d.Camillo Sbarbaro.
Santa Margherita Ligure(1888)-Savona(1967)
Poeta,scrittore e aforista italiano;con Maria
Cengia Sambo
il lichenologo italiano di maggior
rilievo della prima metà del Novcento.
II. Piccolo quando un canto d’ubriachi
giungevami
all’orecchio nella notte d’impeto su dai libri
mi levavo. Come tratto di me, la chiusa stanza dall’aria
della notte spalancavo e mi sporgevo fuor della finestra
a bere il canto come un vino forte. Con che occhi
voltandomi guardavo la camera e la casa dove già tutti
i lumi erano spenti!Più d’una volta sulla fredda ardesia
al vento che passava nei capelli alla pioggia che mi
sferzava il viso versai delle lacrime insensate Adesso
quell’inganno anche è caduto. Ora so come arida è la
bocca che canta spalancata verso il cielo.Pur se ancora
mi desta nella notte quel canto d’ubriachi per la via ad
ascoltar mi levo con mozzato in gola il fiato e corro
ancora a mettere la faccia nel vento che i capelli mi
mi levavo. Come tratto di me, la chiusa stanza dall’aria
della notte spalancavo e mi sporgevo fuor della finestra
a bere il canto come un vino forte. Con che occhi
voltandomi guardavo la camera e la casa dove già tutti
i lumi erano spenti!Più d’una volta sulla fredda ardesia
al vento che passava nei capelli alla pioggia che mi
sferzava il viso versai delle lacrime insensate Adesso
quell’inganno anche è caduto. Ora so come arida è la
bocca che canta spalancata verso il cielo.Pur se ancora
mi desta nella notte quel canto d’ubriachi per la via ad
ascoltar mi levo con mozzato in gola il fiato e corro
ancora a mettere la faccia nel vento che i capelli mi
scompigli. Rinnovare vorrei l’amara ebbrezza e quel
sottile brivido pel corpo;il ben perduto cui non credo
più piangere come allora...Manon m’escono che stente
stolte lacrime oramai. Io che come un sonnambulo
cammino, vedendoti dinanzi a me trasalgo. Tu mi
sottile brivido pel corpo;il ben perduto cui non credo
più piangere come allora...Manon m’escono che stente
stolte lacrime oramai. Io che come un sonnambulo
cammino, vedendoti dinanzi a me trasalgo. Tu mi
cammini innanzi lenta
come una regina. Regolo il
mio passo,io subito destato dal mio sonno,sulla
sapiente musica del tuo. E possibilità d’amore e gloria
mi s’affacciano al cuore e me lo colmano. Pei riccioletti
folli d’una nuca per l’ala d’un cappello io posso ancora
mio passo,io subito destato dal mio sonno,sulla
sapiente musica del tuo. E possibilità d’amore e gloria
mi s’affacciano al cuore e me lo colmano. Pei riccioletti
folli d’una nuca per l’ala d’un cappello io posso ancora
alleggerirmi nella mia tristezza .Io sono ancora giovane,
inesperto,il cuore pronto a tutte le follie. Una luce si fa
nel dormiveglia.Tutto è sospeso come in un’attesa.
Non penso più. Sono contento e muto.
inesperto,il cuore pronto a tutte le follie. Una luce si fa
nel dormiveglia.Tutto è sospeso come in un’attesa.
Non penso più. Sono contento e muto.
Accanto al
sentimento più datato (in direzione
soprattutto leopardiana) della giovinezza
che
fugge, si inseriscono elementi già autosufficienti
di stile che investono
nella configurazione dello
spazio e nella costruzione del paesaggio:
Si sfilacciano contro i cornicioni
delle case che occupano l’aria
i nuvoloni;
e la fiammella gialla
del lampione traballa
su lastrici che caldo vento bagna;
un’imposta si lagna, solitaria.
delle case che occupano l’aria
i nuvoloni;
e la fiammella gialla
del lampione traballa
su lastrici che caldo vento bagna;
un’imposta si lagna, solitaria.
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