sabato 23 novembre 2019

17.ITALIA.h.Eugenio Montale.I.In limine




h.Eugenio Montale è stato un poeta e scrittore italiano, premio Nobel per la letteratura nel 1975. Montale ha scritto relativamente poco: quattro raccolte di brevi liriche, un "quaderno" di traduzioni di poesia e vari libri di traduzioni in prosa, due volumi di critica letteraria e uno di prose di fantasia. A ciò si aggiungono gli articoli della collaborazione al Corriere della Sera. Il quadro è perfettamente coerente con l'esperienza del mondo così come si costituisce nel suo animo negli anni di formazione, che sono poi quelli in cui vedono la luce le liriche della raccolta Ossi di seppia.

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Il vento vitale o ostile nella poetica di Eugenio Montale

Nell'opera poetica di Eugenio Montale, a partire dagli Ossi di seppia, questa immagine ha una caratterizzazione alterna: a volte essa è «segno di vitalità positiva»; a volte, invece, è «perturbante”
In limine: «Godi, se il  ch'entra nel pomario / vi rimena l'ondata della vita». In esso è avvertibile l'idea di un cambiamento di vita non solo individuale, ma direi cosmico, universale; in pochi versi vengono ricordati, infatti, i quattro elementi della natura: l'aria (il vento ), la terra (il pomario) e l'acqua (l'ondata); pochi versi dopo, invece, il poeta parlerà di un crogiuolo (facendo quindi riferimento all'elemento del fuoco). Il , in questo testo, è un'immagine inequivocabilmente positiva: rappresenta l'ondata della vita che dona godimento, «il commuoversi dell'eterno grembo», la trasformazione di un «lembo / di terra solitario in un crogiuolo».

 In limine, prima sezione degli Ossi di seppia, è costituita da questa sola poesia che, in funzione introduttiva (come suggerisce il titolo stesso: in limine, “sulla soglia”), preannuncia temi e caratteri salienti della raccolta.

I. In limine[1]

Godi se il vento ch'entra nel pomario
vi rimena l'ondata della vita:                                      
qui dove affonda un morto
viluppo di memorie
orto non era, ma reliquiario.
Il frullo che tu senti non è un volo,
ma il commuoversi dell'eterno grembo;
vedi che si trasforma questo lembo
di terra solitario in un crogiuolo.
Un rovello è di qua dall'erto muro.
Se procedi t'imbatti
tu forse nel fantasma che ti salva:
si compongono qui le storie, gli atti
scancellati pel giuoco del futuro.
Cerca una maglia rotta nella rete
che ci stringe, tu balza fuori, fuggi!
Va, per te l'ho pregato, - ora la sete
mi sarà lieve, meno acre la ruggine…






[1] Pomario:frutteto,luogo di memorie che un colpo di vento può rianimare. La vicenda biografica è calata dal poeta nel correlativo degli oggetti evocati).Un frullo come d’ali ( del vento del verso 1), che è lo scuotersi delle radici della realtà (eterno grembo), tramuta il pomario da reliquiario in crogiuolo ( il recipiente in cui si formano i metalli per imprimere loro una forma. Il sussulto di speranza diviene incentivo a una nuova invenzione dell’esistenza


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