silenzio della notte, a farmi avvedere del quale giovava il risalto di quella voce o canto villanesco. (Zibaldone, 50-51) 
 
La sera del dì di festa è il componimento maggiormente collegato a queste riflessioni, e più in generale al fascino che il notturno ha esercitato su Leopardi. L’incipit riprende un passo dell’Iliade (VIII 555-59) che Leopardi conosceva bene :
 
Dolce e chiara è la notte e senza  vento,
e queta sovra i tetti e in mezzo agli orti
posa la luna, e di lontan rivela
serena ogni montagna.

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